Non poco spazio questo blog ha dedicato alla storia della frazione di Castione Marchesi che, pur essendo situata vicina al capoluogo comunale, ha una importanza sua, non certo subalterna.
Lo studioso don Amos Aimi, si definiva un semplice archivista, ha sempre riservato attenzione a queste terre e a quelle vicine di Bastelli, Fornio e Chiusa come pastore di anime ma anche di cultore delle tradizioni e della loro storia. Se a volte l'entusiasmo posto nelle ricerche lo ha portato a espimere conclusioni affrettate, non si può certo sottovalutare il suo contributo divulgativo e alla sua innata generosità di cui tanti attinsero a piene mani.
Pubblichiamo qui un saggio "tutto suo" sulla storia di Castione Marchesi che il prof. Benvenuto Uni ha conservato.
A. Ponzi
Castione Marchesi, come suggerisce il toponimo, fu un castrum o luogo fortificato dei Marchesi Pallavicini di Busseto.
La sua posizione era importante già nella preistoria, perché si trovava tra il Po e il sentiero pedemontano, divenuto poi la Via Aemilia romana. Alla preistoria deve infatti la sua celebrità: "nel secolo scorso, ho scritto nella mia Storia di Fidenza del 2003, al momento in cui si forma l'identità nazionale e si sviluppano nella ricerca storica le metodologie scientifiche, Parma dà un contributo importante alla nascita dell'archeologia preistorica in Italia.
La grande avventura prende avvio nel territorio fidentino proprio a Castione Marchesi, con il primo scavo sistematico condotto nell'estate del 1861 sotto il poggio della sua antica chiesa abbaziale da Pellegrino Strobel, con la collaborazione di Luigi Pigorini e il favore di Ludovico Ugolotti Manarini, proprietario dei fondi interessati e già podestà di Borgo San Donnino". Gli scavi continuarono fino al 1877.
Negli anni Settanta, un gruppo di giovanissimi, galvanizzati da un prete giovane, don Amos Aimi, verificarono per Castione Marchesi la possibilità di un museo non realizzato in vetrine, ma dal vivo, cioè facendo compiere al visitatore un percorso nei sotterranei del monastero accanto alla grande e misteriosa terramara, per vedere interrati vasi intatti, pettini, resti di capanne e ruderi romano-longobardi.
Quel tentativo goliardico, fatto allora, ha confermato la possibilità di un tale museo. Desidero ringraziare il Comune di Fidenza e l'Associazione fidentina Le Vie del Sale per codesto Convegno e affidare ad essi la realizzazione del sogno di quei giovani, ora professionisti affermati, che circa 40 anni fa amavano così tanto Castione Marchesi.
Il territorio di Castione Marchesi apparteneva in epoca romana al municipio di Fidentia. Per la centuriazione del suo territorio si era usato dai romani la pertica fidentina. Secondo Schulten tra il 300 cardine e il 31 0 si trovava Busseto; il 33 0 attraversava il Canton Santo; il 34 0 Bassa Mai di Roncole Verdi.
Nel periodo tardo romano, durante una rapida e fatale decadenza, il territorio di Fidentia venne smembrato. In epoca longobarda il centro curtense di Castione Marchesi era posto come limite della diocesi parmigiana, piacentina e cremonese. Il presbiterio fidentino, sorto sulla basilica tardo romana del martire San Donnino, evangelizzò il territorio del suo ex municipio e quindi anche il territorio di Castione Marchesi; per cui la chiesa di Castione Marchesi dipese come origine dalla pieve di San Donnino, ma come comunità appartenne alla diocesi di Parma.
Infatti la scomparsa del municipio di Fidentia impedì alla basilica del martire San Donnino la possibilità di avere il vescovo e così Fidentia, divenuta in seguito Borgo San Donnino, e gran parte del suo territorio passarono sotto il Vescovo di Parma.
Nell'Alto Medioevo Castione Marchesi si affermò come punto militare e religioso di grande importanza: fu il baluardo difensivo di Busseto, capitale dello Stato Pallavicino; e ancora uno dei passaggi del pellegrinaggio europeo: infatti il pellegrino che dal nord scendeva da Brescia e da Cremona per portarsi a Borgo San Donnino sulla via Francigena, passava da Castione Marchesi, che oltre l'ospitalità dei monaci, offriva l'assistenza di un ospedale.
Quindi la sua entità è ben rilevata negli antichi documenti sui confini: come in una ricerca, inquisitio, del vescovo di Cremona Giovanni, fatta circa nel 915; o in un documento del 1227, secondo cui si il confine borghigiano a nord passava "dalla chiesa di S. Margherita sotto Bastelli e Castione, e dalla detta chiesa andava fino alla Valazza e poi al ponte che è sul canale del Signor Abate di Castione, al di sotto e presso Canova".
Castione Marchesi nel Medioevo svolse il suo ruolo più importante. Mille anni dopo la morte di Cristo, nel 1033, il 10 giugno, Adalberto, figlio del marchese Oberto e Adelaide sua sposa, figlia del conte Bosone, fecero donazione alla Chiesa, pro mercede animae suae, per il bene delle loro anime, di una rocca o castrum e della sua corte o luogo, detto Castelione, presso la fontana Lavatura: cioè l'attuale Castione Marchesi, per fondarvi un monastero.
La chiesa del nuovo monastero venne dedicata alla Madonna, affidata ai monaci benedettini e dotata di ingentissimi fondi.
La chiesa del nuovo monastero venne dedicata alla Madonna, affidata ai monaci benedettini e dotata di ingentissimi fondi.
Da documenti conservati nell'archivio Abbaziale di Monte Oliveto (Siena) risulta che il 20 maggio 1049 papa Leone IX spediva una bolla all'Abate Romualdo per confermare i beni donati dal marchese Adalberto. Il 13 aprile 1143, papa Innocenzo II con sua bolla, diretta all'Abate Alberto, poneva il monastero sotto la protezione della Santa Sede, concedendo ad esso di nominare il suo Abate.
Il monastero divenne ben presto un notevole centro religioso, culturale ed economico. Posto appena al di sotto della Via Francigena, ne sfruttava con la sua chiesa di Alseno il grande passaggio, mentre con la chiesa di Ragazzola e con la chiesa e il porto di Stagno sul Po riscuoteva la gabella di chi dal nord scendeva per recarsi al sud sulla via Francigena attraverso Borgo San Donnino.
In un territorio che dal secolo X era detto Terra Monachorum, perché vedeva presenti per mezzo dei loro possedimenti i monasteri di Nonantola e di San Salvatore della Val di Tolla nel piacentino, la posizione strategica di accoglienza e il rifiorire dell'abbazia di Castione Marchesi favorirono il sorgere di altri monasteri di appoggio alla stessa via del pellegrinaggio europeo: Chiaravalle della Colomba (1136) e, alcuni anni dopo, quella di Fontevivo (1143), due abbazie cistercensi, in mezzo alle quali si trovò come in una morsa quella di Castione Marchesi, che di conseguenza subì una involuzione e uno svantaggio.
Adalberto, figlio del marchese Oberto, aveva fondato, come si è visto, a Castione Marchesi il monastero benedettino donandogli il castrum e il luogo stesso; ma con ciò non si deve ritenere che il monastero possedesse Castione, come se il luogo fosse un unico centro attorno all'abbazia, perché la corte e il suo territorio con lo stesso castello o fortilizio, appartennero sempre ai Pallavicini fino al secolo XVI, e poi al Duca Ottavio Farnese, che nel 1585 li sottopose alla giurisdizione di Borgo San Donnino.
Quindi dal 1033 la storia di Castione Marchesi si svolse sempre attorno a due centri distinti e indipendenti: attorno alla rocca pallavicina, rimasta come vedremo fino al secolo XV, e attorno all'abbazia, decaduta con la soppressione napoleonica: due centri importanti che la nuova grande piazza del paese, che sta per essere realizzata dagli urbanisti del Comune di Fidenza, non deve confondere, ma deve rispettare e unificare.
Ben presto gruppi di monaci da Castione Marchesi si trasferirono nei ricchi possedimenti ricevuti da Adalberto, per fondarvi celle, chiese e monasteri. Nella diocesi di Alba essi fondarono celle nella Langa, detta Terra del Guasto, perché devastata dalle incursioni saracene.
La fondazione, divenuta poi il priorato di S. Benedetto di Belbo, è ricordata da papa Leone IX nella sua bolla del 1049 come la cella dei monti di S. Benedetto, cellam montium sancti Benedicti, que nominatur de Guasto. Dall'Abate e dal Capitolo del monastero di Castione Marchesi dipendevano il priore della chiesa di S. Benedetto di Valle Belbo, il priore della chiesa di S. Remigio de parodio, i chierici della chiesa di S. Stefano de costa, la chiesa di S. Ambrogio de Tosarolo, il priore della chiesa di Baselica Duce di Fiorenzuola d' Arda, il priore della chiesa di Alseno, il priore della chiesa de muraria (territorio di Mantova), la chiesa di S. Maria de caritate, la chiesa di Ragazzola e la chiesa di Stagno. Si può ritenere che i monaci, posti in tali priorati o chiese benedettine, hanno contribuito in buona parte alla bonifica del loro territorio.
Nei primi decenni del XII secolo la chiesa e il monastero di Castione Marchesi furono devastati con saccheggio e distruzione degli altari e dei loro arredi, come si legge in una pergamena originale conservata nell'Archivio Capitolare del duomo di Piacenza. Forse anche il terremoto del 1117 la colpì gravemente. Infatti nel secolo XII la chiesa fu completamente ricostruita ed è quella attuale, almeno nella considerazione comune, anche se ha avuto alcune aggiunte: l'abside è stata approfondita ed ampliata nel periodo barocco, l'esterno è stato alterato da rifacimenti del Quattrocento e del Seicento.
Un quadro interessante della vita del monastero si trova negli statuti e ordinamenti del secolo XIII: l'Abate e il Capitolo chiedevano ai monaci sobrietà negli abiti, proibivano di tenere le armi nei monasteri; vietavano le osterie o le case dove si vendeva pubblicamente il vino, specialmente a Castione Marchesi, a Borgo San Donnino, ad Alseno e a Fiorenzuola d'Arda. Il centro di Castione, già alla metà del Duecento, possedeva un'osteria ben frequentata.
Nel 1325 Galeazzo Visconti, duca di Milano, da Cremona si recò a Castione Marchesi e lo occupò. Il presidio, prima di ritirarsi, bruciò il paese, il castello, le macchine militari, gli assiti delle fosse; la chiesa fu risparmiata. I Pallavicini ricostruirono il loro castello e vi posero il loro castellano. Un documento inedito del 1440 (Archivio di Stato di Parma, Fondo Notarile, Brunelli Rolando, F. 21) lo conferma ancora: Domninus de Brazio filius quondam Johannis... ellectus et deputatus pro castelano et custode roche castri Castionum Marchionum dioecesis parmensis per magnificum et potentem Marchionum Rolandum Palavicinum, Donnino Brazio toccando i Santi Vangeli giurò il 7 gennaio 1440 davanti a Rolando il Magnifico di prendere in consegna la rocca di Castione Marchesi con fedeltà e per l'utilità del suo signore. (Concessione dell'Archivio di Stato di Parma, prot. N. 3397 del 31 agosto 2006). Donnino doveva difendere militarmente la rocca o fortilizio di Castione Marchesi e amministrare il suo territorio; il castellano aveva una carica civile, il custode della rocca invece una carica paramilitare.
Il Quattrocento, assieme al Dodicesimo, è un secolo d'oro per Castione Marchesi. Il 28 ottobre 1476 tra i Pallavicini e il Commendatario di Castione Marchesi, Abate Ludovisi, (Archivio di Stato di Parma, Fondo Antichi Ospizi Civili, Castione dei Marchesi, B. 487) si stipulò un capitolato di 500 scudi d'oro imperiali, pari a 200 scudi di moneta veneziana, ducatos quingentum aureij videlicet imperialium venetarum ducatos ducentum, perché il Commenadatario dicesse e attestasse, come disse a attestò, di "volerli spendere nella fabbrica e nella riparazione della chiesa e delle case e del monastero predetto, la quale chiesa, case e monastero hanno bisogno della massima riparazione perché comodamente non si può celebrare nella chiesa predetta e nelle case e nella Congregazione Olivetana predetta abitare senza la riparazione", velle expendere in fabbrica et reparatione ecclesiae ac domorum et monasterij predicti que ecclesia, domus et monasterium maxima reparatione indigent quod comode celebrari non potest in ecclesia predicta et in domibus et congregatione olivetana predicta habitar iabsque reparatione.
L'intervento radicale doveva essere fatto sulla chiesa, troppo angusta, inadatta alle esigenze liturgiche delle nuova parrocchia, e alla aumentata popolazione e ancora sul suo monastero e sulle sue case. Tutta la corte del monastero, ormai inabitabile, venne rifatta con fossati e recinzione murarie. L'intervento doveva essere eseguito lapidibus, calcina, lignaminibus, cupis, manifactura et casegijs; nell'intervento straordinario si usarono calce, legni e pietra. Si rifecero quindi colonne, capitelli e statue. Ipsos ducatos ducentum habuit et recepit ipse Dominus Comendatarius realiter et cum effectu. (Archivio di Stato di Parma, Autorizzazione del 31 agosto 2006, Prot. N. 3397).
Il Commendatario, presa tale somma, iniziò subito i grandi lavori. Si rifecero il monastero, il chiostro, recuperando probabilmente gli antichi capitelli; si pose sopra l'arcata della porta d'entrata al cortile del monastero la nuova statua della Madonna che sale in cielo, fiancheggiata da angioletti oranti, di scuola lombarda. La scheda, redatta il 1922, venne firmata da Ugolotti Lodovico allora proprietario. I Pallavicini fecero allargare tutta la chiesa quasi in rivalità coi Rossi che pure stavano rifacendo la chiesa di Bercelo.
Tra i Pallavicini e i Rossi era in corso un'aspra vertenza: il 30 maggio 1475 papa Sisto IV aveva inviato una lettera al canonico di Parma, don Bernardo Zampirone, per la lite tra i Rossi di Bercelo, Giovanni Francesco Pallavicini e l'Abate Lodovisi pro bonis Ragazolle et Plebis Altae Ville. Ancora il 4 gennaio 1476 lo stesso Pontefice inviò un breve all'Abate Ludovisi perché durante quella lite non concedesse tali beni contestati al Pallavicino.
I lavori furono molto rapidi: la chiesa di Castione Marchesi fu consacrata il 26 luglio 1478. Il 20 settembre 1484 nel nuovo chiostro si presentò Giovanni Battista da Caverzago, procuratore di Giovanni Rossi, conte di Berceto ed erede di Pier Maria Rossi, per versare l'affitto dei terreni che i Rossi tenevano a Ragazzola e a Pieveottoville. Il procuratore pagò ad alta voce, essendo solo davanti al notaio e a 4 testimoni, di cui 2 di Castione Marchesi, perché, data la lite in corso, al pagamento non erano presenti né l'Abate, né i monaci.
Nel maggio 1486 l'Abate Commendatario del monastero, don Daniele Birago, milanese e notaio del Pontefice, completati i restauri, per alleggerire la sua coscienza e perché l'ordine di S. Benedetto era decaduto dall'osservanza religiosa, chiese alla Santa Sede di chiamare a Castione Marchesi i monaci della Congregazione di Monte Oliveto a far parte delle entrate dell'abbazia, addossando loro la responsabilità di parrocchia. Le lettere apostoliche diedero la conferma nel marzo 1487.
Furono assegnati a Castione Marchesi 10 monaci Olivetani, l'uso del monastero, la chiesa, il recinto entro le fosse, il chiostro, claustrum, il dormitorio, dormitorium, il cimitero, cimiterium, l'orto vicino al luogo detto Rocchetta, hortum sive pomerium post dictam ecclesiam, i beni posti a Ragazzola, Pieveottoville, Tolarolo, Roccabianca, Stagno, perché servissero alla vita dei monaci e per le riparazioni. Gli Olivetani fecero erigere l'abbazia in priorato ordinis parmensis, o della diocesi di Parma.
La mensa dei monaci del monastero era distinta dalle entrate del Commendatario al quale, l'abbazia fruttava 600 fiorini d'oro di Camera all'anno. Il Capitolo si riunì sempre nella cappella di San Giovanni Battista. Nell'inventario della chiesa del 1450 sono elencati arredi preziosi e codici in pergamena: due croci d'argento su cui erano scolpite in bassorilievo le immagini di Dio Padre e degli evangelisti, e numerosi codici che riguardavano: S. Gregorio Magno, omelie, vite di santi, il trattato di San Bernardo sul Cantico dei Cantici, le decretali, i commenti sui salmi, sugli evangelisti. L'Abate poteva occupare la prima sedia nel coro, alzare tre volte all'anno il baldacchino abbaziale ed esercitare nella chiesa il pontificale.
Il priore poteva tenere personalmente 30 vacche, 30 porci e IO cavalli super erbario; possedeva metà fossato del monastero pro pottendo piscari e il diritto di attingere l'acqua ad putheum, che si trovava davanti al monastero. Solo nei documenti del sec. XVI si trova cenno al "Palazzo dell'Abbadia" (secondo Giovanni Godi, forse -il castello Pallavicino): nei Pacta et capitula quibus locatafuerunt bona abbatie de castiono del 1563, si legge: "Quelli arbori secchi che vi sarano, sieno obligati di tagliarli et portarli al Palazzo di essa Abadia; che il detto Abbate sia obbligato di tenere un Agente o altro ministro ligitimo al Palazzo di detta Abbadia"(Archivio della Curia Vescovile di Fidenza, Atti Antichi, Castione Marchesi, Busta N. 151).
Nel Settecento il Palazzo era ancora circondato da fosse: "Inventario del 13 gennaio 1765: "un corpo di terra con sopra l'abitato civile, chiamato il Palazzo, circondato da fosse, al quale sono confini a mattina la strada giarata che da Borgo San Donnino va a Busseto" (Archivio di Strato di Parma, Ospedale Civlile, B. 2, n 22).
Nel Palazzo c'era l'oratorio dell'Annunciazione di Maria Vergine; nel territorio l'oratorio di S. Eutropio, antichissimo, riedificato nel 1743. L'abbazia riuscì a godere fino al XVIII secolo privilegi in rapporto ai dazi camerali; fu sempre esente dalle gabelle "tanto per li bestiami, quanto per grani".
Nel 1708, secondo, seguendo la pratica degli antecessori, il marchese Abate Ludovico affittò a Benedetto Barelli hospitium, macellum, pristinum et datium Castioni et omne ius exercendi in dicto loco Castioni (Archivio della Curia Vescovile di Fidenza, Atti Antichi, Castione, B. 153).
Alla metà del secolo XVI l'economia del monastero era in crisi: nel 1540 "trovandosi il monastero di Castiglione in molti debiti i qualli non poco stringono il detto monastero, nel capitolo passato fu esposto a noi frate Vito da Prato abbate generale non era possibile de le entrate del monastero supplire a tali incomodi per essere stati già duoi anni il detto monastero senza fare ricolto, per tanto si conchiusi da noi e dalli Reverendi Padri compagni che si dovesse di Roma cavare un breve il qual concedesse facultate potere alienare per la somma di lire trecento scudi (Archivio di Stato di Parma, Atti notarili, Trecasali G. Donnino, F. 638). Un altro rogito del 1570 accenna ai numerosi debiti del monastero qui instabant et minabatur damnum et riunam irreparabiles (Ibidem, Rodiani Diomede, F. 2272).
Nel periodo Barocco quindi il monastero e la sua chiesa richiesero urgentemente interventi nelle murature e nell'arredamento, ben visibili nella zona absidale, nel lato a sinistra e negli altari. Una scheda, firmata dal parroco di allora don Vittorio Maria Compiani il 12 aprile 1922 descrive l'altare in legno della Vergine col Bambino con grandiosa ancona riccamente intagliata e dorata del 1710. Il Seicento e il Settecento fidentino furono periodi di grande penuria e di desolazione per le nostre popolazioni e per il territorio per il passaggio continuo di truppe che saccheggiavano e distruggevano. Quindi anche per Castione Marchesi furono due secoli di penuria.
Nel 1764 per decreto del Duca di Parma Ferdinando di Borbone, l'abbazia venne soppressa e gli Olivetani furono espulsi. Fu un periodo di abbandono e di pericolo: nel 1776 si chiese di riempire il fossato d'acqua per difendere la chiesa dai ladri. Cacciato il ministro Du Tillot (1771), gli ordini poterono ritornare nei loro monasteri.
Il 13 settembre 1810 ci fu la soppressione definitiva, decretata da Napoleone. L'abbazia incamerata fu data in godimento agli Ospizi Civili di Parma.
I monaci lasciarono per sempre la chiesa e l'abbazia di Castione. Gi immobili furono venduti ai privati e gli arredi andarono dispersi. Le entrate dell'abbazia furono aggregate a Piacenza al monastero dell'Ordine di Monte Oliveto del Santo Sepolcro, il quale ne affittava i beni. Il rettore pro tempore della chiesa parrocchiale di Castione Marchesi riceveva L. 3.800; la parrocchia era retta dal Padre Abate, dal Padre Cellerario e da un laico che custodiva il monastero.
Il governo francese cercò di alleviare il disagio economico e la situazione disastrosa dell'agricoltura inviando il 17 maggio 1811 al maire di Castione un decreto imperiale per una produzione intensa della barbabietola, "bieta-rapa".
Il 27 agosto 1821 il monastero e terre annesse vennero messe in vendita dal Patrimonio di Stato e furono aggiudicate da Giuseppe Ugonotti Manarini al prezzo di lire nuove 10.005.
Negli anni trenta si scoprì la terramara, come pubblicò Luigi Pigorini nel 1862 "sulla Marniera del Conventino di Castione, lo spazio di terreno dove 30 anni or sono fu scoperta la terra marna e dal quale la si scavò sinora". La terramare, ricordata da Andrea Ghiozzi nel 1843, fu subito sfruttata coma cava di fertilizzanti a danno del monastero e della stessa chiesa. In una pianta del 1883 il chiostro risulta già semidistrutto dagli scavi.
Venne asportato terreno per notevole altezza dall'orto esistente dietro l'abside, compromettendo la zona absidale. In un articolo del Risveglio, il settimanale della diocesi di Fidenza, Castione Marchesi e il suo territorio del 1928, si dice: "Le terremare di proprietà di Ugonotti Lodovico furono in parte scavate nella seconda metà del secolo scorso e si deve forse attribuire a questo scavo se oggi la chiesa è pericolante".
Il Comune di Fidenza nel 1928 la consolidò con una somma di lire 20.000.
Il Comune di Fidenza nel 1928 la consolidò con una somma di lire 20.000.
Una specie di terza rinascita la Chiesa e il monastero di Castione Marchesi l'hanno avuto nel Novecento, dopo che un decreto della Sacra Congregazione Concistoriale del 15 agosto 1948 la stralciò da Parma per annetterla alla diocesi di Fidenza. Non era certamente motivo di vantaggio per la Diocesi di Fidenza tale annessione, essendo Castione parrocchia semplicemente congruata e la sua Chiesa estremamente povera, che richiedeva continuamente spese non indifferenti di manutenzione.
Il suo nuovo parroco, don Enrico Sagliani, con volontà costante e tenace, provvide alle esigenze della parrocchia: il 28 febbraio 1952 ottenne dal Vicario Capitolare della Diocesi di Fidenza, Mons. Carlo Azzolini, l'autorizzazione a costruire un Asilo d' Infanzia.
Il problema che maggiormente stava a cuore a don Sagliani era il restauro della sua chiesa, monumento nazionale di rilevante interesse storico ed artistico. Nel vetusto edificio esistevano dissesti assai gravi, e tali da far fondatamente temere crolli irreparabili; i danni erano stati aggravati anche da cause belliche. Perciò la chiesa venne chiusa dal Genio Civile nel 1952 con grave danno della popolazione di 1800 abitanti, e riaperta solo il 1958.
Nel 1955 fu tolto il vecchio pavimento per la necessità di abbassare di oltre un mezzo metro l'antico fondo a causa di cedimenti verificatesi in diversi punti. Durante tali lavori sono ritrovati nella navata centrale della chiesa alcuni frammenti di litostrati del secolo XII, primo esempio di mosaico pavimentarlo di quel tempo nel parmense.
Il 21 giugno 1955 il Vescovo di Fidenza, Mons. Paolo Rota, sollecitò la Soprintendenza dei Monumenti per la rimozione dei mosaici, ritenuti "di valore molto mediocre", onde permettere il funzionamento della chiesa. Si pensò anche di rifare un nuovo pavimento con mq. 71,06 in mosaico. "Sono sei anni che la parrocchia di 1750 anime è ridotta a funzionare in una stanza indecentemente. Il parroco si innervosisce e minaccia di lasciar la parrocchia. Un metro e mezzo di mosaico deve essere dunque pagato a così caro prezzo?" (Archivio della Curia Vescovile di Fidenza, Atti Recenti, Castione Marchesi, B. 36); così il 15 settembre 1955 il Vescovo di Fidenza scriveva al Sottosegretario al Ministero della Pubblica Istruzione.
Assieme al restauro della chiesa il parroco don Sagliani completava l'opera riacquistando il Monastero: il 29 settembre 1954 Ugolotti Ludovico per 6 milioni vendeva a don Sagliani per la parrocchia di Castione Marchesi tre fabbricati contigui in cui è inclusa la casa canonica, detti nel loro complesso "Monastero" con i loro appezzamenti.
Tanto impegno da parte del parroco don Enrico Sagliani andava premiato: il 29 aprile 1959 da Roma il Card. Cariaci, Prefetto della Sacra Congregazione del Concilio comunicava al Vescovo di Fidenza che "circa la Chiesa parrocchiale di Castione Marchesi, ex abbaziale, poteva riconoscere il titolo di Abate al parroco pro tempore, escluso qualsiasi diritto derivante da tale titolo.
Don Amos Aimi
Castione Marchesi, sabato 16 settembre 2006
Si ringrazia il prof. Benvenuto Uni per aver fornito lo scritto originale firmato e le foto a corredo dello stesso.
Si ringrazia il prof. Benvenuto Uni per aver fornito lo scritto originale firmato e le foto a corredo dello stesso.
FOTOGRAFIE aggiunte all'articolo
"CASTIONE MARCHESI" di don Amos Aimi
"CASTIONE MARCHESI" di don Amos Aimi
3 - Prospetto planimetrico del Monastero di Castione Marchesi, Federica Bosi, 2000. (Archivio della Curia Vescovile di Fidenza, Atti Recenti, Castione Marchesi. B. 36). |
4 - Prospetto planimetrico della Chiesa di Castione Marchesi, Federica Bosi, 2000. (Archivio della Curia Vescovile di Fidenza, Atti Recenti, Castione Marchesi. B. 36). |
5 - Rilievo della Facciata della Chiesa di Castione Marchesi, Federica Bosi, 2000. (Archivio della Curia Vescovile di Fidenza, Atti Recenti, Castione Marchesi. B. 36). |
6 - Rilievo esterno del lato sud della Chiesa di Castione Marchesi, Federica Bosi, 2000. (Archivio della Curia Vescovile di Fidenza, Atti Recenti. B. 36).
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7 - Rilievo esterno del lato nord della Chiesa di castione Marchesi, Federica Bosi, 2000. (Archivio della Curia Vescovile di Fidenza, Atti Recenti, Castione Marchesi. B. 36). |
8 - Rilievo dell'abside della Chiesa di Castione Marchesi, Federica Bosi, 2000. (Archivio della Curia Vescovile di Fidenza, Atti Recenti, Castione Marchesi. B. 36).
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9 - Rilievo interno del lato sud della Chiesa di Castione Marchesi, Federica Bosi, 2000. (Archivio della Curia Vescovile di Fidenza, Atti Recenti, Castione Marchesi. B. 36).
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10 - Ritrovamento di mosaici nella Chiesa di Castione Marchesi, 1955. (Archivio della Curia Vescovile di Fidenza, Atti Recenti, Castione Marchesi. B. 36). |
11- Ritrovamento di mosaici nella Chiesa di Castione Marchesi, 1955. (Archivio della Curia Vescovile di Fidenza, Atti Recenti, Castione Marchesi. B. 36). |
Grazie Ambrogio!
RispondiEliminaSi, veramente grazie al prof. Benvenuto Uni per aver condiviso con noi questo prezioso saggio su Castione che conservava gelosamente!
Sorridera' dal cielo Don Amos, topo d'archivio (una volta vi è rimasto fin chiuso dentro...), nella speranza che qualcun altro che ha attinto "a piene mani" dalla sua "innata generosità" di studioso, faccia conoscere le sue ricerche e gli esprima pubblicamente riconoscenza.
Mirella Capretti