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Il relatore Manuela Catarsi con il prof. Guglielmo Ponzi |
Presupposti per la costituzione di un Museo Archeologico locale
Nell'Aula Magna dell'Università della Terza Età (UNITRE) nell'ex Collegio dei Gesuiti l'archeologa Manuela Catarsi sovrintendente per i Beni Archeologici dell'Emilia Romagna ha tenuto la prima di un ciclo di conferenze dedicato al nostro territorio.
Questo primo incontro voleva porre l'accento sulla storia dell'antropizzazione dell'area dell'Emilia occidentale corrispondente grosso modo al bacino del torrente Stirone. Particolare attenzione è stata posta nell'illustrare le varie tipologie di oggetti (reperti) che il nostro territorio ha restituito nel corso dell'ottocento e del novecento che dovrebbero formare la dotazione del Museo Archeologico più volte auspicato ma mai decisamente portato a compimento. Attualmente questi preziosi materiali "ingombrano" i locali della sovrintendenza e non sono affatto valorizzati.
Le prime testimonianze di presenza di gruppi umani organizzati del nostro territorio risale infatti al Neolitico del quinto millennio a.c. cui sono ascrivibili la accette levigate ed altri reperti che testimoniano un legame con il contesto delle popolazioni liguri. L'Età del Bronzo vede il fiorire degli insediamenti terramaricoli di Castellazzo di Fontanellato, Cabriolo, Castelnuovo Fogliani e di Castione Marchesi, quest'ultima riveste il massimo interesse e potrebbe nascondere ancora evidenze archeologiche interessanti se si indagasse nel rilievo di terreno su cui poggia l'abbazia medievale. I reperti di questo periodo testimoniamo scambi più vasti per la presenza di dischi d'ambra di provenienza nord europea.
L'Età del Ferro si caratterizza per i resti di villaggi in una vasta area pre-collinare e collinare, sono i ritrovamenti abbastanza recenti, parliamo del villaggio nell'area del nuovo ospedale civile e di quello delle Case Nuove di Siccomonte. Da quest'ultima località abbiamo reperti che indicano la lavorazione locale del metallo di provenienza in parte dalle miniere di Rigollo. Tutto sta ad indicare che il territorio era un territorio di frontiera tra l'area più propriamente etrusca della pianura e quella ligure delle montagne. La presenza dei celti è invece documentata dalle ceramiche di Piazza Matteotti a Fidenza.
In epoca romana lentamente Fidenza acquistò importanza per la sua collocazione lungo la via Emilia. Le testimonianze diventano numerose ed importanti per culminare nel ritrovamento della Tabula patronatus ritrovata a Campore di Salsomaggiore che attesta che, alla metà del IV° secolo d.C. Flavia Fidentia è municipium.
Il recupero di questo reperto è dovuto all'opera del professor Guglielmo Ponzi, presente in aula.
A questo periodo seguiranno secoli bui in cui di Fidenza si perderà anche la memoria e le vicende successive avranno uno sviluppo attorno alla figura del patrono della città, San Donnino, per culminare nella chiesa dedicata al santo, il nostro duomo.
Sarà sempre e comunque un percorso di "morte e rinascita" come in chiusura ci dice il prof. Ponzi citando il fidentino prof. Claudio Saporetti.
Sono infatti del prof. Ponzi le ultime parole che, riallacciandosi alla proposta del relatore di dar finalmente corso al progetto di un Museo Archeologico in Fidenza, ne ribadisce l'importanza per la città ed il suo territorio.
Il rettore Romano Artusi da il benvenuto a relatore e pubblico. |
Una parte dell'Aula Magna durante la conferenza. |
Ero presente e ricordo bene quanto disse l'Archeologa. Se da una parte Fidenza è ricca di reperti preziosi per una storia del passato, è altrettanto vero che questo bene va conservato con un'attenzioni che duri nel tempo altrimenti meglio lasciare che la terra continui a ricoprire e a salvaguardare il tutto ( per tempi migliori!).
RispondiEliminaCitò a tale proposito "le Capanne"e la loro conservazione, prospettando, se non ricordo male, l'eventualità di un nuovo interramento se non adeguatamente mantenute sotto osservazione.