Questa che potreste chiamare "esercitazione senile" è di Franco Bifani, persona istruita, intelligente ma ahimè vecchia. Nasce questo articolo anche come reazione al mio post "La cultura a Fidenza deve tornare giovane", e sapete quanto i vecchi sono testardi nel non voler fare la loro parte e farsi da parte.
Non è solo dei politici questo vizio ma anche dei produttori di cultura.
Noto che una generazione separa i candidati (quasi tutti) da quelli precedenti che si sono affrontati nel 2009 e che, quasi tutti, non hanno vissuto gli anni della contestazione del 1969 in cui politica e cultura s'intricarono l'una con l'altra.
Questo è positivo anche se ha dei rischi.
Spiegata così l'arcana genesi di questo scritto possiamo rilassarci e leggerlo.
A.P.
Cato
Biffus, De senectute
Franco Bifani |
Questo
scritto mi è stato introdotto, ma solo nelle vie superiori, dalle
parole di Claretta e di Ambrogio -nelle loro considerazioni personali
su conoscenza e cultura- che esprimono lodi per l'erudizione e la
sapienza, e ne demandano la conservazione e l'arricchimento
soprattutto ai giovani.
Cato Biffus il Vecchio, giunto all'ultimo
degli anni suoi 60, inizia così la sua incazzatissima
argomentazione: prende in esame le critiche, comunemente rivolte alla
vecchiaia e, francescanamente umile e modesto, non le confuta, con
esempi tratti dalla storia della sua miseranda vita.
Le accuse
esaminate sono: la debolezza e decadenza fisica, che lo opprime dai
24 anni in poi, con recenti recrudescenze; l'attenuarsi delle
capacità intellettive, che lo portano a redigere opere come la
presente e viva; l'impossibilità di godere dei piaceri dei sensi,
come nei suoi vent'anni; la bizzarria del carattere e l'alienazione
mentale, in crescendo galoppante, con un letto già prenotato nel
reparto del dottor Montanari.
Cato riconosce tutti questi handicaps,
perversamente in lui radicati ed accumulati, dalla nascita fino alla
giornata in corso.
La
conversazione approda, con naturalezza, al tema della cultura e della
chiamata in causa dei giovani, per coltivarla, concimarla
quotidianamente, con fertilizzanti esclusivi, arricchirla, con nuove
specie di biotipi, e per trasmetterla ai posteri della città di
Borgo.
Cato, dopo aver osservato che la cultura o è il nulla (e in
tal caso tutto è da temere),
o significa una vita migliore per chi è vissuto di essa
nutricandosi, digerendola, metabolizzandola e catabolizzandone gli
elementi deteriori. Infine, riflette, è contrario all'esperienza di
affidare l'eredità culturale solo alla gioventude: tanti giovani
vedono la loro cultura fiorente stroncata dai cosiddetti mass-media,
dalle TV, dai tablets, dagli Ipad, Iphone e SmartPhone.
Infine,
Cato passa al tema dell'immortalità della cultura. Richiama, per
sommi capi, le dottrine marxiste
e marxistoidi su di essa, e le perverse manipolazioni da parte di
intellettualoidi, radical-chic, acculturati di nicchia, parolai,
pennivendoli e scribacchini da vetrina e da parata. Confessa il suo
amore, ricambiato, per i classici greci e latini e gli autori
dell'Umanesimo e del Rinascimento, giungendo fino ai poeti e
prosatori dell'800 e del '900, con le dovute precauzioni ed
esclusioni, per alcuni di essi. Invita, chi non la conoscesse, alla
disamina della splendida ed inimitabile lettera di Machiavelli a
Francesco Vettori.
Immortalità della cultura |
Quindi espone altri argomenti a favore della cultura, carburante
necessario, ineludibile ed improrogabile, onde, per chi ne è
fornito, l'intelletto funzioni correttamente e produca risultati, o
fall-out, positivi, costruttivi, progressivi ed alternativi.
A
proposito del famoso motto latino, Rem tene, verba sequentur, ossia,
Conosci -bene!- le cose, le parole seguiranno, teme assai che, specie
dal '68 in avanti, che ha partorito branchi di asini da 6 politico,
ben pochi conoscano la Rem, per cui ne seguono parole vuote, bolle di
sapone, aria fritta e rifritta, soprattutto in politichese ed in
linguaggio intellettualoide.
Conclude che è proprio degli spiriti
nobili e saggi attendere alla cultura, con animo zelante, acuto,
laborioso, instancabile,costituendo così un esempio per la
maggioranza degli uomini, solitamente alieni od avversi alla
Conoscenza, anche se non ai limiti del correre con la mano al
revolver, come Hermann Goering; Carlo Magno imparò a leggere, anche
se stentatamente, ad 80 anni.
Augura infine, agli amici ed ai nemici,
di poter raggiungere l'età avanzata, anche da pasti non
correttamente consumati, e quindi di provare, per esperienza, ciò
che hanno appena appreso dalle sue parole, costituenti il Quinto
Evangelio, apocrifo, apodittico, apocalittico ed apoplettico.
Fausto Maria Pico |
Il
libro,stampato in caratteri bodoniani, originali ed esclusivi, è in
fase di pubblicazione, ed uscirà, nelle librerie borghigiane,
L'Ippopotamo e La Senile Talpa, ma anche nelle edicole, in fascicoli,
-Caino Editore -Hobby &Pork- Cacchette- Amarena Fabbri -De
Ferragostini-. non prima del 2030, ossia postumo, onde evitare
all'autore tremende vendette, soprattutto da parte di Fausto Maria
Pico, che si sentirebbe defraudato del suo esclusivo ruolo di sommo
vate e poeta locale.
Marcus
Tullius Ciciarone Biffus
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