mercoledì 21 maggio 2014

Trattato su Cultura e Vecchiaia di Franco Bifani

Questa che potreste chiamare "esercitazione senile" è di Franco Bifani, persona istruita, intelligente ma ahimè vecchia. Nasce questo articolo anche come reazione al mio post "La cultura a Fidenza deve tornare giovane", e sapete quanto i vecchi sono testardi nel non voler fare la loro parte e farsi da parte. 
Non è solo dei politici questo vizio ma anche dei produttori di cultura. 

Noto che una generazione separa i candidati (quasi tutti) da quelli precedenti che si sono affrontati nel 2009 e che, quasi tutti, non hanno vissuto gli anni della contestazione del 1969 in cui politica e cultura s'intricarono l'una con l'altra. 
Questo è positivo anche se ha dei rischi.
Spiegata così l'arcana genesi di questo scritto possiamo rilassarci e leggerlo.
A.P.

Cato Biffus, De senectute

Franco Bifani
Questo scritto mi è stato introdotto, ma solo nelle vie superiori, dalle parole di Claretta e di Ambrogio -nelle loro considerazioni personali su conoscenza e cultura- che esprimono lodi per l'erudizione e la sapienza, e ne demandano la conservazione e l'arricchimento soprattutto ai giovani. 
Cato Biffus il Vecchio, giunto all'ultimo degli anni suoi 60, inizia così la sua incazzatissima argomentazione: prende in esame le critiche, comunemente rivolte alla vecchiaia e, francescanamente umile e modesto, non le confuta, con esempi tratti dalla storia della sua miseranda vita. 
Le accuse esaminate sono: la debolezza e decadenza fisica, che lo opprime dai 24 anni in poi, con recenti recrudescenze; l'attenuarsi delle capacità intellettive, che lo portano a redigere opere come la presente e viva; l'impossibilità di godere dei piaceri dei sensi, come nei suoi vent'anni; la bizzarria del carattere e l'alienazione mentale, in crescendo galoppante, con un letto già prenotato nel reparto del dottor Montanari.
Cato riconosce tutti questi handicaps, perversamente in lui radicati ed accumulati, dalla nascita fino alla giornata in corso.
La conversazione approda, con naturalezza, al tema della cultura e della chiamata in causa dei giovani, per coltivarla, concimarla quotidianamente, con fertilizzanti esclusivi, arricchirla, con nuove specie di biotipi, e per trasmetterla ai posteri della città di Borgo. 
Cato, dopo aver osservato che la cultura o è il nulla (e in tal caso tutto è da temere), o significa una vita migliore per chi è vissuto di essa nutricandosi, digerendola, metabolizzandola e catabolizzandone gli elementi deteriori. Infine, riflette, è contrario all'esperienza di affidare l'eredità culturale solo alla gioventude: tanti giovani vedono la loro cultura fiorente stroncata dai cosiddetti mass-media, dalle TV, dai tablets, dagli Ipad, Iphone e SmartPhone.
Infine, Cato passa al tema dell'immortalità della cultura. Richiama, per sommi capi, le dottrine marxiste e marxistoidi su di essa, e le perverse manipolazioni da parte di intellettualoidi, radical-chic, acculturati di nicchia, parolai, pennivendoli e scribacchini da vetrina e da parata. Confessa il suo amore, ricambiato, per i classici greci e latini e gli autori dell'Umanesimo e del Rinascimento, giungendo fino ai poeti e prosatori dell'800 e del '900, con le dovute precauzioni ed esclusioni, per alcuni di essi. Invita, chi non la conoscesse, alla disamina della splendida ed inimitabile lettera di Machiavelli a Francesco Vettori. 
Immortalità della cultura
Quindi espone altri argomenti a favore della cultura, carburante necessario, ineludibile ed improrogabile, onde, per chi ne è fornito, l'intelletto funzioni correttamente e produca risultati, o fall-out, positivi, costruttivi, progressivi ed alternativi. 
A proposito del famoso motto latino, Rem tene, verba sequentur, ossia, Conosci -bene!- le cose, le parole seguiranno, teme assai che, specie dal '68 in avanti, che ha partorito branchi di asini da 6 politico, ben pochi conoscano la Rem, per cui ne seguono parole vuote, bolle di sapone, aria fritta e rifritta, soprattutto in politichese ed in linguaggio intellettualoide. 
Conclude che è proprio degli spiriti nobili e saggi attendere alla cultura, con animo zelante, acuto, laborioso, instancabile,costituendo così un esempio per la maggioranza degli uomini, solitamente alieni od avversi alla Conoscenza, anche se non ai limiti del correre con la mano al revolver, come Hermann Goering; Carlo Magno imparò a leggere, anche se stentatamente, ad 80 anni. 
Augura infine, agli amici ed ai nemici, di poter raggiungere l'età avanzata, anche da pasti non correttamente consumati, e quindi di provare, per esperienza, ciò che hanno appena appreso dalle sue parole, costituenti il Quinto Evangelio, apocrifo, apodittico, apocalittico ed apoplettico. 

Fausto Maria Pico
Il libro,stampato in caratteri bodoniani, originali ed esclusivi, è in fase di pubblicazione, ed uscirà, nelle librerie borghigiane, L'Ippopotamo e La Senile Talpa, ma anche nelle edicole, in fascicoli, -Caino Editore -Hobby &Pork- Cacchette- Amarena Fabbri -De Ferragostini-. non prima del 2030, ossia postumo, onde evitare all'autore tremende vendette, soprattutto da parte di Fausto Maria Pico, che si sentirebbe defraudato del suo esclusivo ruolo di sommo vate e poeta locale.

Marcus Tullius Ciciarone Biffus 

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