Avevo scritto un lungo commento che,
purtroppo, è sparito ed ora non ho più tempo di rifarlo. Mi
limiterò soltanto a postare , con un copia e incolla, alcuni stralci
del voluminoso Cap. 1° del Dizionario Etimologico Borghigiano sulle
cui carte ho trascorso parecchie notti.
Il titolo del Cap. è “BREVI
NOTIZIE” (brevi è un eufemismo).
È un’anteprima per
l’importante blog dell’amico Ambrogio Ponzi.
Claretta Ferrarini
“BREVI NOTIZIE”
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Indagare,
studiare, valorizzare, parlare e scrivere il proprio dial. non
deve essere una forma di nostalgia e di rimpianto del passato, ma
dev’essere “cura della parola e della scienza del linguaggio”.
Diventiamo insopportabili e un pò stupidotti, quando vogliamo
convincere noi e gli altri che “una volta” era tutto più bello,
più buono, che c’era più amore e che si andava d’accordo etc. È
una forma di esagerato e, spesso, ipocrita cordoglio che non
condivido. Non deve essere così per il proprio dial.: esso non
appartiene ad un nostalgico “passato”, nel quale ha solo le
radici, ma è un presente vivo e palpitante.
Chi
teme che il rinvigorirsi dei dialetti,
sia un pericolo per l’Unità Nazionale è in errore. Il dialetto è
una forma di identificazione e di appartenenza, come può esserlo il
proprio cognome, o il cognome della madre, cioè le due famiglie
dalle quali ognuno proviene. L’uomo ha bisogno di “appartenere”.
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Viene
da sorridere
se ci si rende conto che molte parole che riteniamo italiane di
ultima/penultima/terzultima generazione, sono invece prese da diversi
dialetti e non ce ne accorgiamo. Per es.: ciào
(Ven.,)
grissino (Piem.),
cotechino (Lomb.
Ven. Emil.),
pizza, mozzarella (Campania),
zafferano (arabo),
abbacchio (Lazio,
Toscana),
camorra (Campania),
mafia (Sic.),
persona,
mondo, satellite
(etrusco),
bùfalo
(osco-umbro), parabola,
martire
(Bibbia Vulgata)
etc.
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Nel
Concilio di Tours,
voluto da Carlo Magno nell’813 d.c., si stabilì che i vescovi
dovessero tenere l’Omelìa nella lingua “rustica”, al fine di
farsi capire dai fedeli la cui disobbedienza alle leggi della Chiesa,
poteva essere causata dall’incomprensione del latino. L’Atto
Ufficiale di quel Concilio dà il via alla nascita delle Lingue
Romanze, mentre nel Giuramento di Strasburgo (842) viene sancita la
1ª lingua romanza: il francese.
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Molti
dial., cosidetti moderni,
definiti dopo il
1500, posseggono una vasta letteratura e tanti documenti, redatti nei
secoli scorsi, sono firmati: Conte Tal dei Tali; Eccellenza Signor
Vescovo Tal dei Tali; Dottor o Professor Tal dei Tali; Canonico Tale;
Avvocato Talaltro; Arcipreti; Marchesi, dunque persone colte. Quindi,
ripeto, non è vero che il dialetto era una lingua solo parlata, come
non è vero che fosse la “lingua degli ignoranti”. In proposito,
posso garantire che, trattati agrari, economici, bandi, anche
statuti, non venivano scritti nella lingua dei conquistatori, ma nel
diverso lat. di ogni epoca, misto al dial. del luogo.
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Che la lingua fiorentina, sia assurta a lingua nazionale è avvenuto nonostante Dante (De
Vulgari Eloquentia) giudicasse
il suo dialetto inadatto
a diventare la Lingua Italiana, mentre riteneva degno di attenzione
allo scopo, il Bolognese,
quello spurgato e reso illustre dal poeta ed amico Guido
Guinizzelli (1200).
Ennesima prova che i dialetti erano anche scritti e da grandi
letterati.
Anch’io
mi fermo qui. Per ora, però.
Claretta Ferrarini
Brava Claretta, concordo pienamente con te!
RispondiEliminaFranceschina.
Trovo molto interessante questo articolo e ho imparato delle cose che non sapevo. Mi sono divertito con le parole degli altri dialetti e vorrei conoscerne delle altre. Può la signora Claretta?
RispondiEliminaPosso, nella misura in cui non debba anticipare l'etimologia di vocaboli squisitamente dialettali, inseriti nel DEB. Mi limiterò ai termini italiani.
RispondiEliminaSpero di soddisfarla dicendole che (tra le altre) dal persiano ci vengono: scacchi e mago.
Dall'ebraico: Sabato, manna, Osanna, Alleluia.
Dal bizantino: gondola, basilico.
Dall'arabo: caffè, zerbino, spinaci, assassino, carciofo.
Dai germanismi longobardi: guerra, banca, zanna, elmo.
Dall'iberico (Spagna): lama, sfarzo.
Grazie per l'interessamento.