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lunedì 17 luglio 2017

"Gh’é änmè che ‘na rôba impurtanta däbón." Il motto di Mons. Ovidio tra teologia e dialetto.


Il motto di Mons. Ovidio: UNUM EST NECESSARIUM
Ovvero:
Perché ha ragione Maria!

Alla base dello stemma del nostro nuovo vescovo, Mons. Ovidio Vezzoli, - posto sopra il portone centrale del nostro Duomo - campeggia il motto: “Unum est necessarium”.



Esso rimanda alle parole che Gesù rivolge a Marta nel Vangelo di Luca (10,42).
L’episodio è ben noto a tanti. Gesù ha avuto bisogno di amici come tutti noi e, prima di andare a Gerusalemme, la città che uccide i profeti, spesso si fermava a Betania, un paesino a pochi chilometri dalla capitale, a casa di Marta, Maria e Lazzaro: tre fratelli che lo ospitavano regolarmente.
Nell’episodio sopracitato, mentre Maria si mette ai piedi di Gesù per ascoltarlo, Marta è in cucina a preparare il pranzo per Gesù e i dodici suoi discepoli. Ad un certo punto, davanti al tanto da fare, sbotta e dice a Gesù di richiamare sua sorella per sollecitarla a darle una mano.
È a questo punto che Gesù le dice con affetto:

"Marta, Marta, perché ti affanni tanto. Di una sola cosa c’è veramente bisogno. Maria ha scelto la parte migliore che non le sarà tolta".

Ciò che per Gesù è veramente necessario è accogliere, meditare e vivere la sua Parola. L’”unum” significa l’essenzialità contrapposta a tutto ciò che nella vita umana è caduco ed effimero. 


Marta è presa dalle cose da fare, Maria è felicemente affascinata dalle parole di Gesù.
Marta è in piedi e si affretta, Maria è seduta ai piedi di Gesù e ascolta.
Marta è distratta dalle mille cose da preparare, Maria è concentrata sul suono della Voce.
Marta è preoccupata per il Signore, Maria è occupata col Maestro.

Marta sta dove devono stare le donne: in cucina tra i fornelli. Maria fa gli onori di casa, un ruolo dell’uomo, secondo la cultura del tempo.
Marta crede di essere la “regina della casa”, mentre in realtà è schiava della sua condizione. Maria si fa serva della Parola, e perciò è regina.

Nella concitata foga del fare, Marta non si rende conto che il suo limitato orizzonte è tutto centrato sulla sua persona («mia sorella… mi abbia lasciata sola… mi aiuti»). Così diventa un po’ insolente, accusa di noncuranza il Signore e taccia pesantemente la sorella di indifferenza. Maria tace, Gesù stesso la difende.
Qui la scelta non è tra lavoro e preghiera, tra azione e contemplazione. Non ci sono due modi per seguire il Signore e affrontare la vita, ce n’è uno, e uno solo: il modo di Maria.
Marta serve Gesù, Maria è serva di Gesù.

Marta desidera fare il bene, Maria vuole diventare buona.
Marta fa il necessario, Maria sceglie per sé l’unica cosa veramente necessaria, «la parte più buona», quel rapporto personale col Signore «che non le sarà mai tolto»…

Questo è il segreto della vera pace, il segreto dei segreti. La vita è una continua distrazione, un continuo occuparsi e preoccuparsi per problemi, ferite, delusioni, attese, aspettative. E così noi corriamo nella vita, mentre la vita corre attorno a noi: il problema è che non ci incontriamo quasi mai! Distratti e agitati, ci lasciamo spesso vivere. L’unica cosa che veramente conta, invece, è essere noi per primi sereni, felici, ricchi dentro. Di certo non siamo utili a nessuno, nemmeno a noi stessi, quando siamo distratti, agitati, aggressivi, giudicanti.
È questo che dice Gesù. Anziché rimproverare Maria e ricacciarla nel ruolo dove la tradizione ha sempre confinato le donne, Gesù richiama la padrona di casa e le dice di fare come la sorella, di scegliere cioè l’ascolto di quella Parola che dona libertà interiore. E così, mentre Marta corre, Maria c’è già!


P.S. Questo è quanto ho capito io del motto scelto da Mons. Ovidio. E credo fermamente a quanto ho scritto…
       Però, non “diamo addosso” troppo a Marta, perché guai se non ci fosse stata lei! Infatti anche Gesù e i suoi amici si son seduti poi a tavola e hanno gustato felici e, alla fin fine ben rimpinzati, il buon pranzetto che la sorella di Maria aveva preparato con cura sapiente!
Fausto Negri


Allego di seguito la magnifica traduzione in dialetto borghigiano fatta dalla Claretta, nella nota traduzione dei Vangeli: “LA BON’NA NÖVA”.
Il breve episodio evangelico trova nel nostro dialetto tutta la freschezza e il sapore del racconto originario:


La Marta e la Maria (Lc 38-42)

Gesü al va int un päês, indù ‘na donna cl’äs ciämäva Marta al l’invida a ca’ sua. La gh’äva ‘na surella c’läs ciämäva Maria, cl’äs seda taca ai pé ad Gesü pr ascultäräl. Inveci, la Marta la taca subita a burdighèr par mänîr da mägnèr, senza dèr da mênt a Gesü. Pò la gh va a taca e la dîž: "Signûr, t’intaressa propria änienta se me surèlla läm pianta ché da me a fèr i läûr? Dîgh mò da gnîm a dèr ‘na man!". Mo Gesü èl ga risponda äczé: "Marta, Marta! Mo t’é ägitäda! At siguìt a trägätèr e at vö fèr troppi rôbi! Gh’é änmè che ‘na rôba impurtanta däbón. La Maria l’ha vrì sarnîr la pü bon’na e änsón (a) gh la turà sö".

8 commenti:

  1. Quante donne trascorrono la vita "confinate"nel ruolo di Marta e non sempre per scelta? Certo Maria ha capito, ha visto più lontano, in una prospettiva più profonda, ha scelto il meglio, tuttavia anche Marta nell'assolvimento di un compito dimostra a Gesù il suo amore e per una strada spesso più difficile in cui rischia di perdersi.
    Buono il monito del nostro Vescovo a richiamarci sul primo e fondamentale obiettivo del nostro vivere.

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  2. La rivoluzione che Xsto porta è per un ruolo della donna pieno nella prospettiva del Suo Regno. Maria è Marta proiettata in questa prospettiva, un passaggio così radicale che 2000 anni non sono bastati alla Chiesa ad accettare completamente. Il sacramento del Sacerdozio della donna stenta ancora a trovare spazio all'interno della Chiesa.

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  3. Il motto del nostro Vescovo è la via che ci viene chiesto di percorrere.
    Si è presentato come un viandante che continua a percorrere la via già tracciata da San Donnino, dai suoi predecessori, dal nostro clero e dai cristiani di Fidenza.
    Il nostro compito è quello di essere o meglio diventare i suoi compagni di viaggio. Ne saremo capaci? è una ottima sfida con noi medesimi.
    L'Anonimo di Borgo

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  4. Aveva ragione S. Benedetto: Ora et labora! Marta doveva anche ascoltare Gesù, mentre scogassava e spadellava, Maria doveva darle una mano, invece di fare la mistica in estasi alle parole di Cristo.

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  5. Una cosa è certa. Il dialetto pare riportare il brano del del Vangelo alla sua originaria verità e, allo stesso tempo, questo episodio sembra uscire dalla nostra più quotidiana realtà: Burdighèr... Mänîr da mägnèr... Trägätèr... Mo t’é ägitäda!...
    Che meraviglia! Grazie, Claretta!

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  6. Quanta forza nel dialetto! Non per niente, Gesù parlava in aramaico alle folle che lo seguivano. Però, džumäs la vritè: se la Marta l'ävéss fât tamme la Maria, j'aressän mägnè pôch o briša. Tütti.

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    1. Clary, Gesù parlava in dialetto perché era figlio di un falegname e di una casalinga; non aveva frequentato la Bocconi e nemmeno la Cattolica.

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  7. Diversi gruppi religiosi, chiesa cattolica compresa, hanno creato regole per tenere la donna indietro di almeno un passo rispetto all'uomo, poi nel tempo le cose sono cambiate,anche se per qualcuno quasi niente.

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