Natale con i tuoi
Qui a Fidenza, al secondo piano di un condominio, per il cenone natalizio, in un tempo preistorico, infinitamente lontano, una frotta di parenti di ogni età si riuniva, ciangottando, e ci si sedeva poi, a due tavole apparecchiate, stretti stretti, ma felici di ritrovarci ancora insieme, almeno una volta l'anno, anche se un po' schiacciati gli uni contro gli altri.
Mia madre, come da sempre, si ricordava di accendere il gas, sotto pentole e tegami, solo all'ultimo minuto, mentre mia zia cominciava a rammentarle, alle sette di mattina: “Tusa, Adele, ricòrdes che ghem de fa de mangià anca per i frà de Bagg!”, con mia madre che le rispondeva, piccata: “Linda, in dumà i set ur!”. Ma aveva già pronti gli antipasti, con le mitiche alici in salsa piccante, e i salumi, su cui si distendevano, languidi, bianchi riccioli di burro.
Quale che fosse il menu del pranzo, con l'immancabile risott giald, magari cunt la luganega, l'importante era stare assieme, nonostante i ritardi.
Ieri, ci siamo ritrovati, in un'altra sala da pranzo, di una diversa casa, perché in quella dei miei genitori è rimasto solo mio padre, da 23 anni. Ancor più che non negli altri anni, mi hanno investito i ricordi di chi non era presente, nonni, genitori, zii, cugini, a metter in moto malinconie e nostalgie, nel mio cuore, sempre più vecchio, pure lui.
Buon Natale, mamma, buon Natale, AnnaMaria, e tu, mia grande nonnona milanese, classe 1880, e tu, Claudia, amica mia e di mia moglie, e tanti altri ancora.
Buon Natale a tutti quelli che ieri non c’erano, a tavola, ma erano presenti nel ricordo, incancellabile, indelebile, a stringermi il cuore in una morsa dolorosa.
Buon Natale a chi ieri non si poteva vedere, ma era lì, immobile, per essere ricordato, almeno per qualche breve istante. Mi pareva quasi di vederli, anche se erano invisibili, impalpabili, lì, a guardare le nostre sciocche risate, le battute, a macinare cibo, noi, i sopravvissuti dell'Aldiqua.
Nel vuoto immane della mia anima, ho cercato di dare voce alle mie silenti malinconie, alle struggenti nostalgie, per un attimo di fredda tristezza. Ho soffermato lo sguardo su mio padre, eroico superstite, della classe 1919.
Tra battute, risate, sciocchezzuole, quisquilie di noi presenti e vivi, ho pensato a chi non era più lì; dove saranno, ora, a guardarci ed a compatirci, affettuosamente, ancora qui, noi, a districarci tra la quotidianità dell'esistenza terrena?
Mi mancano tutti, non sono sicuro di mancare loro, però, e mi dibatto ancora in una breve, disperata dimensione, come un pesciolino, infilzato all'amo, in tempi sempre uguali, che loro si sono lasciati dietro, per sempre. Sono poi ripartito a vivere e ad ingerire cibo, ma con maggior fatica di prima, quasi controvoglia.
Franco Bifani
Pura poesia, bella e malinconica.
RispondiEliminaDel resto la bellezza stessa è l emblema dell effimero e della malinconia conseguente.