- un'introduzione;
- il riconoscimento del senso religioso nella vita di ciascun uomo;
- la stima riservata alle genti dell'islam;
- il vincolo che lega il Cristianesimo all'ebraismo;
- il principio della fratellanza universale e dell'amore.
Questo intervento per la giornata della memoria è dei monaci di Vidalenzo.
Nostra Aetate: Una Svolta Epocale, Ma Quanto Abbiamo Realmente Imparato?
L'Olocausto rappresenta una cicatrice indelebile nella storia dell'umanità, un evento che ha ridefinito i confini del male e della sofferenza. Questo genocidio, che ha portato all'annientamento di sei milioni di ebrei e milioni di altre vittime, ci sfida a riflettere sul significato dell'esistenza umana, della moralità e della fede.
H. Arendt, nel suo studio sulla "banalità del male", ci ha mostrato come le atrocità possano essere commesse non solo da fanatici, ma anche da individui ordinari che, seguendo ordini senza riflessione morale, diventano strumenti del male. Questo concetto ci porta a interrogare la natura dell'etica e della responsabilità individuale. Come possiamo prevenire che persone comuni diventino complici di tali orrori? La risposta risiede forse in una costante vigilanza etica e nell'educazione alla riflessione critica.
Dal punto di vista biblico, la Shoah può essere vista come una frattura devastante nell'alleanza tra Dio e il popolo ebraico. Nella tradizione ebraica, l'alleanza è un patto sacro basato su amore, fedeltà e giustizia. La Shoah, con la sua brutalità senza precedenti, mette in discussione la fede stessa. Come può un Dio giusto permettere tale sofferenza? Questa domanda ha tormentato teologi e credenti, spingendoli a trovare nuovi modi di comprendere la fede in un mondo segnato dal male.
Quel Dio che parla bocca a bocca con l'uomo (Es 33,11), che ascolta il grido di Israele e lo conduce fuori dall'Egitto verso una terra promessa, si scontra con uno scoglio mostruoso nell'Olocausto. È un Dio che guida il suo popolo nel deserto come una sposa, un Dio che ama con gelosia e che ha promesso irrevocabilmente la sua fedeltà. Tuttavia, di fronte alla Shoah, queste promesse sembrano infrangersi contro il mostro del male assoluto, un mostro più temibile del Leviatan.
Alla luce, o meglio, al buio della Shoah, diviene più urgente e necessario educarci al dialogo, in particolar modo al dialogo tra cristiani ed ebrei. Comprendere e imparare dagli orrori del passato è un'impresa ardua, ma essenziale per costruire un futuro migliore. Come sottolinea F. Fabrizi, è fondamentale liberare Dio dalla propria ragione, permettendo alla fede e alla spiritualità di guidare un dialogo autentico e profondo (F. Fabrizi, Liberare Dio. Dal Dio della ragione al Dio dell’alleanza biblica).
L'Olocausto ci impone un dovere morale: ricordare. Ricordare le vittime, ricordare le atrocità, ricordare l'abisso in cui può cadere l'umanità. La memoria non è solo un atto di rispetto verso chi ha sofferto, ma un imperativo etico per prevenire future atrocità. La storia della Shoah ci insegna che il male può manifestarsi in molte forme e che la nostra responsabilità è quella di riconoscerlo e combatterlo in ogni sua espressione (D. Wess Halivni, Alleanza scossa ma non rimossa).
Nonostante l'orrore dell'Olocausto, la resilienza del popolo ebraico e la loro capacità di ricostruire e rinnovare la loro fede e cultura rappresentano un potente segno di speranza. È un promemoria che, anche nei momenti più bui, l'umanità può trovare la forza di risorgere e ricreare un senso di giustizia e dignità.
"Il male non è una forza autonoma, ma una distorsione della volontà umana che si allontana dalla comunione con Dio" (C. Yannaras, The Freedom of Morality).
H. Jonas, nel suo saggio "Il concetto di Dio dopo Auschwitz", affronta la questione dell'imperdonabile. Jonas sostiene che l'orrore della Shoah ha messo in discussione il concetto stesso di Dio nella tradizione ebraica. Egli afferma: "Dopo Auschwitz, non possiamo più parlare di Dio come prima. La Shoah ha rivelato un abisso di male che sfida la nostra comprensione e la nostra fede" (H. Jonas, Il concetto di Dio dopo Auschwitz). Jonas sottolinea che il male assoluto della Shoah non può essere perdonato né dimenticato, e che la memoria di questo orrore deve essere preservata come un monito per l'umanità (H. Jonas, Il concetto di Dio dopo Auschwitz).
P. Ricoeur, nel suo lavoro "La mémoire, l'histoire, l'oubli", esplora il concetto di oblio e narrazione come strumenti per progettare il futuro. Ricoeur sostiene che la memoria è essenziale per evitare che gli orrori del passato cadano nell'oblio e per costruire una narrazione che permetta di comprendere e affrontare il male. Egli afferma: "La narrazione è il mezzo attraverso il quale possiamo dare senso al tempo e progettare un futuro che non ripeta gli errori del passato" (P. Ricoeur, La mémoire, l'histoire, l'oubli).
L'Olocausto è un dramma imperdonabile, un evento che sfida la nostra comprensione del male e della fede. Ma è anche un potente monito sulla necessità di vigilanza morale e di memoria. Solo attraverso la comprensione profonda di questo evento possiamo sperare di costruire un futuro in cui tali atrocità non si ripetano mai più.
Il Concilio Vaticano II ha segnato una svolta epocale nel dialogo interreligioso, in particolare con la dichiarazione Nostra Aetate, promulgata il 28 ottobre 1965. Questo documento ha rappresentato un importante passo avanti nel promuovere il dialogo e la comprensione tra la Chiesa cattolica e le altre tradizioni religiose, riconoscendo i valori presenti nelle altre religioni e condannando fermamente ogni forma di discriminazione (B. Salvarani, La svolta. Sul dialogo ebraico-cristiano).
Prima del Concilio Vaticano II, la Chiesa cattolica era caratterizzata da un forte conservatorismo e rigidità dottrinale. La liturgia veniva celebrata in latino e l'accesso ai sacramenti e ai ruoli nella Chiesa era strettamente regolamentato. Questo periodo, noto anche come l'epoca pre-conciliare, era segnato da una netta distinzione tra cattolici e non cattolici, con una prevalente visione negativa verso le altre religioni. Gli ebrei, in particolare, erano spesso visti come responsabili della morte di Cristo, un'accusa che risale ai tempi del Medioevo (B. Salvarani, La svolta. Sul dialogo ebraico-cristiano).
Tuttavia, nel XX secolo, vari fattori hanno iniziato a trasformare questa visione. Gli orrori della Seconda Guerra Mondiale, in particolare l'Olocausto, hanno spinto la Chiesa cattolica a riflettere sul suo ruolo e sulle sue responsabilità nel promuovere l'antisemitismo e la discriminazione. Inoltre, l'emergere del movimento ecumenico ha incoraggiato un maggiore dialogo tra le diverse confessioni cristiane e con altre religioni. Questi cambiamenti socio-politici e culturali hanno spianato la strada al Concilio Vaticano II, convocato da Papa Giovanni XXIII nel 1962. Il Concilio aveva l'obiettivo di aggiornare la Chiesa e renderla più aperta e dialogante con il mondo moderno (B. Salvarani, La svolta. Sul dialogo ebraico-cristiano).
Durante il Concilio, uno dei temi principali era il miglioramento delle relazioni con le altre religioni. La dichiarazione Nostra Aetate, promulgata il 28 ottobre 1965, è frutto di questo rinnovato impegno. Il documento rappresenta un importante passo avanti nel promuovere il dialogo interreligioso e la comprensione tra la Chiesa cattolica e le altre tradizioni religiose. Nostra Aetate riconosce i valori presenti nelle altre religioni e condanna fermamente ogni forma di discriminazione. In particolare, sottolinea l'importanza delle radici comuni con l'ebraismo e rifiuta categoricamente l'antisemitismo (B. Salvarani, La svolta. Sul dialogo ebraico-cristiano).
A sessant'anni di distanza, ci troviamo in un'epoca matura del dialogo interreligioso, anche se rimane ancora molta strada da fare per sradicare l'antigiudaismo e i pregiudizi radicati nella mentalità cattolica. Questo progresso, pur difficile, segna un nuovo capitolo nella teologia e nell'ecclesiologia, elementi fondamentali per qualsiasi dialogo. Come affermato dal cardinale Martini, è cruciale riconoscere il profondo legame con il gregge di Abramo (B. Salvarani, La svolta. Sul dialogo ebraico-cristiano).
Il dialogo cristiano-ebraico, nato dopo secoli di disprezzo e sostituzionismo, è delicato e costoso, risultando più complesso rispetto al dialogo ecumenico e interreligioso. Il paragrafo 4 di Nostra Aetate mette in luce l'importanza di questo dialogo, sottolineando il legame spirituale tra la Chiesa e la stirpe di Abramo. Paolo De Benedetti descrive questo dialogo come un "balbettio necessario", un confronto della Chiesa con se stessa di fronte a Israele (B. Salvarani, La svolta. Sul dialogo ebraico-cristiano).
In conclusione, il dialogo interreligioso e la riflessione sulla Shoah sono fondamentali per comprendere e recuperare la frattura tra Dio e l'uomo. Attraverso un rinnovato concetto di alleanza e una profonda riflessione sulla preghiera, è possibile costruire un futuro di comprensione e rispetto reciproco tra le diverse tradizioni religiose.
Come ha detto Papa Francesco:
"Ricordare è condizione per un futuro migliore di pace. Non ci può essere impegno nella costruzione di un futuro migliore senza ricordare il passato" (Papa Francesco, Discorso al Memoriale di Yad Vashem, 26 maggio 2014).
25 Gennaio 2025
Massimo Cavallaro
I monaci di Vidalenzo
Nessun commento:
Posta un commento