Fontana del Cupido, opera del 1855 di Andrea Busiri Vici a Villa Pamphili (Roma) |
C'era una volta, nel paese di Pamphili, dove cioè tutti si amano ed amano tutti, non un re, ma un Conte, che governava accontentandosi di vivere non in un avito e vasto castello, ma in una bella villa con parco all'italiana. Aveva egli scelto, come suoi ministri più fidati, Speranza e Bonafede -mancava Carità-, tutti con nomen omen, nel loro nome il presagio del destino .
“Era Di Maio e tu eri con me!”, egli cantava, alla Bellanova, che gli portasse appunto buone nuove, dai quattro angoli del suo Belpaese. I suoi vice, be', uno era un Turco, un altro dava un po' dappertutto un Fraccaro di Martella..te. Per la Difesa, sempre basandosi sul valore dei cognomi, s'era non per niente scelto una Guerini, con una sola R, come pronunciano a Roma. Guerini, sì, ma non meschini. Per la sua PA, aveva lanciato una Dadone, sperando che gli uscisse un bel 12.
Per un altro ministero, s'era insediato uno cui non andava mai bene niente, un certo Boccia. Per le zone meridionali del suo staterello, aveva scelto, per non scontentare i locali, un famigerato Provenzano, che governava solo a pizzini. E per l'innovazione, una Pisano, invisa però ai livornesi, più della Morte alla porta.
Conte, nonostante la sua posizione altolocata nella scala gerarchica della politica, non era un crapulone, era bensì un vegano convinto.
Ma, tra la frutta, tutto gli andava gradito, fatti Salvini i Meloni. Quelli, proprio, gli erano indigesti e non gli andavano giù, assolutamente, anche perché ogni volta che aveva tentato di mangiarseli, gli era andato il boccone di traverso nella strozza, e lui aveva cominciato a sospettare che lo facessero apposta, con intenzioni omicide.
Franco Bifani
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