L'idea imperiale ha trovato a Borgo San Donnino una particolare considerazione, le pietre scolpite del Duomo ne sono una testimonianza, più di quello che possono dirci le carte. Qui riportiamo alcuni studi abbastanza recenti che, più che su certezze storiche, si collocano ancora sulla linea dell'interpretazione. Hanno tuttavia il merito di tener aperto un filone di ricerca di grande importanza che va ulteriormente indagato.
Frontone del portale di sinistra del Duomo di Fidenza. |
A sinistra è raffigurato l’Imperatore Carlo Magno, con scettro e globo, fiancheggiato da una piccola figura di armigero che regge la spada imperiale. La raffigurazione dell’Imperatore fa trasparire la tendenza ghibellina di Fidenza che certamente per tale sua disponibilità fu favorita da aiuti imperiali dati soprattutto alla cattedrale. La scritta sul piccolo arco sovrastante l’imperatore, quasi totalmente corrosa dal tempo, recava la dicitura «Karolus IPR» - Carlo Imperatore. Al centro il Papa Adriano II (867-872) porge all’Arciprete di S. Donnino la mitria ed il pastorale, simboli episcopali. Dietro il Papa, un Vescovo che regge la Bibbia aperta alla pagina «Vidi civitatem sanctam Ierusalem». La scena sta ad assicurarci che una chiesa dedicata a San Donnino, di alto prestigio ecclesiastico, esisteva già in Fidenza sia ai tempi di Carlo Magno sia ai tempi di Papa Adriano II. (https://www.flickr.com/photos/renzodionigi) |
A Fidenza, la memoria della partecipazione reale di Carlomagno nelle vicende del Santuario del Patrono e del Borgo è stata tramandata dall'immagine dell’Imperatore scolpita nel timpano del portale sinistro della facciata del Duomo e da una tarda “Passio” fiorentina di S. Donnino.
Tuttavia, negli anni Sessanta del secolo passato, due professori dell’Università di Liegi, nello studiare la genesi e lo svilupparsi della Leggenda di Rolando nella letteratura e nell'arte europea, individuarono fonti interessanti sull'argomento nei fregi scolpiti della torre destra della chiesa maggiore di Borgo San Donnino (questa la denominazione della città sino al 1927) e nei testi medievali che li avevano ispirati, che aumentavano il numero delle immagini di personaggi dell’entourage carolingio.
Lo studio pubblicato nel 1966 è stato pressoché ignorato sino al 2008, quando il direttore del Museo diocesano di Fidenza gli ha ridato visibilità con la pubblicazione dedicata al compianto vescovo mons. Maurizio Galli.
Lo studio pubblicato nel 1966 è stato pressoché ignorato sino al 2008, quando il direttore del Museo diocesano di Fidenza gli ha ridato visibilità con la pubblicazione dedicata al compianto vescovo mons. Maurizio Galli.
Gianpaolo Gregori, già Direttore del Museo del Duomo di Fidenza, autore del libro "Carlomagno e i Carolingi a Fidenza : le storie di Berta, Milone e Rolandino " Cremona : Fantigrafica, c2009
Carlo Magno e la via Francigena
Carlo Magno e la via Francigena
Fidenza – Duomo di San Donnino – Il corteo di Carlo Magno Foto di Gian Mario Navillod |
Agli inizi del 1200 venne rimaneggiato il duomo di Fidenza dedicato a San Donnino.
Quasi sicuramente l’abate Nikulás che passò di lì circa 50 anni prima non vide il bassorilievo che decora la facciata e che secondo alcuni rappresenta il corteo di Carlo Magno che passa da Fidenza dopo aver liberato Roma.
Nel corteo si distinguono: Carlo Magno a cavallo con lo scettro in mano (A), il suo ghepardo da caccia in groppa ad un cavallo (E), una figura maschile che ricorda assai il pellegrino ripreso nel logo della Via Francigena (J), il nipote di Carlo Magno che apre in corteo (K).
Camminando lungo la Via Francigena si può quindi legittimamente immaginare di ripercorrere sia i passi dei pellegrini che si recavano a Roma o Gerusalemme che quelli del corteo imperiale di Carlo Magno raffigurato sulla facciata del duomo di Fidenza o quelli di Sigerìco da Canterbury o quelli dell’abate Nikulas dall’Islanda.
A sinistra: duomo di San Donnino a Fidenza, particolare del corteo di Carlo Magno: il personaggio virile che ricorda il logo della Via Francigena, a destra: tarsia in pietra con il logo della Via Francigena davanti alla chiesa di Gignod (AO)
(Articolo e foto di Gian Mario Navillod -1 marzo 2014 ).
Orlando e Carlo Magno nel Duomo di Fidenza
Orlando (Roland), l’eroico conte palatino immolatosi a Roncisvalle per salvare l’esercito di Carlo Magno dagli attacchi dei musulmani e delle popolazioni basche, è celebrato insieme all’imperatore nelle sculture che ornano la facciata del Duomo di Fidenza, che si rivela quindi di notevole importanza strategico-religiosa sulla via dei pellegrinaggi medievali tra la Francia e Roma.
La presenza di Carlo Magno è sempre stata nota in quanto la sua immagine è scolpita nel timpano del portale sinistro con la scritta (Karu)lus ipr (Imperator) e diversi racconti indicano una particolare devozione del re franco per San Donnino.
La presenza di Carlo Magno è sempre stata nota in quanto la sua immagine è scolpita nel timpano del portale sinistro con la scritta (Karu)lus ipr (Imperator) e diversi racconti indicano una particolare devozione del re franco per San Donnino.
La presenza di Roland, invece, è stata ipotizzata mezzo secolo fa da Rita Lejeune e Jacques Stiennon ma era rimasta confinata tra gli studi specialistici e non aveva avuto seguito. L’ha ripresa ora Gianpaolo Gregori, direttore del Museo Diocesano di Fidenza (stimolato dal defunto presule mons. Maurizio Galli) il quale, dopo essersi confrontato anche con Chiara Frugoni che ha puntualizzato alcune interpretazioni, ha pubblicato un volume di un rilevante interesse storico e iconografico, proponendo pure le fonti letterarie cui si è ispirato l’ignoto uomo di cultura che ha dettato l’iconografia allo scultore romanico.
Il libro, edito dalla Fantigrafica Cremona, è dedicato a mons. Galli ed è introdotto da Roberto Greci, docente di Storia Medievale dell’Università di Parma.
Il libro,
Seppure emergente da racconti in cui la storia si intreccia fortemente con la leggenda, l’interesse di Carlo Magno per San Donnino appare dimostrato da una serie di indicazioni che, anche se storicamente non precise, sono frutto evidentemente di racconti tramandati oralmente.
Uno di questi, ad esempio, riguarda: il che sarebbe confermato dal libro tenuto aperto dal prelato situato alla destra del Papa, che consegna la mitra e il pastorale al prevosto di Borgo San Donnino (come si chiamava allora Fidenza) sotto lo sguardo di Carlo Magno, indossante la tunica e il mantello e con i simboli del potere: la corona, il globo e il lungo scettro gigliato.
Uno di questi, ad esempio, riguarda
L’imperatore, inoltre, secondo la trecentesca del Santo, al suo ritorno da Roma nel 774 di passaggio da San Donnino aveva visto il cavallo bloccarsi improvvisamente. Sceso per pregare Dio e la Madonna che gli dessero una spiegazione del fatto, dopo la preghiera al re era apparso un angelo che gli diceva che sotto la terra dove il cavallo si era fermato .
Il corpo veniva estratto e il Santo iniziava a compiere miracoli cosicché il re a sue spese faceva fabbricare una grande chiesa dotata di molti beni.
La notorietà di San Donnino alla Corte di Francia è ulteriormente testimoniata nella (1188) dove in soccorso dell’imperatore, impegnato in una difficile battaglia contro Agolante, arriva il nipote Rolando che risulterà vittorioso grazie al sostegno dei santi Giorgio, Donnino e Maurizio.
La notorietà di San Donnino alla Corte di Francia è ulteriormente testimoniata nella
E la figura del mitico Roland si ritrova nella facciata del Duomo fidentino dove ora si può leggere in modo coerente la sua storia, grazie all’acribia di Gianpaolo Gregori che ha fatto chiarezza tra le varie interpretazioni.
Base letteraria è il manoscritto della Marciana di Venezia databile al Trecento ma che raccoglie testi più antichi e riportato nel volume nelle parti riguardanti Berta e Milon, Enfance Ogier, Rolandin. La storia ufficiale vuole Roland figlio incestuoso di Carlo Magno e della sorellastra Berta, ma per salvare l’onore dell’imperatore viene data un’altra versione: Roland è figlio di Berta e di Milon, figlio di un cavaliere del re. Quando la giovane si accorge di essere incinta, i due fuggono da Parigi e si dirigono verso l’Italia ma in Provenza vengono assaliti dai banditi, messi però in fuga dal valoroso Milon.
Base letteraria è il manoscritto
Vicino a Imola Berta dà alla luce Roland (Orlando). Nel bassorilievo, risalente all’inizio del Duecento, scolpito nella torre del trabucco e che si legge da destra verso sinistra si vedono il re Pipino il Breve, padre di Carlo e Berta, che coraggiosamente affronta un leone con la spada; quindi la scena di seduzione tra i due giovani mentre Carlo va a caccia con arco e frecce; segue la lotta di Milon con un bandito e, infine, Milone armato di spada e il figlioletto Roland, pure armato, che vanno a caccia di grossi animali.
A Sutri, dopo vicende rocambolesche, Berta e Milone vengono scoperti e perdonati dall’imperatore cosicché si sposano regolarmente, mentre lo zio abbraccia il nipote; così quando l’esercito riparte per la Francia Roland a cavallo è in testa al corteo, come si vede nell’altro fregio (sud) della torre.
I due gruppi famigliari che si trovano vicini a Davide e Ezechiele, scolpiti dall’Antelami, e interpretati prima come pellegrini poveri e pellegrini ricchi, poi come rappresentanti della campagna e della città, vengono ora intesi come la famiglia di Berta, Milon e Roland prima (poveri) e dopo il matrimonio, con cui hanno recuperato la loro posizione sociale.
Pier Paolo Mendogni
La lingua francona di Carlo Magno, influenzò grandemente sia la lingua italiana che i dialetti locali, infatti in alcuni scritti dell'800 dC si trovano le prime parole occitane. Nel Concilio di Tours (813), voluto da Carlo Magno, si stabilì che i vescovi, dovessero tenere l'omelia nella "Lingua Rustica". L'imperatore era semianalfabeta, ma, avendo compreso la grande importanza della cultura, fondo la Scuola Palatina a Milano, portandosi appresso una forte ondata di termini Franconi, alcuni dei quali già ci appartenevano. Nonostante abbia voluto introdurre nella sua Scuola, un latino semiclassico, quasi estinto, accettò volentieri che entrassero a Palazzo, termini di tutti i dialetti settentrionali e che si amalgamassero ai franconi e ai latini, tant'è che "büghè", "grimasa", "sbarlucèr" e tanti altri, presero piede sotto il governo Carolingio. Si DEB ve ne saranno parecchi.
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