L'Associazione Nazionale Partigiani Cristiani risponde a Franco Bifani con un articolo di Antonio Parisella, la risposta è indiretta, Parisella non aveva probabilmente letto il post di Bifani quando ha redatto l'articolo, ma è sufficientemente esplicito nei due documenti il comune intento di superare l'ignoranza e la retorica che hanno dominato l'approccio all'argomento resistenziale o di guerra civile come dir si voglia.
"Il problema – quando andavamo a scuola o all'università – è che spesso si tendeva ad esaurire la rappresentazione della Resistenza in questa descrizione, magari aggiungendovi delle affascinanti narrazioni delle attività clandestine e degli scontri armati con i fascisti ed i nazisti o le esaltanti vicende delle Quattro giornate di Napoli o dell’insurrezione finale. Da tante cose che ci venivano raccontate e da tante che abbiamo conosciuto attraverso i nostri studi, abbiamo via via appreso che la realtà della Resistenza era più complessa, in ragione soprattutto delle articolazioni che aveva la società italiana, e che proprio dal rapporto tra Resistenza e società italiana e tra Resistenza e storia d’Italia le stesse culture politiche ne erano uscite segnate, modificate, arricchite, aggiornate."
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Antonio Parisella nasce a Roma il 25 aprile 1945. È Professore di Storia contemporanea all'Università di Parma e di Storia sociale urbana alla Lumsa di Roma, è presidente del Museo storico della Liberazione (a Roma in via Tasso) e fa parte del Comitato scientifico dell'Istituto Paolo VI per la storia dell'Azione Cattolica e del movimento cattolico in Italia.
Ambrogio P. (Jet) 70 anni fa (quando il vento fischiava)in val d'Ongina con Joseph Cahalane (anglo-irlandese) |
Antonio Parisella nasce a Roma il 25 aprile 1945. È Professore di Storia contemporanea all'Università di Parma e di Storia sociale urbana alla Lumsa di Roma, è presidente del Museo storico della Liberazione (a Roma in via Tasso) e fa parte del Comitato scientifico dell'Istituto Paolo VI per la storia dell'Azione Cattolica e del movimento cattolico in Italia.
Tra i suoi lavori: Gerardo Bruni e i cristiano-sociali, Edizioni Lavoro, Roma 1984; Sopravvivere liberi. Riflessioni sulla storia della Resistenza a cinquant'anni dalla Liberazione, Gangemi, Roma 1997; Cattolici e DC in Italia. Analisi di un consenso politico, Gangemi, Roma 2000.
Ho letto, con una certa fatica, confesso, non per il contenuto e la forma, ma per la notevole prolissità del testo, le opinioni del Prof. Parisella, cui mi inchino, come semplice insegnante di Lettere alle Scuole Medie inferiori e superiori. Ringrazio anche dell'interessamento per il mio modesto articolo,l'APC. Avrei però preferito che mi si rispondesse, in modo puntuale e preciso, da parte dell'Associazione, a quanto avevo espresso. Io mi sono accorto, nel corso del tempo della mia vita,dai primi anni '50 ad oggi, che molte cose sono cambiate, sulla valutazione e considerazione della Resistenza. Tra gli stessi partigiani, la maggior parte è tornata a vivere la propria esistenza di prima; qualcuno ha saputo mettere a frutto la sua permanenza sui monti, in modo economicamente fruttuoso e ben remunerativo , ma sono stati in pochi, almeno per la mia personale esperienza. Qualcuno, addirittura, si è dimenticato di tante cose, ha tirato i remi in barca od è passato dall'altra parte,o quasi. Ma, insomma, tutto ciò fa parte della storia umana, da sempre.C'è stato ed esiste ancora il feroce rifiuto di denominare la Resistenza come "guerra civile"; io penso che sia stata, in parte,una lotta fratricida, anche se la presenza dei nazisti le ha dato una denotazione ed una connotazione particolarI. La verità, quale che sia, è forse nascosta nel cuore e nella memoria dei pochi partigiani superstiti, ma, forse, anche tra di loro, ognuno ha vissuto quei momenti in modo pesonale e differenziato, e continua a mantenerli tali, racchiusi dentro di sè, gelosamente. Gli eroi sono stati tanti, hanno fatto, quasi tutti, una fine gloriosa, ma tragica; c'è stato chi, come Mario Toffanin, ha trucidato dei compagni, convinto che era cosa buona ed equa, giusta e salutare, svendere una parte d'Italia ai titini; chi vedeva male l'avanzata degli Anglo-americani, ed aspettava, trepidante, i cosacchi, che si abbeverassero alla fontana di S. Pietro. Ed infine, chi si è scoperto partigiano il 26 di aprile del '45. Ma, come dice Lucarelli, questa è un'altra storia...
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