sabato 27 luglio 2024

Oggi è San Raimondo Palmerio, il santo laico scolpito nell’acroterio del portale di destra del Duomo di Borgo san Donnino

 

S. RAIMONDO ZANFOGNI (PALMERIO), “L’AMICO DEI POVERI”, (Raimundinus vilis) IN UN DISEGNO DI G. B. TAGLIASACCHI, PITTORE FIDENTINO

            Riproponiamo oggi un perfetto esempio della produzione grafica di Giovan Battista Tagliasacchi (Borgo San Donnino 1696 - Castelbosco Piacentino 1737): il disegno autografo segnato Gio. B. Tagliasacchi Fidentino, appartenente alle collezioni della Pinacoteca Ambrosiana di Milano, dove è stato catalogato da Robert R. Coleman come A Saint Intercedes sto the Virgin and Child on Behalf of a multitude (cat. n.7396).

            Come già sanno i lettori del “Risveglio”, settimanale della diocesi di Fidenza, si tratta di uno schizzo preparatorio, una sorta di prima idea compositiva per una pala d’altare rimasta sconosciuta o forse non dipinta, il cui soggetto attende di essere chiarito in maniera definitiva. I dubbi riguardano in primo luogo l’identità del “santo intercessore”, rappresentato nelle sembianze di un vecchio penitente che procede a piedi nudi tra la folla con una pesante croce sulle spalle, mentre con la mano sinistra distribuisce il pane a gente affamata: l’insolito episodio è ambientato presso la porta d’ingresso d’un’antica città, su cui il sant’uomo sembra invocare la protezione della Vergine, che appare in cielo con il Bambino ed il consueto seguito di angeli. 

In un precedente articolo abbiamo proposto un parallelo con il noto episodio di Eraclio che riporta la Santa Croce a Gerusalemme, ricordato dal calendario liturgico, il 14 settembre, in occasione della festa dell’esaltazione della Santa Croce. Si deve, tuttavia, ammettere che l’ipotesi pur suggestiva, non regge a una più approfondita analisi, anche in considerazione del fatto che in tutta la scena è assente ogni riferimento esplicito alla regalità, come la corona, il manto e il cavallo, ai quali l’imperatore bizantino, su invito di un angelo, aveva rinunciato in segno di umiltà, prima di varcare sulle orme di Gesù la soglia della città santa.

Quasi una sorta di piccolo rebus iconografico: il problema può, tuttavia, essere finalmente risolto grazie a questa stampa raffigurante il Beato Raimondo Palmieri (Piacenza 1140-1200), incisa nel 1612 da Oliviero Gatti (Piacenza 1579-1648) e inserita nella prima edizione della vita del santo scritta da P. M. Campi (Piacenza 1618). 

            Venerato compatrono della città e diocesi di Piacenza, San Raimondo Zanfogni, detto il Palmerio o Palmeri per il viaggio compiuto in Terrasanta - le foglie di palma portate a casa ne erano il simbolo (palmarius) -, divenne presto famoso non tanto per i suoi frequenti e avventurosi pellegrinaggi (Roma, Compostela, Gerusalemme, Vienne), quanto per l’impegno verso i più poveri e diseredati, per i quali fondò a Piacenza l’ospizio dei XII Apostoli, che in seguito prese il suo nome. L’incisione del Gatti, da cui derivano altre immagini a stampa fra Sette e Ottocento, lo mostra, scalzo con l’abito penitenziale, il rosario, la croce sulle spalle e il cesto del pane: proprio come l’ignoto personaggio al centro della vivace composizione ideata dal Tagliasacchi. 

Ma a sciogliere ogni possibile dubbio sull’identità del vecchio penitente è il confronto con la pala raffigurante San Raimondo che dispensa il pane ai poveri (figura 2), dipinta da Antonio Balestra nel 1739 per la chiesa piacentina di San Raimondo e resa nota da Ferdinando Arisi, cui si deve una prima ampia rassegna iconografica dedicata al santo piacentino (id., Santi piacentini, 1987).   

     Come si può vedere la scena descritta dal pittore veronese corrisponde del tutto a quella delineata da Tagliasacchi, cioè la Vergine col Bambino in alto sulle nubi nella gloria degli angeli e in basso san Raimondo porta-croce che porge il pane ai poveri. Altro particolare che accomuna le due opere è la figura del pellegrino, in primo piano a sinistra nel disegno, e quasi al centro nella composizione del Balestra, forse un richiamo simbolico a Gerusalemme, che Raimondo Zanfogni visitò con la madre all’età di quattordici anni e da dove ebbe inizio la sua radicale conversione, che lo porterà a donarsi totalmente ai poveri. 

Quanto alla datazione, possiamo far riferimento a due pregevoli dipinti tra quelli rimasti nello studio del pittore, dopo l’improvvisa sua scomparsa, avvenuta il tre dicembre 1737 a Castelbosco Piacentino: la B.V. dell’aiuto con vari santi, firmata e datata nove ottobre 1737, assieme al Cristo in croce e Sant’Agostino, che lo Zaist ricorda tra le opere non ancora ultimate.

Nella prima tela, dall’affollato circolare gruppo dei santi che si rivolgono alla Vergine, si distingue l’austero san Pio V, vestito con gli abiti pontificali, il camauro e la tiara posata accanto: ha lo stesso volto scavato e il profilo adunco di san Raimondo, mentre nello slancio ascetico di san Vincenzo Ferrer non è difficile ritrovare lo stesso atteggiamento che caratterizza la figura di giovane sulla destra del foglio (cfr. L. Fornari Schianchi, 2011).

Ancora più marcata è la “parentela” con la seconda tela per la  straordinaria  somiglianza dei volti di Raimondo penitente e di sant’Agostino che contempla il crocifisso; il dipinto, riemerso negli anni Settanta del secolo scorso dai depositi dell’ex collegio gesuitico di Borgo San Donnino, fu oggetto d’ una interessante controversia tra gli eredi del pittore , che ritenevano l’opera non finita e quindi non cedibile, e il committente che ne rivendicava la proprietà, avendo anticipato il pagamento di tela e colori.   

      Alla fine degli anni Trenta del XVIII sec., Gianbattista Tagliasacchi, molto vicino al vescovo Gherardo Zandemaria, è attivo principalmente a Piacenza ove raggiunge l’apice della fama di pittore: non è da escludere un suo coinvolgimento nell’ideazione della pala per l’altare maggiore   della erigenda chiesa di san Raimondo, che, come si è detto, venne consegnata dal Balestra, circa un anno dopo la morte del giovane ma già famoso pittore fidentino.  

Sul piano prettamente iconografico, il disegno dell’Ambrosiana  può essere accostato ad un’altra singolare testimonianza “fidentina”, il “RAIMVNDINVS VILIS” scolpito nell’acroterio del portale di destra del Duomo di Borgo san Donnino, forse la più antica immagine esistente di Raimondo Zanfogni, connotato con l’aggettivo vilis: una sorta di cognomen acquisito sul campo, a significare proprio  la scelta di vita  di questo santo laico il quale si fece carico degli “scarti” della società, cioè della “gente di poco conto”(vilis) e, per questo , sempre “disprezzata” nella “bassezza” (vilitas) della sua marginalità.

L’intrepido amico dei poveri e diseredati, “pauperum pater”, che, come ricordano i suoi biografi, non esitava a scagliarsi contro i soprusi dei potenti  e l’avarizia dei ricchi («Aiutateci, cristiani duri di cuore e crudeli…»), è qui rappresentato senza la croce, apparentemente accovacciato sul tetto di un edificio a capanna, forse una chiesa-santuario in ricordo dei suoi pellegrinaggi, avendo come  semplici attributi l’abito con cappuccio dei pellegrini medievali, il bastone da viaggio e la gerla del pane sulle spalle, simbolo quest’ultimo della carità ardentissima che animò l’esemplarità della sua vita.

Canonizzato ufficialmente nel 1602 da Papa Clemente VIII - gli stessi anni, tra l’altro, dell’erezione a diocesi della chiesa di Borgo San Donnino -, ma venerato come santo subito dopo la morte, si giunse ad esaltarne il carisma della povertà  perfino coi grafemi del suo stesso nome, proprio come si desume da  BEATUS RAIMUNDUS PALMERIUS con l’anagramma UT MANU DARES PABULUM MISERIS ( Cura fuit Raimunde tibi gestare canistros ut manu dares pabulum miseris, pauperum pater): tutte iscrizioni che accompagnano l’immagine incisa nelle pagine della seicentesca Vita di S. Raimondo Palmerio, opera dello storico piacentino Pietro Maria Campi, fonte iconografica e letteraria cui verosimilmente G.B.Tagliasacchi ha attinto per il suo vaporoso e guizzante bozzetto                                   

Guglielmo Ponzi

Pubblicato in “Il Risveglio”, settimanale della città e Diocesi di Fidenza, il 10 aprile 2009, riveduto il 10 Aprile 2024.

PDF


Nessun commento:

Posta un commento