In Emilia Romagna abbiamo 17 parchi (2 nazionali, 14 regionali, uno
interregionale), 16 riserve naturali, 3 paesaggi naturali e
seminaturali protetti, 33 aree di riequilibrio ecologico, a cui si
aggiungono i 153 siti della Rete Natura 2000 che coincidono per circa
il 50% con i territori delle aree protette. Complessivamente parliamo di oltre 350.000 ettari, circa il 15% della superficie
dell’intera regione. 
La riorganizzazione del sistema che la regione intende attuare prevede cinque macro-aree così individuate:
“Emilia
Occidentale”: superficie protetta 13,7%, che comprende: 5 parchi
regionali, 4 riserve naturali, 37 siti di rete natura, 3 province
(PC, PR, RE), 24 Comuni.
“Emilia Centrale”:
superficie protetta 10,7%, che comprende: 2 parchi regionali, 5
riserve naturali, 33 siti di rete natura, un paesaggio protetto, 3
Province (PR, RE, MO), 10 Comuni.
“Emilia Orientale”:
superficie protetta 11,1%, che comprende: una riserva naturale, 23
siti di rete natura, 2 Province (MO, BO), 12 Comuni.
“Delta del Po”:
superficie protetta 20,8%, che comprende: un parco regionale, 2
riserve naturali; 33 siti di rete natura; un paesaggio protetto, 3
Province (FE, RA, BO), 9 Comuni;
“Romagna”:
superficie protetta 7,2%, che comprende: un parco regionale,
3 riserve naturali;
25 siti di rete natura, un paesaggio protetto, 4 province (BO, FE,
RA, RN), 6 Comuni.
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| Parco Regionale dello Stirone e del Piacenziano | 
Un primo incontro di presentazione della riforma è avvenuto il 28 novembre ha visto la presenza di sindaci, assessori comunali e provinciali, rappresentanti di associazioni imprenditoriali, associazioni degli agricoltori, associazioni ambientaliste, sindacati, guardie ecologiche, speleologi, Enti di gestione dei Parchi. Un resoconto più completo dell'incontro è alla pagina: bolognanotizie/tutti-i-dubbi-sulla-riforma-della-rete-natura-2000
Notevoli timori vengono avanzati dalle associazioni ambientaliste in un documento congiunto che riportiamo da "bolgfidentino"

Il futuro dei Parchi in Emilia-Romagna è a rischio e la nuova 
legge che la Regione intende approvare non dà le garanzie necessarie alla 
tutela del grande patrimonio naturalistico oggi in gioco.
Questo in 
sintesi il senso delle osservazioni presentate dalle associazioni 
ambientaliste Legambiente, LIPU e WWF all'udienza conoscitiva svoltasi oggi 
presso la Regione.
Le aree protette dell'Emilia Romagna soffrono le pressioni 
di un territorio che negli ultimi trent'anni da un lato ha visto un 
progressivo abbandono di molte aree con relativa perdita di biodiversità, e 
dall'altro ha dovuto sostenere uno sviluppo economico sempre più forzato 
dalla competizione internazionale, senza tuttavia poter contare su un 
corrispondente incremento della percentuale di territorio protetto (un misero 
8% a fronte dell'11 % nazionale e un obiettivo globale del 17%), o di 
personale dedicato e strutture adeguate per raggiungere gli obiettivi 
di frenare il consumo di suolo.
Oggi parchi e riserve in Emilia-Romagna 
costano circa 10 milioni di euro all'anno, suddivisi tra Regione, Province, 
Comunità Montane e Comuni. Con questi soldi vengono svolte 
moltissime attività: pianificazione, amministrazione, manutenzione, 
vigilanza, progettazione, gestione della fauna e tanto altro, su circa 
153.000 ettari di territorio. Sul bilancio della Regione le aree protette 
hanno un peso pari allo 0,03%: pari a 2 euro e 25 centesimi all'anno per 
abitante. Lo stesso costo annuale di tutte le aree protette regionali 
equivale a 200 metri di una delle tante nuove autostrade che stiamo per 
finanziare sullo stesso territorio.
È sulla tutela della natura che potremo 
ottenere dei risparmi significativi, o piuttosto non rischiamo di perdere un 
patrimonio che vale, anche in termini economici, molto di più di quello che 
oggi spendiamo per proteggerlo?
Le associazioni avevano già chiesto di 
trovare nuove forme di finanziamento dei parchi, ma la nuova legge, 
presentata a ridosso della scadenza per la sua approvazione, senza consentire 
un reale confronto alle parti in causa, sembra al contrario preoccuparsi di 
bloccare qualsiasi adeguamento della dotazione di personale.
Così il nuovo 
sistema potrà contare su 78 addetti: un dipendente ogni 3.641 ettari di 
territorio protetto. Il personale addetto alla vigilanza sarà invece di un 
guardiaparco ogni 40.000 ettari, corrispondenti al triplo dell'intero comune 
di Bologna, ma distribuiti in. modo molto più sparso.
La Regione non ha 
ancora spiegato il motivo per cui ha scelto la strada complicata ed incerta 
di cinque nuove "macroaree", senza alcun legame reale con l'ambiente e il 
territorio, anziché affidarsi a criteri scientifici e più' adeguati ai fini 
della conservazione della natura. La cosiddetta "riorganizzazione" dei parchi 
assomiglia più ad una "disorganizzazione", soprattutto se saranno confermate 
la possibilità delle Province di non trasferire alle "macroaree" le 
proprie funzioni di gestione dei Siti Natura 2000, e l'esclusione dagli enti 
di gestione delle associazioni ambientaliste e di altre 
categorie.
Legambiente, LIPU e WWF, consegnando le proprie osservazioni alla 
Regione e accogliendo positivamente l'istituzione del Parco del Secchia, in 
attesa di capire nel concreto se la conservazione della natura troverà la 
giusta dimensione nelle "macroaree", auspica che almeno si ponga rimedio 
subito ai "macroerrori".
Bologna, 
29.11.2011
WWF
LIPU
Legambiente
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| Questa e le altre immagini riguardano il  Parco dello Stirone in località San Nicomede  | 





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