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giovedì 23 marzo 2023

Rose Montmasson e le altre (I di III)

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Rose Montmasson e le altre. (I di III)

Ricordo, come omaggio, di alcune donne del Risorgimento Italiano.


Nel vasto programma di iniziative per la ricorrenza dell’8 marzo dedicata alla donna, esteso a tutto il mese dall’Amministrazione Comunale di Fidenza, ho avuto il piacere di presenziare all’incontro su Rose Montmasson Crispi, il 7 marzo scorso, svoltosi nell’importante Museo del Risorgimento locale presso la Biblioteca Civica Leoni.
Una guida d’eccezione, Isabella, ha raccontato, con passione ed entusiasmo coinvolgenti gli astanti, la vicenda umana di Rose, unica partecipante femminile alla Spedizione dei Mille, nel bicentenario della nascita.
E, con un’ambientazione storica ricca di aneddoti curiosi e interessanti, ha ricordato e reso omaggio pure ad altre donne che si sono spese per gli ideali della Patria in quel contesto risorgimentale.

Ho provato ad indagare quel mondo, ed ho letto*, con molta meraviglia, di vite temerarie, complicate e avventurose, per me, inimmaginabili a quei tempi: donne, con un coraggio e una determinazione, nonostante le avversità, che non sono nelle mie corde... e che hanno tutta la mia ammirazione.

Giuditta Bellerio, ritratto, anonimo, 1835 ca.

Ad esempio, Giuditta, figlia del barone Bellerio (Milano 1804/Torino 1871), figura femminile emancipata per la sua epoca, giovane sposa a Giovanni Sidoli, patriota perseguitato, che segue in esilio in Svizzera. Rimane vedova dopo otto anni, e le vengono tolti i quattro figli dal suocero - fedele a Francesco IV - che non vuole far allevare la sua discendenza da una ribelle all’autorità legittima. 

Rientra in Italia su invito di Ciro Menotti per partecipare ai moti di Reggio Emilia del 1831; è lei a consegnare alla neocostituita Guardia Civica la bandiera tricolore (del 1797) poi esposta sul palazzo del municipio e oggi conservata nel cittadino Museo del Tricolore.
Dopo il fallimento dell’insurrezione, per sfuggire alla repressione austriaca, ritorna in esilio, a Lugano e poi a Marsiglia. Qui ospita esuli, tra questi Giuseppe Mazzini. Ne diviene l’amante - da lui avrà un figlio segreto - e collaboratrice politica, e con lui fonda il giornale La Giovine Italia nel 1832, rivista diffusa clandestinamente in patria. 

Sempre fedele agli ideali repubblicani, segue poi Mazzini, malato, perseguitato dalle autorità francesi, ancora in esilio, a Ginevra. 
Ritorna in Italia sotto falso nome. A Firenze conosce Giorgina Craufurd, poi moglie di Aurelio Saffi, che aumenta la sua simpatia per la causa nazionale italiana. 
Riesce a rivedere i figli; a Genova fa visita alla madre di Mazzini. 
Nel 1837 chiede a Maria Luigia di risiedere nel Ducato di Parma - era baronessa - per vivere protetta accanto ai figli. La “nostra” Duchessa lo permette, e la invita pure a corte, ma lei rifiuta, “perché incarna la tirannide”.  
Incontra di nuovo Mazzini nel ’48.

Per il suo impegno politico, che continua, viene arrestata e incarcerata, poi liberata in quanto nobile. Si trasferisce a Torino, dove dà vita a un salotto politico frequentato dalle maggiori personalità risorgimentali dell’epoca, preparando il terreno culturale per la seconda guerra d’indipendenza.
Ammalata, dopo aver rifiutato i sacramenti religiosi, coerente con la sua dichiarazione di “Credere liberamente nel Dio degli esuli e dei vinti, non in quello imposto dalla Chiesa”, viene trovata morta con in mano una lettera di Mazzini (L.S.)

Oggi il suo nome è poco conosciuto, pur essendo stata una protagonista della storia del Risorgimento, sacrificata ad un eroe della patria, dimenticata per permettere al mito di Mazzini di affermarsi senza ombre, come di un uomo interessato solo all’Unità d’Italia. 

Ana Maria de Jesus Ribeiro, ritratto, Gaetano Gallino, 1845, Montevideo

Altra figura ricordata è Ana Maria de Jesus Ribeiro (Laguna Brasile 1821/Mandriole Ravenna 1849), meglio conosciuta come Anita - diminutivo spagnolo attribuitole da Garibaldi - una rivoluzionaria brasiliana chiamata anche “Eroina dei due mondi”. La vita di questa donna è talmente straordinaria, che la sua storia, a volte, sfiora la leggenda.  
Emancipata fin da giovane, amante della natura, impara presto a cavalcare a pelo - senza sella e staffe - (cosa che insegnerà anche a Garibaldi), spregiudicata tanto da fare il bagno nuda in mare senza curarsi della reazione scandalizzata degli abitanti e della madre. Viene iniziata alla politica e agli ideali di giustizia sociale da uno zio, in un Brasile oppresso dal governo imperiale, attirandosi maldicenze.
La madre sperando di ricondurla alla ragione le impone di sposare, a quattordici anni, un uomo molto più vecchio. 
La sommossa popolare di quell’anno e una grande ammirazione per i ribelli, le fanno sognare la sua partecipazione attiva. 
Quattro anni dopo, quando i rivoluzionari conquistano la città, e la popolazione si reca in chiesa per intonare il “Te Deum” di ringraziamento, accorre pure lei.
Qui vede per la prima volta Giuseppe Garibaldi - sfuggito a chi lo aveva condannato a morte in contumacia per aver partecipato ai moti carbonari e per essersi iscritto alla Giovine Italia di Mazzini - presente con i protagonisti della rivoluzione. 
Ricorda il condottiero nelle sue “Memorie” che il giorno seguente si incontrano nuovamente, e lui fissandola negli occhi dice “Devi essere mia”, in italiano. 
“Con quelle semplici parole avevo creato un legame che solo la morte doveva sciogliere. Avevo trovato un tesoro nascosto, ma un tesoro di tale prezzo da indurmi a commettere un delitto per possederlo, purché tutta la responsabilità dovesse cadere sopra di me”.   
Da quel momento, dopo aver abbandonato il marito, Anita diventa la coraggiosa compagna di Garibaldi in tutte le sue battaglie e madre dei suoi figli. 
Combatte sempre con gli uomini, e, pare, assegnata spesso alla difesa delle munizioni negli attacchi navali e in quelli terrestri.

All’inizio del 1840, in uno scontro, cade prigioniera delle truppe imperiali brasiliane, ma riesce a fuggire a cavallo e si ricongiunge con il suo amato. 
A settembre nasce il loro primo figlio, Domenico, chiamato Menotti in onore del patriota modenese Ciro Menotti. Dodici giorni dopo il parto sfugge a una nuova cattura: mentre i soldati imperiali circondano la casa e uccidono gli uomini messi a difesa, lei con il neonato in braccio, esce da una finestra e fugge a cavallo nella selva, dove rimane quattro giorni senza viveri e con il bimbo al petto, fin che Garibaldi e i suoi non la trovano (A questo episodio lo scultore Rutelli s’ispirò per il monumento equestre ad Anita inaugurato sul Gianicolo nel 1932). 

Durante la ritirata nella sierra, è il padre che porta Menotti, di tre mesi, in un fazzoletto legato a tracolla.
Insieme fuggono poi in Uruguay, dove rimangono sette anni. Qui Garibaldi mantiene la famiglia impartendo lezioni di francese e matematica. 
Si sposano in chiesa a Montevideo nel ’42. Secondo le sue “Memorie”, egli dovette dichiarare di avere notizie certe della morte del marito di Anita. 
Negli anni successivi nascono altri tre figli.
Nel 1848, alla notizia delle prime rivoluzioni europee, Anita con i figli giunge a Nizza ospitata dalla madre del condottiero, il quale arriva qualche mese dopo imbarcandosi su un altro bastimento. 

L’anno dopo, lasciati i figli alla suocera, raggiunge Garibaldi a Rieti, al confine con il Regno delle Due Sicilie, intento a formare una legione di volontari per difendere la appena proclamata Repubblica Romana. 
Lì, rimane incinta per la quinta volta, ma contribuisce a gestire l’infermeria e la sartoria addetta a confezionare le divise per i nuovi arruolati. 
Ritorna a Nizza dai figli, quando ormai l’assembramento è numeroso. Infatti, quando arrivano i francesi per rimettere sul trono Pio IX, questi sono sconfitti; ma, dopo, con la scusa della tregua, arrivando rinforzi dalla Francia, i volontari sono costretti alla resa. In questo frangente Anita è di nuovo presente a Roma e si occupa della cura ai feriti.

Sempre fedele, o forse pure gelosa del marito, molto ammirato, lo accompagna anche nell’ incursione che lui programma per Venezia – città che ancora resiste agli Austriaci -  con un gruppo di uomini. L’ “Eroe dei due mondi”, nonostante sia braccato dai corpi di spedizione di quattro eserciti inviati da Francia, Spagna, Austria e dal Regno delle Due Sicilie, riesce a portare in salvo i suoi nel territorio della Repubblica di San Marino, dove scioglie la brigata. 

Anita, incinta e febbricitante, segue a cavallo, fin verso Cesenatico. Vi giunge sfinita dalla febbre di setticemia.
Garibaldi con duecento seguaci cerca di raggiungere Venezia con tredici bragozzi (barche da pesca), ma viene intercettato da navi austriache e non può proseguire. Alcune barche si arrendono, altre si avvicinano a terra, per sfuggire alla cattura, come la sua. 
In un tratto di costa pressoché disabitato, a nord del porto di Magnavacca, i due, in compagnia di G. B. Culiolo detto Leggero, trovano riparo in un piccolo capanno. Raggiunti da G. Bonnet, un patriota di Comacchio, sono condotti attraverso le valli su percorsi sicuri con la complicità dei locali. 
Qui Anita perde conoscenza. 

Trasportata su una piccola barca, adagiata su un materasso, viene condotta presso la fattoria Guiccioli, a Mandriole di Ravenna dove muore (4 agosto ’49), abbandonata dal suo uomo che prosegue nella fuga... 
Il corpo viene frettolosamente sepolto nella sabbia dal fattore e da alcuni amici, per nasconderlo alle perquisizioni delle pattuglie papaline. Sei giorni dopo, la salma viene casualmente scoperta da un gruppo di ragazzi, e quindi tumulata nel cimitero di Mandriole, avvolta in una stuoia di canne palustri. 
Anita muore in una terra simile a quella in cui è nata, una terra lagunosa, tra sabbia, specchi d’acqua e canneti. 
Garibaldi, dieci anni dopo, torna a riprendere i suoi resti per seppellirli a Nizza. 

Nel 1931, il nipote fa riesumare ancora le spoglie per trasferirle nel cimitero monumentale di Staglieno (Genova), accanto alla tomba di Nino Bixio; ma l’anno dopo, le stesse, con un treno speciale, sono portate a Roma e definitivamente deposte nel basamento del monumento equestre eretto in suo onore sul Gianicolo.
Alla cerimonia, presente il presidente del Consiglio Benito Mussolini, partecipano decine di migliaia di persone insieme alle delegazioni ufficiali di Brasile, Uruguay, Polonia, Ungheria, Francia, Grecia, Cuba e Giappone. 

 Fidenza 21 marzo 2023                               Mirella Capretti

 *L’Enciclopedia delle Donne, Wikipedia, Dizionario Biografico Treccani, Il Museo del Risorgimento Luigi Musini.

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