Che fine ha fatto il Piano Strutturale
Comunale
Il primo aprile del 2014,
più di un anno fa quindi, Fidenza si svegliava convinta di avere
ormai un nuovo e moderno strumento urbanistico tra le mani, ma a
quanto pare siamo ancora in alto mare ed oggi è ancora il vecchio
Piano Regolatore a regolare l’urbanistica cittadina attraverso
varianti e varianti di varianti.
Effettivamente un il
Piano Strurrale Comunale o PSC era stato approvato a tarda notte, con
i voti della maggioranza (FI e Cerri hanno votato contro mentre il Pd
all'inizio della discussione ha abbandonato l'aula consigliare).
In sintesi questi gli
obiettivi indicati nei nuovi strumenti urbanistici:
- contenere l’uso di
suolo per processi edificatori;
- favorire ed incentivare
la riqualificazione di aree della città;
- salvaguardare la
porzione pedecollinare comunale di valore paesaggistico;
- prevedere un generale
riordino a conclusione dell’assetto infrastrutturale e dei servizi;
- garantire un adeguato
strumento di programmazione atto a recepire coerentemente tutte le
opportunità di sviluppo che dovessero profilarsi nel medio termine;
- rendere sinergico allo
sviluppo (anche in termini economici) della città consolidata il
parco di attività di valenza quantomeno regionale posto in fregio al
casello autostradale;
- consolidare il ruolo di
Fidenza come polo ordinatore di area vasta della zona ovest della
provincia di Parma, con particolare riferimento sia ai comparti
economico-produttivi sia per quanto concerne i servizi sociali e
sanitari;
- determinare politiche
di valorizzazione del territorio agricolo.
Occorreva tuttavia un
seconda deliberazione preceduta dalla raccolta delle osservazioni dei
cittadini al piano stesso, a tal fine veniva fissata una data, il 31
ottobre 2014, entro la quale le osservazioni dovevano essere
protocollate in Comune, la data poi è stata fatta slittare ed ancora
oggi naviga nell’indeterminazione.
L’assessore Giancarlo
Castellani già nell’agosto 2014 dichiarava la permanenza di
incertezze nell’Amministrazione, indecisa tra il rivedere alcuni
aspetti del PSC oppure affidarsi unicamente allo strumento del POC
(vedi nota) nella sua opera di contenimento rinviando alcuni progetti
compresi nel PSC al successivo mandato elettorale. Ricordiamo che i
Piani Operativi Comunali (POC) sono gli strumenti urbanistici da
realizzare nell'arco temporale di ciascun quinquennio in conformità
alle previsioni del PSC e senza modificarne il contenuto.
Come prevedibile la
scelta è stata di rivedere il PSC aprendo quindi una nuova fase di
lavori che alla fine potrebbe portare in un’altra direzione
rispetto agli obiettivi del povero inutile piano approvato alla
vigilia del 1 aprile 2014.
Sia chiaro, tutto questo
costa e sta costando anche in termini di spesa, si può
ragionevolmente stimare che il conto finale sarà superiore al mezzo
milione di euro. E questo è l’unico dato certo di tutta questa
faccenda.
Il danno in termini di territorio non può oggi essere ancora calcolato ma, come la recente approvazione della variante di variante di Coduro per la costruzione di un edificio di sette piani, fuori scala con le costruzioni vicine ci indica la direzione verso la quale ci stiamo muovendo.
Il danno in termini di territorio non può oggi essere ancora calcolato ma, come la recente approvazione della variante di variante di Coduro per la costruzione di un edificio di sette piani, fuori scala con le costruzioni vicine ci indica la direzione verso la quale ci stiamo muovendo.
A determinare questa
situazione di stallo pesano alcuni fatti, il fallimento della coop.
Di Vittorio è uno di questi, e pertanto oggi la battaglia del PSC si
gioca anche su altri tavoli.
E’ amaro dirlo ma quei
giochi urbanistici che hanno penalizzanti pesantemente la città come
la distruzione di uno dei luoghi più vivi di Fidenza che gravitava
attorno alla stazione ferroviaria ma non solo quello perché anche
gli altri costruttori non sono rimasti a guardare, continuano a
continueranno come continuerà l’opera notarile del Consiglio
Comunale ad avvallare scelte preconfezionate.
Ambrogio Ponzi
Progetti,
controprogetti e cantieri
La città già agli inizi di questo
secolo era chiamata “Un unico e grande cantiere”, lo è rimasta
da ormai più di 15 anni, e non è certo finita. Sempre attorno ai 15
anni è il tempo medio che intercorre tra la definizione di massima
del progetto e la sua completa realizzazione, eventualmente diversa
da quanto inizialmente previsto.
Intoppi burocratici, mancanza di
risorse finanziarie, allungano i tempi ma spesso sono carenti i
progetti stessi in quanto a fattibilità.
Faticosamente si arrivati alla fine
della sistemazione di Piazza della Repubblica scoprendo che era
meglio prima, ma è tardi. Come è di moda oggi dire un “luogo” è
diventato un “non luogo”.
Di pochi giorni fa l’inaugurazione
della maxi-rotatoria in fondo a Via Gramsci, fortunatamente il
progetto iniziale fatto di sottopassi e altre futuribili soluzione è
stato abbandonato.
E’ in via di completamento il palazzo
bianco tra Via Barabaschi e Via Porro che insiste sull’area
precedentemente occupata da case popolari e tigli.
Parlando del centro permane il problema
dell’area a suo tempo occupata dal forno comunale su Piazza Pontida
e dalla Sala Guido Rossa su Piazza Verdi. L’area è stata spianata
nell’agosto 2011 dopo un iter decennale di un progetto già
assegnato che prevedeva spazi pubblici e costruzioni condominiali
private. Nel demolire le vecchie costruzioni anche il progetto è
stato definitivamente demolito ed abbandonato. Non stiamo a
rinvangare le varie dietrologie dell’operazione, ora bisogna
prender atto non solo che non esiste un qualsiasi progetto manche che
non si hanno idee di come fare.
Proseguono in Via Marconi i lavori di
bonifica delle aree ex Cledca e CIP, ma qui quel che manca ancora
sono i 4.000.000 di euro provenienti da Roma. Il loro percorso è
lento ma sicuro come quello dei treni che fermano in tutte le
stazioni e talvolta anche in aperta campagna.
Se andiamo poi ai cantieri di
iniziativa privata non possiamo non ricordare che la tromba di inizio
lavori non è mai suonata per l’area dell’ex ospedale civile. Nel
frattempo con sadica determinazione si sono da tempo completate le
demolizioni e l’area è sgombra di edifici e di alberature.
In verticale la desolante realtà del
vuoto è nelle torri della stazione e qui non si sa come andrà a
finire, come non si sa come andrà a finire nell’area ex-Esso in
Via IV novembre dove uno scheletro di sette piani fa mostra di se da
cinque anni.
Sul “finito” il discorso può
essere lungo, per farla breve citiamo solo il complesso alberghiero e
la vicina struttura commerciale dell’area Pinguino lungo la via
Emilia verso Piacenza.
Tutto questo ci permette di dire che la
nostra città è viva, sempre in crescita anche se con problemi di
crescita.
Ambrogio Ponzi
Ambrogio, non dimenticarti che la faccenda di cui scrivi risale al 1° di aprile, ossia alla data in cui si fanno i pesci d'aprile, appunto.
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