Risale all'Ottocento, forse prima, la credenza popolare che lega il Cristo posto nel catino dell'abside del nostro duomo al destino del Borgo.
Credenza forse nata in occasione del terremoto, peraltro non particolarmente intenso, del 1857, che ai borghigiani fece impressione tanto che si munirono della protezione di Sant Emidio; di questo abbiamo già parlato nell'articolo "Sant'Emidio, Borgo San Donnino ed il terremoto".
Come dicevo all'inizio esiste un'altra storia, più popolare, che ci rimanda a quell'evento; ne riporto in calce una versione di autore ignoto, probabilmente frutto di successive arricchite elaborazioni che ne hanno fatto un vero breve racconto.
... sembrava sospesa nel vuoto. Si segnò in fretta, ...
"Dormiva della grossa l’arciprete del duomo di Fidenza, sotto una gran massa di coltri che non ne attutivano il respiro, reso pesante da una cena un po’ troppo ricca per un uomo della sua età. Era nel più profondo del sonno, la mezzanotte passata da una decina di minuti quando si destò all’improvviso, sorpreso da un rombo e da un tremore che non seppe subito attribuire.
Dapprima pensò fosse frutto di una digestione insolitamente lenta, ma la sensazione non ebbe nemmeno il tempo d’aggrumarsi in idea che balzò in piedi sveglio, consapevole e spaventato.
Il terremoto, urlò a sé stesso, precipitandosi in strada così com’era, solo il tempo di stringersi addosso il mantello, il capo coperto da una berretta da notte che in altre circostanze sarebbe apparsa ridicola.
Molti dei suoi parrocchiani erano già fuori dalle case, tremanti per il freddo e la fifa e lo guardarono arrivare, monumentale e autorevole anche sotto l’insolito copricapo.
Tutto sembrava più sicuro, ora che il pastore era tra loro, anche la terra sembrava essersi placata. Il prete si volse intorno, per cercare di scoprire, tra il balenio delle fiaccole, se ci fossero stati crolli. Tutto sembrava a posto eppure qualcosa in un angolo del cervello ronzava, come un’ape lenta alla fine dell’estate.
Dalla porticina laterale che dava accesso direttamente al vescovado entrò nella cattedrale e sforzò gli occhi nell’oscurità appena mitigata dai raggi freddi della luna.
La statua del Cristo era ancora là, sembrava sospesa nel vuoto.
Era in collera con sé stesso per il timore provato al pensiero di quella che, in pubblico, aveva sempre bollato come una diceria: «La fine di Borgo verrà quando il Cristo, precipitando, rovinerà». Si segnò in fretta, sollevato."
Non sarà la fine di Borgo, speriamo, ma qualcosa di eccezionale sta già accadendo e lo stiamo vivendo....che sia un avvertimento?
RispondiEliminaArrivi, Ambrogio, sempre puntuale!
Non sarà la fine di Borgo, ma forse la fine della nostra diocesi in quanto tale? Una lenta agonia che dura ormai da anni, con vescovi che si sono succeduti, costretti, da un lato, a spostare a destra e manca le poche pedine (=preti) rimasti sulla scacchiera, e, dall'altro, volontariamente impegnati più ad affiggere stemmi o spostare arredi sacri, piuttosto che a scendere tra la gente e cercare di capire come tradurre a Fidenza la chiesa in uscita invocata dal Papa.
RispondiEliminaForse è giusto così...
Qui è d’uopo trovare un vaccino pro-diocesi, di un’azienda vaticana, come la De propaganda fide. Exsurge, Domine!
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