Vasilij Grigor'evič Perov (1833–1882) |
GETSEMANI 2000
(FRAMMENTO)
Che fai, Gesù, nel buio ?
Che fai, solo,
in questa notte duemila
lontano dai tuoi ?
Che fai in questo silenzio,
un tempo rotto soltanto
dall’ululare dei cani
e dall’irridente verso della civetta
e ora dall’urlo impaziente delle ambulanze
e dalle ubriache grida
dei motori ?
Con chi parli,
se parli ?
Chi ascolti,
se ascolti ?
Nell’abisso in cui ti immergi
chi incontri ?
Il Padre, che tu cerchi,
e che ti ama tacendo
o il nemico,
camuffato maestro di menzogna ?
Solitudine,
stretto nell’interminabile corridoio oscuro,
senza sbocchi,
schiacciato dal peso del mondo.
Sempre di sangue è il sudore
ma abisso si è fatta l’angoscia.
Sarà sempre così
fino alla fine ?
Vorremmo...
sorreggerti, vorremmo
ma come
se noi stessi siamo il peso,
che già porti?
E poi siamo stanchi
e le palpebre grevi...
Sonno, falsa innocenza,
alibi subdolo:
«non abbiamo visto niente»!
Sonno di polveri, fumo e siringhe;
di stordimento
e stanchi riti,
e sofisticate distrazioni.
Fra poco
qualcuno di noi ti bacerà
e poi ti lascerà
in balia di sconosciuti,
solo.
Qualcuno almeno, tornerà pentito ?
E saranno ancora le donne
ad esserti coraggiosamente vicine ?
Lino Cassi
IL TRIDUO PASQUALE
SECONDO L’ORTO DEGLI ULIVI
Anche in quel tempo era primavera.
Primavera acerba ma già in fiore,
con siepi, giardini ed orti, a far corona
alla Festa di Pasqua ormai vicina.
Dell’enigma di quella notte, nell'oscurità dell’orto,
nulla colsero gli ulivi.
Il lamento e l’angoscia dell’abbandonato,
e il borbottar di uomini nel sonno,
e il calpestio nervoso di gente concitata,
non disturbarono il riposo dei fiori.
Ma quando, a mezzo giorno,
il sole precipitò all'improvviso
e buio orrendo avvolse l’universo
e il tepore meridiano cedette al gelo,
allora ogni albero
e arbusto e foglia e fiore e gemma
sentì su di sé la stretta della morte.
Ma non seppero mai che cos’era successo.
E neppure seppero perché, il terzo giorno,
improvviso calore impregnò la terra...
né quale vita nuova recava con sé
quella sfolgorante aurora.
Ma, a chi è dato, sa,
di riflesso e a mezza luce,
e balbettando confessa,
che la morte non è più l’opposto della vita.
Da quando nel suo vuoto grembo,
un seme altro fu deposto,
"..se noi stessi siamo il peso che già porti". Siamo soli, poveri, stanchi di fronte ad un mistero d'Amore e di Speranza che non riusciamo a comprendere.
RispondiEliminaIo ho studiato per 4 anni, alla Cattolica, a Milano, gli esami di Teologia, Morale e Dogmatica. La materia mi ha sempre appassionato, anche perché avevamo un docente abilissimo nel semplificare la materia. Ma nessuno riuscirà mai a capire e a spiegare il mistero della Redenzione, così come avvenne. Bisognerebbe essere in mente Dei. Da creature, accontentiamoci di accettarlo per come si svolse. Tutti i teologi del mondo non fanno che sproloquiare inutilmente.
RispondiElimina