giovedì 13 aprile 2017

L'enigma di quella notte nell'Orto degli Ulivi


Vasilij Grigor'evič Perov (1833–1882)
GETSEMANI 2000
(FRAMMENTO)

Che fai, Gesù, nel buio ?
Che fai, solo,
    in questa notte duemila
    lontano dai tuoi ?
Che fai in questo silenzio,
        un tempo rotto soltanto
        dall’ululare dei cani
        e dall’irridente verso della civetta
    e ora dall’urlo impaziente delle ambulanze
    e dalle ubriache grida
    dei motori ?


Con chi parli,
     se parli ?
Chi ascolti,
     se ascolti ?
     Nell’abisso in cui ti immergi
chi incontri ?
     Il Padre, che tu cerchi,
         e che ti ama tacendo
     o il nemico,
         camuffato maestro di menzogna ?

Solitudine,
    stretto nell’interminabile corridoio oscuro,
        senza sbocchi,
    schiacciato dal peso del mondo.
Sempre di sangue è il sudore
    ma abisso si è fatta l’angoscia.
Sarà sempre così
    fino alla fine ?

Vorremmo...
sorreggerti, vorremmo
ma come
se noi stessi siamo il peso,
che già porti?

E poi siamo stanchi
e le palpebre grevi...
Sonno, falsa innocenza,
alibi subdolo:
«non abbiamo visto niente»!
Sonno di polveri, fumo e siringhe;
di stordimento
e stanchi riti,
e sofisticate distrazioni.

Fra poco
qualcuno di noi ti bacerà
e poi ti lascerà
in balia di sconosciuti,
solo.

Qualcuno almeno, tornerà pentito ?
E saranno ancora le donne 
ad esserti coraggiosamente vicine ?
  
                                                                       Lino Cassi

IL TRIDUO PASQUALE
SECONDO L’ORTO DEGLI ULIVI

Anche in quel tempo era primavera.
Primavera acerba ma già in fiore,
con siepi, giardini ed orti, a far corona
alla Festa di Pasqua ormai vicina.

Dell’enigma di quella notte, nell'oscurità dell’orto,
nulla colsero gli ulivi.
Il lamento e l’angoscia dell’abbandonato,
e il borbottar di uomini nel sonno,
e il calpestio nervoso di gente concitata,
non disturbarono il riposo dei fiori.

Ma quando, a mezzo giorno,
il sole precipitò all'improvviso
e buio orrendo avvolse l’universo
e il tepore meridiano cedette al gelo,
allora ogni albero
e arbusto e foglia e fiore e gemma
sentì su di sé la stretta della morte.
Ma non seppero mai che cos’era successo.

E neppure seppero perché, il terzo giorno,
improvviso calore impregnò la terra...
né quale vita nuova recava con sé
quella sfolgorante aurora.

Ma, a chi è dato, sa,
di riflesso e a mezza luce,
e balbettando confessa,
che la morte non è più l’opposto della vita.
Da quando nel suo vuoto grembo,
un seme altro fu deposto,
nella morte ormai germina la vita.

                                                            Lino Cassi





2 commenti:

  1. "..se noi stessi siamo il peso che già porti". Siamo soli, poveri, stanchi di fronte ad un mistero d'Amore e di Speranza che non riusciamo a comprendere.

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  2. Io ho studiato per 4 anni, alla Cattolica, a Milano, gli esami di Teologia, Morale e Dogmatica. La materia mi ha sempre appassionato, anche perché avevamo un docente abilissimo nel semplificare la materia. Ma nessuno riuscirà mai a capire e a spiegare il mistero della Redenzione, così come avvenne. Bisognerebbe essere in mente Dei. Da creature, accontentiamoci di accettarlo per come si svolse. Tutti i teologi del mondo non fanno che sproloquiare inutilmente.

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