venerdì 28 luglio 2017

Il tempo come dono, gratuità e libertà

Nell'imminenza del periodo feriale per eccellenza di questa calda estate ci giunge il messaggio di mons. Ovidio Vezzoli, Vescovo di Fidenza.
Inserito nel sito web diocesano è  anche pubblicato su N° 29 del settimanale diocesano "il Risveglio" di oggi, 28 luglio 2017. 
Nella prima parte potremmo ritrovarci tutti; dono, gratuità e libertà trovano fondamento nella nostra umanità anche se talvolta stentiamo a riconoscerli nella fretta dell'oggi. La seconda parte è ricca di riferimenti biblici, ma il messaggio resta orientato a quei valori e ci invita "Ritrovare se stessi nel tempo che ci è donato”.


Messaggio del Vescovo prima della pausa estiva
“Ritrovare se stessi nel tempo che ci è donato”


Il tempo della vita che ci è dato è dono, gratuità e libertà. Il tempo è dono, anzitutto, perché lo riceviamo, lo accogliamo come evento non manipolabile, non come realtà nei confronti della quale assumere atteggiamenti di sfida. Ciò significherebbe deturpare l’identità del tempo, che in sé è dono bello e buono.
Il tempo, in secondo luogo, è gratuità.  
Gratuitamente ci è stato donato, nella stessa gratuità lo condividiamo e ne gustiamo la profondità di senso che porta con sé. In questa prospettiva non si può competere con il tempo ingaggiando una lotta che lo rende nemico perverso e ostile alle nostre vite. 
Infine, il tempo è magistero di libertà. Se vissuto nella sapienza del dono e della gratuità il tempo ti riconsegna libertà, aprendo un orizzonte di sguardi non scontati, di pensieri non banali e di gesti inaspettati, che generano prossimità, compassione e lettura non viziata né preconcetta della nostra storia e di quella delle persone con le quali condividiamo il cammino della vita quotidiana.
Due testimonianze bibliche possono aiutarci a precisare questi aspetti propri del tempo applicati alla vita. 
Ad Abramo, all'inizio della sua vocazione, è detto dal Signore: “Esci dal tuo paese (lett.: Va’ verso te stesso), dalla tua patria e dalla casa di tuo padre, verso un paese che io ti indicherò” (Gen 12,1). 
Il primo movimento che Abramo è chiamato a compiere davanti a Dio è quello di ritrovare sé stesso, imparare a leggere il senso del suo tempo e della sua storia dal punto di vista di Dio e non dei propri calcoli o convenienze prudenziali. In un tempo in cui Abramo pensava alla sua vita come esperienza conclusa, perché nulla più aveva da chiedere alla sua agiata condizione, il Signore lo chiama a rimettersi in cammino, incominciando dal ritrovare sé stesso, in un tempo nuovo, quello che Dio gli preparava. 
La seconda testimonianza è quella di Gesù trasmessaci da Lc 12,56-57: “Ipocriti, sapete giudicare l’aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo? E perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto?”.
È un ammonimento severo per ogni discepolo dell’Evangelo perché cammini nella vigilanza, nel saper valutare ben oltre le apparenze immediate. È necessario discernere a partire da questo tempo in cui la parola dell’Evangelo domanda di fare posto nelle nostre povere vite.
La Parola chiede di farsi prossimità amante perché attraverso di essa possiamo conoscere il Signore come l’Unico delle nostre esistenze e a partire dal quale il nostro cammino è sostenuto da una speranza che non delude (cfr. Rm 5,5). 
Sta davanti a noi un tempo di riposo (per chi può), di astensione dal lavoro (per chi ce l’ha), di pausa estiva o di vacanza.
Non è tempo di evasione mondana dalla complessità del reale; non è tempo per rimuovere quanto non vogliamo affrontare direttamente, rimandando a un domani di cui non abbiamo certezza. 
Sta davanti a noi l’oggi della nostra vita, dono gratuito, sorgente di libertà, che ci mette nella condizione di ritrovare noi stessi davanti a Dio e agli altri nel silenzio, nell’ascolto, nell’incontro con il volto dell’altro e nella fraternità riconciliata.
La preghiera della Chiesa esprime in modo illuminante gli aspetti che abbiamo richiamato. 
Diventi anche la nostra umile invocazione davanti al Padre: “Arda nei nostri cuori, o Padre, la stessa fede che spinse Abramo a vivere sulla terra come pellegrino e non si spenga la nostra lampada, perché vigilanti nell’attesa della tua ora siamo introdotti da te nella patria eterna. 
Per Cristo nostro Signore” (Messale Romano, 998).

+ Ovidio Vezzoli, Vescovo



6 commenti:

  1. Dal discorso del Vescovo, io toglierei ogni riferimento ad Abramo, come campione della Fede, ad Abramo, personaggio di cui non si sanno nemmeno le origini geografiche, oltre che quelle storiche. Ne ha combinate di ogni, in tutto il Medioriente, ed anche in Egitto. A partire da un Dio che gli avrebbe promesso una terra già occupata da millenni da altri popoli, da sloggiare, streminandoli tutti. Per non parlare del tentativo di sgozzare il povero Isacco.

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    1. La figura di Abramo ed il suo continuo viaggiare, s'inseriscono perfettamente nella storia del Medioriente del II millennio A.C. Al nomade non chiedere mai le origini geografiche,non capirebbe, anche se nel caso di Abramo sappiamo abbastanza in proposito. Capisco il tuo stupore per la vicenda di Isacco, Kierkegaard, ultimo filosofo, vi dedicò un libro, difficile per me non lo nego, dovrei spenderci un'altra estate.

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    2. Ambrogio, noi veniamo da una cultura di catechismo parrocchiale di oratorio, di un'era preistorica, in cui le figure del'Antico Testament ci erano proposte come esemplari. Io, invece, ho il massimo rispetto per i Vangeli e per la parola di Cristo, molto meno per un libro sacro che riporta le imprese etnocide dei vari profeti ebraici, soprattutto di Giosuè, sterminatore di poveracci caduti nelle grinfie dei soldati di Jahwè. Aveva spinto anche un figlio a sgozzare dei prigionieri, con quel micidiale falcetto-pugnale utilizzato dagli ebrei.
      Nel Vecchio Testamento gli ebrei mettono in bocca ad un Dio vendicativo e militarista tutto quanto gli aggrada. Gesù ha invece parlato solo di pace. Quello del Vecchio Testamento non doveva essere Suo padre, ma un lontano parente.

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    3. Xsto lesse commentò utilizzò immagini del vecchio testamento.
      In ogni modo a distanza di tanto tempo anche quanto ti è stato inculcato deve essere materia di discernimento. La bibbia non è solo il Libro dei Re, così caro ai ragazzi di una volta, noi.

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    4. Ambrogio, non dirlo a nessuno, veh, ma io la Bibbia per inteso non l'ho mai letta, è di una barbosità allucinante, specie in alcuni settori, può essere utilizzata come ipnoinduttore. Il Vangelo, invece, è stupendo e tremendo, ti prende a sferzate, nel tuo comodo quieto vivere. Alle volte, fantastico di poter retrocedere nel tempo, ad incontrare Cristo, per la strada. Sarebbe un'esperienza sconvolgente, verrei meno dalla commozione, Lui sa chi sono, mi brucerebbe di perdono e d'amore con un solo sguardo.

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  2. Grazie Vescovo che ti sei rivolto direttamente a me e hai nostri fratelli per ricordarci che tutto ci è donato e che ci è proposto di riconoscere la gratuità dei doni, del lavoro, e delle vacanze e del tempo per ritemprarci nel corpo e dello spirito.
    Abbiamo bisogno della Tua parola, abbiamo bisogno di essere educati ad ascoltare la tua parola AUTOREVOLE, educati alla sequela, ad essere Testimoni,della carità di Cristo, attraverso una convivenza salvifica
    l'Anonimo di Borgo.

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