Le olimpiadi sono sacre, almeno per un mese ogni quattro anni. In un mondo dominato dagli eventi nella loro espressione mediatica è infatti possibile pilotare o distogliere l'attenzione di un enorme numero di persone (utenti).
E così se un atleta tesserato a qualche ente sportivo e al partito esprime una definizione abilmente i media colgono l'occasione non tanto per entrare nel dibattito aperto sul blog di Beppe Grillo (vedi sotto) ma per limitarne l'impatto possibile e guadagnare qualche voto al partito o gruppo di pressione cui fanno riferimento. Destra, sinistra uniti nello stesso intento, sfruttare abilmente tre parole "è un patacca" pronunciata da una atleta in odore di santità sportiva. Non mancano poi, anche da noi, gli interessati difensori di Beppe Grillo che, facendo riferimento al 15% potenziale dei M5S, tentano di riciclarsi nel Movimento.
E così se un atleta tesserato a qualche ente sportivo e al partito esprime una definizione abilmente i media colgono l'occasione non tanto per entrare nel dibattito aperto sul blog di Beppe Grillo (vedi sotto) ma per limitarne l'impatto possibile e guadagnare qualche voto al partito o gruppo di pressione cui fanno riferimento. Destra, sinistra uniti nello stesso intento, sfruttare abilmente tre parole "è un patacca" pronunciata da una atleta in odore di santità sportiva. Non mancano poi, anche da noi, gli interessati difensori di Beppe Grillo che, facendo riferimento al 15% potenziale dei M5S, tentano di riciclarsi nel Movimento.
Se tutto fa spettacolo, tutto fa Olimpiadi. All'elenco sterminato di sport olimpici mancano le freccette da bar, le bocce e il parcheggio cronometrato in retromarcia. Il bello di questa manifestazione è che tutte le nazioni del mondo possono avere il loro momento di gloria. Un bronzo nel beach volley assurge a festa nazionale. Non conosco, né ho ha mai conosciuto, nessuno che pratichi il fioretto o la spada in vita mia, però alle Olimpiadi sono orgoglioso se il mio Paese trionfa sulle pedane. Poi, per quattro anni, non me ne può fregare di meno. Non vincono gli atleti, ma le nazioni. E' il trionfo del nazionalismo.
La medaglia d'oro la conquista il presidente della Repubblica, il telecomando in mano che dalla poltrona si precipita a congratularsi con l'atleta dandone ampia copertura a tutti i mezzi d'informazione. L'atleta, che una volta diceva alla mamma "Sono arrivato uno!", oggi si prepara a una carriera da parlamentare. Negli anni della Guerra Fredda, la Germania Est vinceva tutto, aveva atleti formidabili, costruiti in laboratorio, spesso dopati come dei cavalli. Negli anni della Grande Crisi è la Cina a vincere tutto. Il super nazionalismo ha bisogno di un super medagliere. Il mondo moderno ha imparato la lezione dagli antichi Romani. Le Olimpiadi sono una versione smisurata del Colosseo con circences che occupano tutti gli spazi dell'informazione. Un bromuro quotidiano sponsorizzato dalle multinazionali. Lo spirito di Olimpia, sotto il segno della Coca Cola, declassato dalla partecipazione di tennisti, calciatori, giocatori di pallacanestro, professionisti che guadagnano cifre immense, fuori dalla realtà della gente comune, che li applaude come semidei dell'antica Grecia. Atleti che sfilano prima delle gare con tricipiti e pettorali in mostra insieme agli slip griffati. Grida e pianti, buttati per terra, tarantolati per una stoccata o per un tiro, come se fosse morto o resuscitato cento volte il gatto di famiglia. Cosa rimarrà dei Giochi Olimpici di Londra? Una vecchia regina che si lancia con il paracadute e un pugno di medaglie da appuntare sul petto della Patria.
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