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mercoledì 3 aprile 2013

25 aprile 2013, giornata di che?

Balcani, 1942

Una lettera che è anche il "mea culpa" di una generazione. Possiamo leggerla anche così la lettera aperta che il prof. Franco Bifani ha inizialmente indirizzato via WEB al Sindaco in vista delle manifestazioni che hanno il loro culmine il 25 aprile. La proponiamo più sotto togliendo, col consenso dell'autore, i riferimenti personali.

Indirettamente e casualmente una risposta parziale è, nel frattempo, arrivata. Il comune infatti ha promosso una Ricerca sui Luoghi della Resistenza. Un approccio abbastanza nuovo così presentato dall'assessore alle Politiche scolastiche ed educative del Comune di Fidenza, Pier Luigi Zanettini: ".. è al tempo stesso un progetto storico, educativo e civico che va a rinsaldare il senso di appartenenza della comunità. I ragazzi potranno conoscere la storia del nostro territorio per comprendere un periodo storico drammatico e complesso come quello della Seconda Guerra mondiale; sarà una presa di coscienza fondamentale per trasmettere ai cittadini di domani quei valori che sono alla base della nostra Costituzione".


Berlino, 1945

La lettera

Il 25 aprile che verrà, anche se manca ancora un mese, sarà, io credo, molto triste, lacero e dimesso; chi commemorerà chi? Ancora una volta, a Fidenza, come in tutte le piazze d'Italia, solamente in quel giorno, e solo per un breve tempo, si rivedranno i sindaci con fascione tricolore, labari, gagliardetti, bandiere,stendardi, stancamente e fiaccamente sorretti e tenuti alti, ancora con residuo ed ammirevole orgoglio, dai sempre più rari ultraottantenni, ex-partigiani, fermi ed ancorati nei loro ricordi, sempre più lontani, sempre più estranei ai pochi partecipanti alla cerimonia commemorativa. Ci saranno, forse, la banda, che intonerà l'Inno di Mameli, e poi l'immancabile “Bella, ciao!”, e qualcuno che andrà alla ricerca mnemonica delle parole.
I giovani presenti, di solito impegnati solo nel rivestirsi di abiti griffati e di munirsi di Smartphone e dintorni, che ne sanno di quanto avvenne quasi un secolo fa, dal 1922 al '45? Chi gliene ha mai parlato, a casa o a scuola? Ci sarà sempre qualcuno che, di malavoglia, dovrà salire su un palco, a sbraitare ed a sciorinare slogans, a base di antirassismo, antifassismo e di rispetto della Costitussione. I medesimi, spesso, che se ne ricordano solo il 25 aprile e poi calpestano tutto quanto ho citato, per il resto dell'anno. Non parliamo poi dei fervorini di politici, appunto in politichese, che ci scodelleranno la solita minestrina riscaldata e l'usuale manfrina, e che se ne tornano poi a casa loro, belli quacchi quacchi, dopo aver interpretato e sceneggiato la loro breve comparsata. Non sarebbe meglio che tutti coloro che veramente ricordano le tragiche, drammatiche vicende della Resistenza - non però quella ridotta al solo biennio '43-'45, ma quella iniziata già nel '19 e che ha percorso tutto il Ventennio famigerato-, che tutti costoro, io dico, invece di sproloquiare, per alcuni minuti, in pubblico, per ostentare il loro coda antifascismo della domenica, vivessero veramente onorando le migliaia di poveri ragazzi, morti per la libertà, la loro, soprattutto, in montagna, per le strade delle città, nelle bieche ed infami galere nazifasciste?
In quale modo? Mettendo in opera ed in pratica, ogni giorno, anche se dovesse costare, senza arretrare mai, i valori ed i concetti, virtuali e virtuosi, di libertà, di democrazia, di tolleranza, di amore per il prossimo, anche e soprattutto se è in opposizione totale con il tuo pensiero. Concretando, da gennaio a dicembre, il rispetto e la stima per chi se lo merita, il disprezzo e la lontananza da chi contravviene alle regole del vivere civile e sociale, a qualsiasi etnìa, fede religiosa e politica esso appartenga.
Facciamo sì che tutti coloro che hanno dato la vita, morti ammazzati, dopo infami torture, nei modi più orribili, non debbano pentirsi e rammaricarsi di essersi sacrificati inutilmente. Non servono le corone di fiori e d'alloro, deposte sui cippi e sui monumenti, dedicati agli eroi della Resistenza, fermi per un minuto, con le manine sulle pudenda, se poi ne tradiamo gli ideali, in modo cronico ed acuto. Se ho scandalizzato, o se ho suscitato l'ira funesta di qualcuno, allora confesso che, essendo io nato il 9 aprile del '45, quindi ancora repubblichino e sub Benito, chissà, mi sarà rimasto addosso qualche schizzo di fango fascistoide... Ai postisti, non ai posteri, di cui nulla mi cale, l'ardua sentenza. Non pretendo risposte circostanziate. Un saluto da Franco Bifani, dal medesimo istesso nomato quale Se-Bastian Contrario. SE, prefisso a Bastian, nel senso che è d'uopo porre tutto al condizionale, anche sperando nella condizionale, nel caso che qualcuno voglia querelarmi, all'Anpi, all'Alpi, agli Appennini o alle Ande.

Franco Bifani







4 commenti:

  1. Prof. Bifani,

    come avrai appreso anche tu, da Ambrogio, l'Assessore Zanettini si è mosso per fornire ai giovani una maggior conoscenza della nostra storia di quel periodo. Penso, altresì, che le corone di fiori e di alloro sui cippi, non siano oggetti di poco conto, come credo che non tutti i giovani indossino abiti griffati e non tutti i politici sproloquino per ostentare chissà ché. La simbologìa non è una cosa aberrante che ci allontana dal vero, ma è (a mio modesto avviso) una esigenza espressiva a volte molto utile. Pensa se, i nostri giovani, oltre a non vedere il retto comportamento che tu, giustamente, auspichi da parte di tutti, non vedessero neppure un simbolo, un gesto, un emblema, una formula? Resterebbero nel buio più totale. Sai cosa desidererei io, tra le altre cose? Sapere la verità, ma me ne andrò senza conoscerla. Quanto meno, dovrò accontentarmi di quelle centinaia di verità che, sin da piccolissima, ho ascoltato suonare da diverse campane.

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  2. PENSO CHE, SIA MOLTO IMPORTANTE RICORDARE, FAR SAPERE ALMENO IN PARTE L'ORRORE DI QUEGLI ANNI. ANCHE CON UNA MAGLIETTA GRIFFATA SI PUò PROVARE RIBREZZO PER LE VIOLENZE E LE NEFFANDEZZE DI QUEI MOMENTI.

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  3. Clary,la verità su questi eventi la si evince confrontando e sfrondando tutti i racconti,le testimonianze, gli aneddoti ed i ricordi, dell'una e dell'altra parte. Io ho ascoltato ed ho fatto ascoltare, ai miei alunni, pur tacciato di "comunista" e quindi di corruttore della gioventù da tanti colleghi, perbenisti e benpensanti, quanto icordavano i vecchi partigiani di Salsomaggiore, dal Grìs, a Ziliani, Orighi, Marcoaldi, il grande Riboloni, Mainardi ed altri di non ricordo più il nome. Venivano a scuola, modesti ed umili, Riboloni mi salutava sempre con un "Oh, prufesùr!". E fin da piccolo, essendo collega ed amico di mia madre, sentivo Cosenza Trasibulo parlare della Resistenza; ed ho conosciuto anche Gracco Leris, una volta, durante una riunione sulla Resistenza, e mi aveva fatto dono di un suo libro. Un mio alunno, chiese, una volta, a Mario Riboloni, che differenza poteva porre tra i partigiani ed i brigatisti neri; lui mi guardò bene in faccia, con quei suoi occhi di un azzurro intenso. E poi si limitò a rispndere che anche loro avevano fatto degli sbagli, che c'erano stati dei partigiani disonesti e delinquenti, puniti, però, dai compagni; ma che le porcherie dei fascisti, loro, non le avevano mai nemmeno immaginate. A me, quel che non va giù, è l'ostentazione, Clary, di soli simboli, quando poi si allargò l'amnistia per i delitti politici anche a dei fascistoni infami; quando si aprì il famoso "armadio della vergogna", per poi richiuderlo con le ante al muro, perchè faceva comodo così a tutti. E non ho mai capito nemmeno come si dimenticassero, o si ricordassero di malavoglia, tutti i soldati dell'Esercito Regio di allora, mandati a morire in Albania, in Grecia, in Russia, in Francia,nel Nordafrica, ed i martiri di Corfù e Cefalonia, solo perchè non erano morti sui monti italici, da partigiani DOC. Ciò solo perché c'era chi asseriva che erano soldati del regime;come se avessero scelto loro di andare a morire, a 20 anni, in una guerra assurda, per non venire fucilati dai CC, come disertori. Alla festa degli Amici della Lucania, all'ex-Macello, nel frastuono generale, avevo ascoltato Roberto Frati, che ricordava le sue imprese da partigiano, su per i monti del Parmense; ero l'unico, però, gli altri pensavano solo a sgagnare e a tracannare, e non se lo filavano per niente. Maria Luisa, al ricordo, griffati o meno, facciamo anche seguire le azioni. Se io mi ricordo che devo dare l'acqua ai fiori, ma poi mi dimentico di annaffiarli regolarmente, le pianticelle muoiono, giorno dopo giorno.

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  4. Mi scuso con l'interessato, Renato Frati, che io ho chiamato Roberto; Frati, ti ricordo con affetto, e spero di poterti incontrare di nuovo, per proseguire la nostra chiacchierata. Scusa l'errore, ma sai, sto invecchiando anch'io, ogni tanto soffro di qualche botta di memoria.

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