Il dipinto raffigura S. Andrea Avellino vestito dei paramenti per la liturgia eucaristica, colpito da apoplessia davanti all'altare all'inizio della celebrazione della Messa, mentre si sta accasciando, sorretto dal fratello laico che gli era stato affiancato per aiutarlo e un angelo. Sopra si librano due angioletti e dietro un vecchio parla ad un angelo. Il dipinto fu commissionato al pittore borghigiano di alcuni devoti che avevano inviato agli Anziani della comunità cittadina un memoriale in cui proponevano d'avere avere come compatrono della città il santo protettore contro l’apoplessia e si dicevano disposti a sostenerne la spesa. L’11 aprile 1730, i reggenti del Comune, ottenuta l’approvazione del Duca, provvidero alla costruzione del nuovo altare nella cappella già dedicata a S. Pietro in Vincoli, concessa dal Capitolo della cattedrale. Il disegno preparatorio si trova nella Biblioteca Palatina di Parma. GG Vedi anche ponziettore.it/tagliasacchi. |
La seconda cappella di destra del Duomo di Fidenza |
S. Andrea Avellino uno dei patroni minori della nostra città e diocesi
Il 10 novembre ricorre la festività di S. Andrea Avellino, che è uno dei patroni minori della nostra città e diocesi, tale proclamato il 3 maggio 1730 dal Vescovo mons. Gherardo Zandemaria in seguito ai casi di apoplessia che con impressionante frequenza andavano verificandosi tra la popolazione fidentina.
Questo Santo, non molto conosciuto e venerato, è infatti invocato contro la morte improvvisa, che coglie talvolta il cristiano impreparato al passo sopra ogni altro decisivo. In prossimità della sua festa, riteniamo opportuno rievocarne brevemente la figura, una delle più eminenti del secolo XVI per dottrina e santità.
S. Andrea Avellino nacque nel 1521 a Castronovo (Potenza) da una nobile famiglia del luogo. Avviato al sacerdozio nel 1537 e ordinato nel 1545, due anni dopo si recò a Napoli a intraprendere gli studi di diritto. Sotto la direzione del gesuita Giacomo Lainez, fece nel 1548 gli esercizi spirituali e da quel momento data la sua “conversione”, nella quale ebbe anche la sua parte, come si riferisce, la compunzione provata per una lieve menzogna, essendo egli avvocato nel foro ecclesiastico.
Intorno al 1551 fu incaricato da Scipione Rebiba, vicario generale dell'archidiocesi, della riforma del monastero femminili di S Arcangelo di Biano e in quest'ufficio dette misura del suo zelo apostolico per il quale si espose anche a mortali minacce. Fatto segno a due attentati, nel 1556 restò colpito al volto da due tremende ferite, di cui non volle mai denunciare l'autore. Accolto nella casa teatina di S. Paolo Maggiore a napoli, guarì quasi miracolosamente. Nel 1556 vestì l'abito novizio, avendo come maestro il beato Giovanni Marinoni, e due anni dopo emise la professione solenne. Eletto nel 1567 superiore di S. Paolo Maggiore, vi istituì scuole di filosofia e di teologia. Per designazione del capitolo generale, nel 1570 fu destinato a Milano, vicario della casa di S. Maria presso S. Calimero, donde l'anno seguente passò a Piacenza, prevosto di S. Vincenzo. Ebbe ivi una parte preminente nell'apostolico piano di riforma intrapreso dal beato Burali, cardinale arcivescovo di quella città ed anch'egli teatino, divenendo anche direttore spirituale del Seminario. A Piacenza, dove ebbe pure l'ufficio di penitenziere della diocesi, restò sino al 1578, sostenendo insieme per tre volte la carica di visitatore della case teatine della Lombardia.
Assunto il governo della casa di S. Antonio a Milano e nel 1581 ancora una volta quello della casa di Piacenza, passò l'anno seguente a Napoli, dove bel 1584 fu preposto alle due case di S. paolo Maggiore e dei Ss. Apostoli. Nel 1590 eseguì la visita delle provincie napoletana e romana dell Congregazione, rifiutando in quel periodo a Roma l'episcopato offertogli da Gregorio XIII.
Anche in tarda età continuò alacremente tutti i suoi uffici, tra cui quello particolare della direzione spirituale, dando prova ancora una volta nel 1594 della sua eroica generosità perdonando ed inducendo i congiunti a perdonare all'uccisore del proprio nipote Francesco antonio Avellino.
Il 10 novembre 1608, mentre iniziava celebrazione della Messa, fu colpito da apolessia e si spense la sera dello stesso giorno all'età di 87 anni.
Beatificato nel 1624 da Urbano VIII, fu canonizzato nel 1712 da Clemente XI.
Dal tempo della sua elevazione a Patrono minore della nostra città e diocesi, S. Andrea Avellino è stato oggetto di particolare venerazione ed in Cattedrale gli è dedicata la seconda cappella di destra, decorata di una tela di G. B. Tagliasacchi, ritenuta il capolavoro del pittore fidentino, che lo raffigura morente all'altare, sostenuto da un chierico.
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Pubblicato dal settimanale diocesano "Il Risveglio" il 21 maggio 1960
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