Riporto qualche stralcio-conclusione di un rapporto che il 19 dicembre 2012 è stato presentato alla Farnesina. Si tratta del "Rapporto della Commissione degli Storici italo tedesca sugli avvenimenti del biennio 1943-'45" che aveva come obiettivo quello di costruire una memoria comune su quegli anni di violenza. In Italia, occupata militarmente, si sviluppò un movimento resistenziale e una conseguente guerra civile che finì formalmente con l’amnistia generale del 22 giugno 1946. Il rapporto nasceva dalla necessità contingente di dare una risposta alle istanze risarcitorie portate avanti dalle associazioni combattentistiche italiane.
Dalla prima parte del documento stralciamo solo alcuni passi significativi che danno l'idea come nella ricostruzione delle vicende di quel periodo vi siano carenze sul piano puramente storico ancora da colmare, carenze che, potremmo aggiungere, si estendono anche al periodo immediatamente successivo alla fine dell'occupazione militare straniera.
Il rapporto constata che “manca, sorprendentemente, un’analisi degli eventi bellici svoltisi in Italia nel periodo compreso tra lo sbarco degli Alleati in Sicilia il 9/10 luglio 1943 e la capitolazione dell’armata tedesca impegnata in Italia il 2 maggio 1945.” (pag. 11) e pertanto “la Commissione si appella insistentemente agli storici di entrambi i paesi, affinché il tema venga raccolto e approfondito.” (pag. 12)
Afferma pertanto che “continuano invece a sussistere divergenze considerevoli nel modo di ricordare la seconda guerra mondiale. Tale ricordo è ancora oggi sia in Italia che in Germania influenzato da visioni che non lasciano spazio a punti di vista differenziati.” (pag.13).
Ragioni di opportunità politica si aggiunsero alla volontà di rimuovere le responsabilità individuali, il rapporto ne coglie alcune affermando:
- “In Germania non fu celebrato praticamente alcun processo contro gli atti di violenza e i crimini di guerra commessi in Italia; anche i processi che si svolsero in Italia ebbero luogo soltanto nei primi anni del dopoguerra, con una successiva ripresa negli anni ‘80. Nel frattempo, per motivi di ragion di Stato o per il timore di scoprire crimini di guerra commessi dagli italiani, la maggior parte degli atti d’inchiesta era scomparsa in un armadio, dal quale riemersero solamente nel 1994 per entrare nella discussione pubblica sotto la denominazione metaforica di ‘armadio della vergogna’. Soltanto Walter Reder, responsabile della strage di Monte Sole nel comune di Marzabotto, e Herbert Kappler, responsabile dell’eccidio delle Fosse Ardeatine nei pressi di Roma, furono condannati all’ergastolo nel corso di processi che destarono molto scalpore” (pag 14-15)
- “Se nel dibattito pubblico interno alla Repubblica Federale Tedesca era diffusa la tendenza a minimizzare il ruolo dell’occupazione nazista in Italia e della massiccia politica repressiva da essa messa in atto, fino a farne praticamente perdere la memoria, questi temi furono invece per lungo tempo predominanti nella memoria collettiva degli italiani. Dopo la definitiva caduta del regime fascista in Italia, ci fu certamente una fase in cui si vollero fare i conti col fascismo dal punto di vista politico, personale e giudiziario; tuttavia questa fase finì già con l’amnistia generale del 22 giugno 1946.” (pag. 15-16)
- “Da allora la memoria collettiva si concentrò per decenni sul ruolo storico della Resistenza nella lotta contro l’occupazione tedesca. Sebbene il movimento di resistenza non sia stato militarmente in grado di prendere il sopravvento sulle forze d’occupazione tedesche, esso ebbe comunque un’importanza storica fondamentale dal punto di vista sia morale che politico. (pag. 16)
- “Con la formazione di un ‘arco costituzionale’, la memoria della Resistenza fu trasformata per subordinarla all’idea dell’unità di tutti gli antifascisti contro la repressiva occupazione tedesca. Gli anni dell’intensa collaborazione tra l’Italia fascista e la Germania nazista, alleate nell’Asse, non rientravano nell’immagine che il governo italiano voleva dare di sé e furono dunque per lungo tempo ampiamente rimossi.” (pag. 16)
- “Dopo l’entrata in guerra dell’Italia nel 1940, gli italiani stessi, per distinguersi dal ‘cattivo tedesco’, presero a definire se stessi come ‘brava gente’ – stereotipo a tutt’oggi non ancora del tutto scomparso. Una tale definizione doveva servire a caratterizzare gli italiani come popolo pacifico, sollevandoli così da qualsiasi responsabilità per ogni tipo di crimine di guerra. (pag. 18)
- “Ciò che secondo la Commissione è di vitale importanza è che entrambe le parti siano pronte ad ammettere il proprio coinvolgimento e ad assumersi le proprie responsabilità storiche.” (pag. 18)
- “Detto in altri termini, i tedeschi devono riconoscere che gli italiani non sono stati soltanto collaboratori, ma anche vittime; e gli italiani, da parte loro, devono accettare di non essere stati soltanto vittime, bensì anche, in certa misura, complici e collaboratori. Questo non significa naturalmente che una parte debba presentare all’altra il conto dei crimini commessi o fare sì che essi si compensino a vicenda: compito della ricerca storica è, secondo la Commissione, decostruire le semplificazioni e i pregiudizi diffusi, mettendo in luce le complesse connessioni storiche che ne sono all’origine. (pag. 19-20)
Che abbiano poi torto o ragione, anche solo parzialmente, per i tedeschi noi siamo solo un popolo di imbelli traditori, di vigliacchi, pronti a cambiar rotta e bandiera, in caso di pericolo, come banderuole al vento, n direzione del più forte del momento storico occasionale e puntuale.Ci rimproverano di averli traditi nel 1915, loro e gli austriaci e di averli mollati anchel'8 settembre'43. Addirittura, si risale indietro, alla guerra del 1866, tra Prussia ed Austra, dove, oggettivamente,noi, alleati della Prussia,facemmo una figura vergognosa, a Custoza ed a Lissa.Questo me lo sono sentito ripetere dalle madri di tre miei alunni, due tedesche ed una austriaca. Però, i tedeschi, anche nel corso della 2^ Guerra Mondiale, non furono mai alleati in tutto e per tutto, anzi, ci dimostrarono sempre disprezzo, abbandonandoci, in caso di ritirata,a piedi, menre loro filavano via su mezzi motorizzati: vedi ad es.,in Russia e in Nordafrica. La ferocia con cui i reparti della Wehrmacht, a Cefalonia e Corfù, e quelli delle SS, in tutta Italia, trattarono gli italiani, è la chiara ed infame prova di quanto essi ci disprezzino, come etnìa mediterranea, adatta solo ai lavori agricoli ed a servire la razza ariana pura teutonica. Tale era il compito servile che Hitler avrebbe assegnato a noi italiani, quello di lucidare gli stivali ai soldatini dolicocefali biondi e di spedire vagoni di pomodori ed arance in Germania. Eravamo un popolo di bastardi, frutto di troppi incroci anche extraeuropei, per poter godere della loro valutazione positiva.Del resto, parecchi boia nazisti trovarono accoglienza festosa e nascondigli sicuri in Alto-Adige, o meglio, Sud-Tirol, che, come ci ricordano sempre gli indigeni del luogo, ist nicht Italien.
RispondiElimina