Nell'80° anniversario degli eccidi di via Baracca di Carzole di Coduro, domenica 9 marzo, Fidenza si è ritrovata nella piccola chiesa parrocchiale di Coduro per la funzione religiosa di suffragio celebrata da Don Marek Jaszczak. Don Marek ha accompagnato poi il corteo al monumento dedicato ai Caduti di Carzole per la benedizione della corona di alloro deposta ai piedi del monumento stesso.
Nello spazio attorno i gonfaloni dei comuni di Fidenza, Fontanellato e Piacenza, i labari e le bandiere delle associazioni combattentische e del volontariato e la banda "Città di Fidenza" per le esecuzioni musicali.
All'intenso l'intervento del Sindaco di Fidenza Davide Malvisi, che sotto proponiamo integralmente è seguito quello di Cristina Dieci portavoce dell'A.N.P.I. provinciale che ha ricordato in premessa i nomi delle 13 vittime.
Dopo una sosta alla stele eretta nel luogo in cui cadde colpito nel dicembre del 1944 il partigiano Renato Guatelli si è avuto un altro momento commemorativo in via Baracca a Fidenza dove, l’11 marzo 1945, si consumò un'altra rappresaglia con l'esecuzione di tre partigiani prelevati dal carcere di Parma e giustiziati. Questo tragico episodio è stato ricordato dal Sindaco di Fontanellato Luigi Spinazzi.
L'intervento del Sindaco di Fidenza, Davide Malvisi, alle Carzole di Coduro nella ricorrenza dell'80° annoversario
Ringrazio i rappresentanti delle forze dell'ordine, delle associazioni combattentistiche, l'ANPI e tutti coloro che oggi ci accompagnano in questa commemorazione così significativa e profondamente sentita dalla nostra comunità.
Sono trascorsi 80 anni dai tragici eventi che costarono la vita ai 13 partigiani delle Carzole e ai 3 di via Baracca. Due episodi di violenza brutale – giustificati dai loro esecutori come rappresaglie – che restano scolpiti nella memoria collettiva per la ferocia con cui furono perpetrati. La comunità fidentina ne fu sconvolta e indignata, persino tra coloro che fino ad allora si erano mostrati neutrali o indulgenti.
Gli uomini delle Carzole erano stati prelevati dal carcere di Piacenza per essere giustiziati come vendetta per un'azione partigiana avvenuta a Rimale la notte dell'8 marzo 1945. Si trattava di 15 partigiani, catturati nei mesi precedenti. Il piano tedesco era semplice e spietato: condurli a Fidenza, ucciderli e lasciare i loro corpi insepolti come monito per la popolazione, affinché nessuno osasse più sostenere la Resistenza.
La sera del 10 marzo, verso le 22, i prigionieri giunsero sul luogo dell'esecuzione. Scaricati dal camion in catene, vennero raggruppati a Coduro, a pochi passi dalla strada di campagna dove avrebbero trovato la morte. Il massacro avvenne in modo atroce: due alla volta, venivano condotti lungo la strada delle Carzole, fatti stendere a terra e giustiziati con colpi di mitra alla nuca. Gli altri, rimasti in attesa, compresero il loro destino al primo lampo degli spari.
Possiamo raccontare questa vicenda con certezza perché due dei 15 partigiani sopravvissero, riuscendo a testimoniare quella notte di terrore.
La mattina seguente, i corpi straziati furono segnalati al parroco di Coduro, don Stringhini. Riuscì a farli trasportare al camposanto di Parola, dove li ricompose, li benedisse e celebrò una funzione in segreto, tra pochi presenti atterriti dal timore della vendetta tedesca.
Ci sono ancora oggi le immagini di quei corpi martoriati. Sono fotografie che parlano di giovani vite spezzate, di una violenza senza nome, di un dolore che non possiamo né dobbiamo dimenticare.
L’11 marzo, in via Baracca, si consumò un'altra esecuzione. Tre partigiani furono estratti dal carcere di Parma e giustiziati, sempre per rappresaglia, sempre per instillare paura nella popolazione.
Abbiamo il dovere di raccontare queste vicende, di restituire loro la dimensione tragica e indelebile che meritano. Non si può provare altro che vergogna per atti tanto disonorevoli.
Oggi, a 80 anni di distanza, siamo qui non solo per ricordare, ma per raccogliere l’eredità morale di chi, in quelle ore drammatiche, non si voltò dall’altra parte. Siamo qui per onorare quei fidentini che, in nome della dignità umana, misero a rischio se stessi per dare ai morti una sepoltura civile. Perché l’ignominia degli assassini – come la definì Calamandrei – non ricadesse sulla nostra città.
Ma la memoria non è solo un atto di omaggio al passato. È anche un ponte verso il presente e il futuro.
Queste commemorazioni non devono trasformarsi in un semplice racconto storico, in una narrazione di eventi lontani e scollegati dal nostro tempo. Esse devono essere un monito per le nuove generazioni, perché comprendano che la libertà, la giustizia e la democrazia non sono conquiste scontate, ma beni fragili, che possono essere messi in discussione da indifferenza, egoismo e violenza.
I giovani devono sapere che la pace non è un regalo eterno, ma un impegno quotidiano. La pace si costruisce con gesti concreti, con l’educazione ai valori della solidarietà, del rispetto, della convivenza civile. È compito di tutti noi, delle istituzioni, della scuola, delle famiglie e di una comunità come la nostra, lavorare affinché questi valori siano trasmessi con forza, affinché il passato non venga dimenticato e non si ripetano gli stessi errori.
Viviamo tempi di angoscia e incertezza. Molte delle certezze che hanno accompagnato le nostre vite sembrano sgretolarsi. Abbiamo molto spesso paura per il futuro dei nostri figli.
Da ormai alcuni anni, una guerra feroce brucia alle porte del nostro continente. Il conflitto in Ucraina, con le sue stragi, i suoi profughi, il suo carico di distruzione, ci ricorda quanto fragile sia la pace. In Medio Oriente, il dolore si rinnova ogni giorno sotto i bombardamenti, nelle macerie di città distrutte, negli sguardi di bambini che non conoscono altro che la guerra.
E non sono le uniche terre martoriate: guerre dimenticate infiammano l’Africa, l’Asia, ogni angolo del mondo. Ovunque, la brutalità umana si ripete, uguale a se stessa, lasciando dietro di sé devastazione e morte. Eppure, la storia ci insegna che c’è sempre chi sceglie il coraggio, la solidarietà, la pietà.
I fidentini che non si nascosero nel marzo del 1945, che non voltarono lo sguardo, sono i testimoni di un’umanità che resiste alla barbarie.
Dalle Carzole e da via Baracca ci arriva un insegnamento prezioso: la pace non è un bene scontato. È un valore straordinario, fragile, da difendere ogni giorno con le nostre azioni, il nostro senso civico, la nostra capacità di scegliere il bene anche quando è difficile.
Ed è per questo che il nostro impegno deve essere continuo. Ogni scuola che insegna la storia, ogni famiglia che trasmette ai giovani il rispetto per gli altri, ogni comunità che coltiva il senso di appartenenza mantenendo viva la propria storia e i propri valori sta contribuendo a costruire un futuro più giusto e più sicuro. Anche la nostra comunità di Fidenza ha un ruolo fondamentale: educare i suoi giovani, promuovere i valori della democrazia e della pace, affinché il sacrificio di quei giovani non sia stato vano.
Onoriamo oggi i morti delle Carzole e di via Baracca non solo con il ricordo, ma con l’impegno quotidiano per una società più giusta, più solidale, più umana. Perché senza memoria non c’è futuro. E senza pace non c’è vita.
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