sabato 6 maggio 2023

Aldo Moro, 9 maggio 1978


Moro fu l'artefice principale delle due svolte epocali nella politica della prima repubblica: il varo del centrosinistra (discorso al congresso di Napoli del 1962) e il lancio dell'unità nazionale (congresso di Benevento del 1977). 
Queste svolte furono frutto di una visione politica orientata verso il futuro che non si ripeterà mai più nella politica della cosiddetta seconda repubblica incapace di alcuna azione riformatrice.


VITA E ATTIVITÀ

Presidente della FUCI (1939-43) e del Movimento laureati cattolici (1945-46), direttore della rivista Studium, fu uno dei fondatori della Democrazia cristiana, che rappresentò alla Costituente (fece parte della Commissione dei 75) e alla Camera dei deputati in tutte le legislature. Fu prof. di diritto penale all'univ. di Bari (1948-64) e di istituzioni di diritto e procedura penale a Roma dal 1964. 

Sottosegretario agli Esteri nel quinto governo De Gasperi (1948-49), fu per più versi vicino alle posizioni di G. Dossetti. Presidente del gruppo parlamentare della DC (1953-55), ministro di Grazia e Giustizia nel governo Segni (luglio 1955 - maggio 1957), della Pubblica Istruzione nei governi Zoli e Fanfani (maggio 1957 - febbraio 1959), nel febbraio 1959 fu eletto segretario della DC, in posizione di mediazione tra fanfaniani e dorotei. 

Moro guidò il partito attraverso la complessa crisi del centrismo all'apertura ai socialisti e al varo del centrosinistra, sulla prospettiva, evidenziata nel congresso democristiano di Napoli del 1962, dell'allargamento della maggioranza per un radicale rinnovamento delle condizioni di vita sociali, economiche e politiche della società italiana. 

Presidente del Consiglio dal dic. 1963 al giugno 1968, Moro fu a capo di tre successivi governi che videro lo stabilizzarsi della formula di centrosinistra ma anche il venir meno, con le crisi del 1964 e 1966, della sua carica rinnovatrice. Da allora e per diversi anni ricoprì prevalentemente la carica di ministro degli Esteri in varî governi (agosto 1969 - luglio 1972, luglio 1973 - novembre 1974). 

Di nuovo presidente del Consiglio (novembre 1974 - luglio 1976), riprese la linea definita fin dal 1969 come "strategia dell'attenzione" verso il partito comunista, allora attestato sulla prospettiva del "compromesso storico" e presente in modo crescente nella vita politica e civile nazionale. Come presidente del consiglio nazionale della DC (dall'ottobre 1976) accentuò il ruolo di mediazione nella vita politica italiana durante l'esperienza del governo di solidarietà nazionale detto "della non sfiducia" (luglio 1976 - marzo 1978). 

Il giorno del varo del quarto governo Andreotti, che concludeva una lunga crisi politica con l'ingresso del PCI nella maggioranza (16 marzo 1978), Moro fu rapito a Roma, in via Fani, da un commando delle Brigate rosse che massacrò gli uomini della scorta. 

Di fronte al drammatico evento, cui seguì da parte delle BR la richiesta di rilascio di brigatisti prigionieri e di un riconoscimento politico, organi di stampa e mondo politico si divisero tra fautori e avversari della trattativa, con netta prevalenza dei secondi. Caddero nel vuoto autorevoli appelli alla clemenza (tra cui quelli del papa e del segretario generale dell'ONU) e non risolutiva si dimostrò l'azione delle forze di polizia; il cadavere dello statista fu fatto rinvenire dalle BR il 9 maggio 1978 nel portabagagli di un'auto in via Caetani a Roma. Le opere di M. sono raccolte in Scritti e discorsi (6 voll., 1982-90); gli scritti del periodo del sequestro, ritrovati in un covo delle Brigate rosse a Milano, sono stati pubblicati nel 1991.                                                         (Treccani)

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