Terre del Po, siamo tutti fiume:
la morbida e la poesia del tempo
Paolo Panni
Le terre di fiume avevano già iniziato a colorarsi del celeste degli occhi della Madonna, del bianco delle margherite, del lilla delle viole e del giallo del tarassaco, i primi annunciatori della primavera, quando il cielo è tornato a farsi plumbeo spegnendo i colori, ma non la bellezza, delle golene, ed il Grande fiume si è di nuovo gonfiato, accarezzando i suoi boschi.
Li aveva lasciati a novembre dopo esservi mancato per oltre due anni. Più di ventiquattro mesi durante i quali tutte le cronache locali, nazionali ed internazionali avevano mostrato, a tutti, una siccità da record. Vi è ritornato in questi giorni e, di fatto, non sarebbe nulla di eccezionale visto che si è in presenza di quella che, tecnicamente, viene definita una morbida, vale a dire una piccola piena di stagione.
Invece, ancora una volta, è un fatto da descrivere e da raccontare, di fronte al quale fermarsi, in silenzio, a riflettere. Ad osservare il lento cammino delle lumache che risalgono lungo i tronchi di pioppi e salici; loro, più di qualsiasi idrometro, sanno dove arriverà il livello delle acque, mettendosi al riparo, ma senza abbandonare la loro terra.
Osservando le poiane che, da spettacolari rapaci quali sono, assistono agli spettacoli del Po, in attesa delle loro prede, appollaiate sulle fronde, ancora spelacchiate degli alberi. Ammirando il volo dei corvi che planano sulle acque limacciose e, aggrappandosi a qualche tronco, si fanno a loro volta portare dalla corrente che, veloce, scende verso il mare.
Cogliendo l’esperienza dei più anziani che, avvolti nel tabarro, raggiungono le rive per piantarvi un fuscello che indicherà, nelle ore a venire, l’andamento del Po. La natura mette sempre tutto al suo posto; il vecchio Eridano, che è maestro e protagonista nelle terre che attraversa, lo ricorda sempre, in ogni momento, in ogni stagione. Anche quando, come in questi giorni, tre mesi dopo, torna di nuovo ad insinuarsi tra quei boschi che, da sempre, gli fanno corona.
Insegna che è tutt’altro che risolto il problema della siccità, un tema sempre attuale e pronto a ripresentarsi, forse anche prima di quello che si possa pensare; di fronte al quale, purtroppo, si rischierebbe di farsi trovare, ancora una volta, in “mutande” (leggasi impreparati).
Le terre di fiume avevano già iniziato a colorarsi del celeste degli occhi della Madonna, del bianco delle margherite, del lilla delle viole e del giallo del tarassaco, i primi annunciatori della primavera, quando il cielo è tornato a farsi plumbeo spegnendo i colori, ma non la bellezza, delle golene, ed il Grande fiume si è di nuovo gonfiato, accarezzando i suoi boschi.
Li aveva lasciati a novembre dopo esservi mancato per oltre due anni. Più di ventiquattro mesi durante i quali tutte le cronache locali, nazionali ed internazionali avevano mostrato, a tutti, una siccità da record. Vi è ritornato in questi giorni e, di fatto, non sarebbe nulla di eccezionale visto che si è in presenza di quella che, tecnicamente, viene definita una morbida, vale a dire una piccola piena di stagione.
Invece, ancora una volta, è un fatto da descrivere e da raccontare, di fronte al quale fermarsi, in silenzio, a riflettere. Ad osservare il lento cammino delle lumache che risalgono lungo i tronchi di pioppi e salici; loro, più di qualsiasi idrometro, sanno dove arriverà il livello delle acque, mettendosi al riparo, ma senza abbandonare la loro terra.
Ci ricorda il bene prezioso di “sorella acqua” la quale, come scriveva San Francesco d’Assisi “ è multo utile et humile et pretiosa et casta”.
Ci richiama al rispetto assoluto, e totale, della natura e di Madre Terra, perché ogni volta che l’uomo ha cercato di alterare le cose, puntualmente, è finito a far danni. Si riconferma protagonista indiscusso, e indiscutibile, delle terre che attraversa: protagonista del tempo, della storia e della quotidianità.
Richiama al senso della vita che è un continuo andare avanti, istante dopo istante, tenendo presente che nulla è scontato né tantomeno dovuto e, soprattutto nelle piccole cose, solo in apparenza scontate, potremo trovare beni inimmaginabili: basterà sapergli cogliere, nel silenzio e nell’essenziale.
Nella sua celebre poesia “Il fiume e l’oceano”, Khalil Gibran scrive :
Dicono che prima di entrare in mareIl fiume trema di paura.A guardare indietrotutto il cammino che ha percorso,i vertici, le montagne,il lungo e tortuoso camminoche ha aperto attraverso giungle e villaggi.E vede di fronte a sé un oceano così grandeche a entrare in lui può solosparire per sempre.Ma non c’è altro modo.Il fiume non può tornare indietro.Nessuno può tornare indietro.Tornare indietro è impossibile nell’esistenza.Il fiume deve accettare la sua naturae entrare nell’oceano.Solo entrando nell’oceanola paura diminuirà,perché solo allora il fiume sapràche non si tratta di scomparire nell’oceanoma di diventare oceano
Allora anche nella nostra quotidianità, in ogni passo compiuto, è bene ricordare che anche ognuno di noi, in ogni azione che compie, è parte integrante di un grande oceano che è quello della vita di cui tutti siamo protagonisti: come il fiume all’interno delle sue golene e dei suoi boschi.
Senza guardare con timore alle previsioni che annunciano nuove ed abbondanti piogge perché, e qui è il caso di ricorrere ad un antico detto lombardo “El temp e’l cu fann quell che voeur lù” (il tempo e il sedere fanno quello che vogliono). La primavera, con le sue viole, le sue margherite, i suoi ranuncoli, i suoi colori e i suoi profumi, arriverà e, come sempre, tra i rintocchi di campana dell’una e dell’altra riva, la storia laboriosa delle genti di Po continuerà.
Eremita del Po, Paolo Panni
Quel Po che fin da bambina ho imparato a temere, mia nonna nata tra la rotta dei Ronchi di Revere del 1872 e quella del 1879 , ce lo aveva ben insegnato!
RispondiEliminaNon era , però, solo paura, era rispetto per una forza che faceva cose che non potevi controllare.
Ti dava e ti toglieva, amico e nemico…ma era sempre lì silenzioso e i vecchi ne sapevano leggere i segni di pace e quelli di guerra…ora non abbiamo più tempo siamo solo insofferenti.
Sempre bello leggerla ed entrare nella poesia del Grande Fiume nostro, grazie.
bello e commovente questo attaccamento alla nostra terra e al Grande Fiume,: tante congratulazioni e un grazie sincero
RispondiElimina