Allestita nei nuovi locali espositivi di Via Andrea Costa, nel Palazzo ex Orsoline la mostra "Migranti - La sfida dell'incontro", patrocinata dal Comune e dalla Caritas Diocesana e resa possibile grazie all'impegno del Centro Culturale “Luigi Tamoglia”, si anima con le visite degli studenti delle scuole medie e superiori. Sono loro, gli studenti, i visitatori privilegiati. E’ infatti la Scuola il luogo in cui si gioca la scommessa dell'integrazione, che vuol dire vicinanza culturale, ma soprattutto vicinanza umana e condivisione di speranze.
“Non bisogna mai dimenticare che i migranti, prima di essere numeri, sono persone, sono volti, nomi, storie”. (Papa Francesco)
Questa è una delle scritte che hanno maggiormente colpito i giovani visitatori, abituati, certo, alla multietnicità delle classi, ma non alle storie di orrore raccontate da immagini e interviste, introdotte, in apertura della mostra, da una citazione shock “Scusateci, se non siamo affogati”. Tragedie che qualcuno ha letto in una prospettiva di Speranza: “molti Migranti muoiono di fame, di sete, di freddo e annegati. Secondo me sono pieni di speranza, infatti sanno di rischiare la vita, ma preferiscono tentare, in attesa di un popolo che li accolga e li supporti”.
Se il contesto civile s'interroga sull'opportunità di erigere barriere o muri, nella scuola questo non ha alcun senso, perché i muri non proteggono, non danno sicurezza, ma creano reciproco isolamento, non offrono prospettive di futuro, e il futuro si gioca tutto a scuola.
Perché, allora accompagnare i giovanissimi? Le risposte sono venute proprio da loro. “Questa esposizione, secondo me, sensibilizza molto la gente perché mostra che gli immigrati sono persone proprio come noi.” “I filmati e i pannelli mi hanno fatto capire molte cose sui Migranti ed ho cambiato idea sul loro conto. Credo che ora guarderò la gente in strada con occhi nuovi, pieni di misericordia e con la voglia di aiutare queste persone in difficoltà.” Ancora una volta i piccoli, con la loro innata innocenza, ci insegnano...c’è bisogno di occhi nuovi. “Il migrante -troviamo scritto sul catalogo della mostra- è un uomo che fugge dalla sua terra e si lancia nel vuoto. Occorre un altro uomo che afferri la sua mano”
Seguiamo quindi questo avvenimento con gli occhi dei visitatori più piccoli e capiremo, se ne siamo ancora capaci.
M.D.
I ragazzi delle classi 1^A e 1^D della
scuola Zani raccontano la mostra
La Mostra dei Migranti mi ha colpito molto soprattutto all’inizio, per la scritta SCUSATE SE NON SIAMO AFFOGATI.
Ho capito di più il dolore dei Migranti, perché di solito, quando il telegiornale ne parla, non ascolto tanto. Molto toccante il video con alcune testimonianze.
(Marta, 1^A)
Ho scoperto molte cose che non sapevo sull’argomento ed ho ascoltato le testimonianze delle persone. Mi ha affascinato sapere che anche gli Italiani, non tanti anni fa, sono stati Migranti . Milioni di persone sono andate a cercare lavoro in altri Paesi.
(Lorenzo, 1^A)
Mi hanno colpito molto le interviste, soprattutto quella del ragazzo che con grande fatica ha frequentato il liceo, fino a guadagnare una borsa di studio.
Ho apprezzato questa scritta NON BISOGNA MAI DIMENTICARE CHE I MIGRANTI, PRIMA DI ESSERE NUMERI, SONO PERSONE, SONO VOLTI, NOMI, STORIE. (Papa Francesco)
Grazie per questa opportunità.
(Pietro, 1^A)
Ho cercato di capire quello che provano quelle persone, ma credo sia impossibile. Molte muoiono di fame, di sete, di freddo e annegate. Secondo me sono piene di speranza, infatti sanno di rischiare la vita, ma preferiscono tentare.
(Sara, 1^A)
I video mi hanno aiutato a prestare attenzione e a capire che, dietro ai numeri, le statistiche, le percentuali, le medie annuali, ci sono tante storie di uomini, donne e bambini, storie a volte molto commoventi.
(Anastasia, 1^A)
I Migranti sono persone come noi, però non hanno così tante possibilità. Per trovare una vita migliore attraversano il Mediterraneo su barconi poco sicuri. E’ stato davvero bello sentire le loro testimonianze.
(Luca, 1^A)
La parola ‘immigrato’ spesso viene usata in modo dispregiativo (maleducato, delinquente), ma qui alla mostra ci hanno fatto vedere in modo più completo e ravvicinato le esperienze che quasi tutti gli immigrati devono affrontare, ed ecco che salta subito all’occhio come alcune azioni, dal loro punto di vista, sembrano ovvie o indispensabili.
Mentre ascoltavo le interviste mi sono chiesta come facessero, gli intervistati, a ‘vedere’ le cose ancora positivamente dopo tutto quello che hanno passato. Sicuramente nel loro Paese stavano veramente male per decidere che l’unica speranza fosse emigrare, anche se in modo così pericoloso. Hanno rischiato la vita e, anche se arrivati a destinazione, non sono del tutto sicuri...com’è che fanno?
SCUSATE SE NON SIAMO AFFOGATI, c’è scritto su un pannello. Se la frase è stata veramente pronunciata dagli immigrati, è possibile che sia un segnale per dirci che c’è ancora da migliorare nell’accoglienza e bisogna sbrigarsi perché la percentuale sta aumentando. La mostra indica anche un possibile modo per migliorare nell’accoglienza: l’INCONTRO con gli immigrati che sono intorno a noi, senza pregiudizi, facendosi in quattro per aiutarli.
(Agnese, 1^A)
Secondo me una grande ingiustizia che fa sentire male i migranti (a me questo nome non piace) è essere guardati male, essere giudicati, non avere gli stessi diritti e doveri. Secondo me la gente dovrebbe convincersi che siamo tutti uguali, nessuno è più bello o più bravo di qualcun altro; abbiamo solo abilità e competenze diverse.
Sento alla televisione che i migranti, i profughi sono pericolosi, rubano, uccidono, ma non si può generalizzare, in ogni popolo ci sono gli onesti e i disonesti. Poi penso a tutti quei bambini che forse hanno perso la famiglia, non hanno dove vivere. A chi di noi piacerebbe? A me è capitato e ho sofferto molto per due anni: una ragazza mi disprezzava perché sono di nazionalità diversa. Posso dare un consiglio a chi si trova in questa situazione: non mollare, non ascoltare le offese, vivere la propria vita.
(Maria Karina, 1^A)
La parte più interessante, per me, è quella finale, il filmato in cui tre profughi raccontano la propria esperienza: vivere con la paura di perdere la famiglia, la casa, di non avere di che mangiare.
Ho considerato la visita un po’ difficile da capire, ma anche molto interessante e mi ha fatto comprendere quanto sono fortunato a vivere in un paese senza guerre.
(Andrea, 1^A)
Gli immigrati raggiungono l’Italia in molti modi: con i barconi, con il mercato umano degli ‘spacciatori di uomini’, nascosti nei bauli delle auto e dei tir. Molti muoiono in mare ed altri, pur arrivando in Italia, non trovano lavoro.
A me non piacerebbe fare quelle esperienze ‘dure’, quindi mi reputo un bambino felice e fortunato di avere la mia vita.
(Giancarlo, 1^A)
Mi ha colpito la scritta SCUSATE SE NON SIAMO AFFOGATI e anche l’incontro con il Papa.
(Nicola, 1^A)
La mostra mi ha fatto riflettere su un po’ di cose: non è scontato che tutti abbiano tutto, infatti molti immigrati sono sbarcati in Italia senza casa, cibo, acqua, soldi, coperte...sono sbarcati soltanto con i vestiti che avevano addosso. Eppure, come dice un pannello, NON SONO NUMERI, ma vite che hanno bisogno di aiuto. Adesso però sono un po’ triste, perché magari, mentre io mangio un gelato, qualcuno, su un barcone, sta morendo di fame. Dopo che ho pensato queste cose mi sono convinta che la prossima volta, anziché comprarmi un nuovo paio di scarpe all’ultima moda, posso donare quei soldi a chi non ne ha. Se lo facciamo tutti, ognuno secondo le proprie possibilità, magari quelle persone avranno un futuro.
(Ludovica, 1^A)
SCUSATE SE NON SIAMO AFFOGATI. Questa frase, all’inizio della mostra, mi ha colpito molto, perché significa che noi ‘speriamo’ che loro anneghino per non occuparcene.
I Migranti subiscono situazioni di orrore, di morte: anche chi sopravvive, sicuramente, non dimenticherà.
Qualcuno li reputa una disgrazia e li odia, ma io non capisco...se guardi il volto triste di un bambino disperato e di tanti adulti, come fai ad odiarli? Sono scappati dalle loro terre, hanno perso tutto, da un giorno all’altro, vengono in cerca di un futuro migliore, di un rifugio. Bisogna cercare di mettersi nei loro panni, perché quello che succede a loro potrebbe capitare anche a noi e, se noi aiutiamo loro, loro aiuteranno noi, se ci troveremo nella stessa situazione.
(Sofia M, 1^A)
SCUSATE SE NON SIAMO AFFOGATI. Questa frase, all’ingresso della mostra, spiega bene il dramma che vivono i Migranti nella ricerca di ‘una casa nuova’, poiché nel loro paese c’è guerra e povertà.
I filmati ci hanno illustrato molto bene il problema dell’immigrazione, che riguarda tutta l’Europa, quindi tutti noi.
(Sofia B, 1^A)
Mi ha colpito particolarmente il video che illustra l’arrivo dei Migranti sui barconi: sono gli uni attaccati agli altri, senza cibo né acqua. Viaggiano per giorni e giorni sotto il sole, alcuni non sopravvivono e quelli che arrivano sono stremati, impauriti e sperduti in un luogo tutto nuovo.
(Nicole, 1^A)
Mi hanno colpito le immagini delle persone salvate dalle navi.
(Achraf, 1^A)
Qualcuno odia gli immigrati come se portassero malattie e non capisce che vengono da noi perché scappano dalla guerra. Mi ha impressionato la scritta SCUSATE SE NON SIAMO AFFOGATI.
(Riccardo, 1^A)
Mi sono chiesta perché queste persone debbano soffrire tanto.
Sono felice per la famiglia che ha avuto l’opportunità di andare dal Papa.
(Sofia F, 1^A)
Come mai questi Migranti, arrivati in Italia, devono chiedere soldi? Non si sentono un po’ abbandonati dai loro Paesi?
(Samuele, 1^A)
La mostra rende bene l’idea di come si sentono gli immigrati, grazie ai video e ai pannelli esposti. I filmati presentano anche le storie di immigrati che con la loro famiglia sono in Italia o in altri paesi in cui si trovano bene. Questa esposizione, secondo me, sensibilizza molto la gente perché mostra che gli immigrati sono persone proprio come noi.
(Arianna, 1^A)
Molti dicono che non va bene che tutti questi Migranti vengano in Europa, ma io penso che anche loro abbiano diritto ad una vita migliore. Per capire qual è la cosa giusta da dire e da fare bisognerebbe mettersi nei loro panni. Scappano dai loro amati paesi perché non hanno scelta e accettano il rischio di un viaggio pericoloso in cerca di un popolo che li accolga e li supporti moralmente, ma purtroppo non sempre è così! Vanno aiutati ad integrarsi meglio, perché possano condurre un’esistenza degna di un uomo.
(Emma, 1^A)
Mi sono piaciuti soprattutto i bellissimi e toccanti filmati durante i quali ho provato una forte compassione nel vedere persone che rischiano la vita nella speranza di un’esistenza migliore. Anche i pannelli mi hanno fatto capire molte cose sui Migranti ed ho cambiato idea sul loro conto. Credo che ora guarderò la gente in strada con occhi nuovi, pieni di misericordia e con la voglia di aiutare queste persone in difficoltà.
(Francesco, 1^A)
I migranti sono persone come noi
(Ilaria, 1^D)
I migranti sono persone come noi e non va dimenticato!
(Antonino, 1^D)
E' stata una mostra interessante e commovente. Consiglio di andare a vederla per informarsi e per conoscere meglio la verità.
(Giulio, 1^D)
O preferiamo così? |
Il catalogo della mostra, curato da Giorgio Paolucci e con la prefazione di S.E. Nunzio Galantino, Segretario generale della CEI, riproduce ed arricchisce l’esposizione, integrandone i contenuti.
Sabato 8 aprile alla ore 11 è previsto l'incontro con il giornalista Giorgio Paolucci presso i Nuovi Spazi Espositivi del Palazzo Orsoline in Via Andrea Costa 8.
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