(Foto di Don Lino Cassi) |
Discesa di Cristo agli inferi (sec. XIII - Duomo di Fidenza)
All'ingresso del Duomo, sopra il capitello della prima colonna di destra, un'insolita e rarissima immagine scolpita di Cristo risorto accoglie da otto secoli i fedeli che varcano la soglia del tempio.
Ma oggi questo messaggio pasquale, un tempo accessibile a tutti (anche perché probabilmente legato allo svolgimento di antichi riti liturgici), rischia di essere travisato da controverse letture iconografiche, che vanno dalla cacciata degli angeli ribelli al tema del Giudizio Universale.
Impostato su due livelli il gruppo plastico, coevo alle sculture duecentesche della facciata, presenta nella parte superiore entro una mandorla riccamente ornata la figura di Cristo seduto in trono, con il capo circonfuso d'un nimbo crocesegnato; sui bracci della croce aureolata, il "signum victoriae", spiccano le tre lettere "Lux", riprese anche all'esterno della cornice insieme ad un simbolo solare.
In atteggiamento ieratico e sovrano, i piedi posati sullo sgabello che rappresenta la terra, Cristo nelle sembianze dell'Eterno regna e giudica su tutti i popoli, come prefigura il salmo 99. E' la scritta del cartiglio "feci iudicium et iustitiam" (Giudicai e feci giustizia)" sancisce, con il riferimento temporale al passato, l'avverarsi delle antiche profezie, in particolare il famoso oracolo di Isaia: "Ecce dies veniunt, dicit Dorninus, et suscitabo David germen justum; et regnabit rex, et sapiens erit, et faciet judicium et justitiam in terra...".
Nella fascia sotto stante si svolge il combattimento tra angeli e demoni raffigurati come arpie dal corpo villoso, dove questi ultimi soccombono, rovesciati a testa in giù e incatenati. E l'arcangelo Michele, capo delle milizie celesti, armato con una sorta di lancia forcuta e con la croce in pugno, serra la gola a Satana segnando così la sconfina del regno delle tenebre, ottenuta mediante il sacrificio supremo della croce.
Escludendo, come si è detto, il tema del Giudizio Universale (in quanto manca ogni accenno alle anime dei giusti e dei dannati) e l'ancor più improbabile riferimento alla cacciata degli angeli ribelli dal Paradiso, il vero significato dei rilievi è da ricercarsi piuttosto nel contesto teologico e liturgico della Pasqua.
In particolare nella rievocazione della discesa di Cristo agli inferi, descritta dall'apocrifo di Nicodemo, che ci forni ce una grandiosa narrazione del "descensus ad inferos", culminante nell'eterna condanna di Satana: "Le porte di bronzo caddero, si spezzarono i chiavistelli di ferro e tutti i morti che erano legati furono sciolti dalle loro catene, e noi con loro. E il Re della Gloria entrò in figura di uomo e tutte le tenebre dell'inferno furono illuminate... Allora il Re della Gloria, afferrato per la sommità del capo il gran satrapo Satana, lo consegnò agli angeli e disse: "Legate con catene di ferro le sue mani, i suoi piedi, il suo collo e la sua bocca". Poi lo affidò all'Inferno dicendo: "Prendilo e custodiscilo bene, fino alla mia seconda venuta...".
Come non collegare, a questo punto, la figura ascendente, l'atteggiamento regale e dominante del Cristo della colonna con il "Rex Gloriae" del favoloso racconto di Nicodemo.
Ma è soprattutto nel loro insieme unitario che i rilievi del Duomo si avvicinano al tema dell'Anastasi, cioè della Risurrezione, rappresentata nelle icone di tradizione orientale con la figura radiosa di Cristo nell'atto di scardinare le porte dell'inferno e liberare le anime dei giusti che l'avevano preceduto.
Il trionfo di Cristo sugli inferi rimanda infatti alla sua vittoria sulla morte, alla sua resurrezione e al riscatto dell'uomo soggetto alla schiavitù del peccato. Nella lotta tra gli angeli e i mostruosi demoni, che lo scultore romanico ha descritto come una sorta di epico esorcismo, possiamo dunque cogliere non tanto un singolo episodio dell'eterno conflitto tra il bene e il male quanto la folgorante sequenza finale della missione salvifica di Cristo.
Ma un'ulteriore, sostanziale e quasi archeologica conferma del soggetto pasquale, è data anche dalla stessa collocazione dei rilievi, posti sulla colonna "iuxta capsam magnam fonctis battesimalis". Sulla base di questa precisa indicazione contenuta in un documento del 1485, è infatti possibile risalire al luogo del primitivo fonte battesimale, presumibilmente situato all'interno della prima campata della navata di destra e quindi, com'è già stato fatto notare, in diretta relazione anche visiva con il Cristo Luce.
Non bisogna infatti dimenticare che il battistero è al centro dei riti con cui ha inizio la veglia del Sabato Santo: la celebrazione della luce, con l'accensione del cero pasquale, precede la benedizione dell'acqua in una suggestiva liturgia culminante nel gioioso canto dell'Exultet. Esso dà il solenne annuncio dell'avvenuta risurrezione di Cristo mentre si accendono tutte le luci della chiesa ancora immersa nell'oscurità: con il Cristo risorto la notte che ci teneva schiavi del peccato e della morte è diventata un giorno raggiante di luce.
Guglielmo Ponzi
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