giovedì 18 maggio 2023

“La Strada Maestra viaggio artistico fra le opere di Rino Sgavetta”

 

Maggio.
Aria di festa.
Aria di movimento.
Aria di ricordi.
Ritorna il “Francigena Fidenza Festival”, una manifestazione con tante occasioni di studio, condivisione e valorizzazione dei luoghi, che celebra “La bella Via dell’Europa”.

La Via Francigena, storico percorso millenario di pellegrinaggio religioso – iniziato da Sigerico, Arcivescovo di Canterbury, che ne ha riportato scritte le tappe al ritorno da Roma – occupa nell’antica Borgo San Donnino con la sua stupenda Cattedrale eretta sopra le spoglie del Santo, un passaggio importante, centrale, solcato nei secoli da viandanti diretti a Roma e in Terra Santa.

Ritorna il “Giro d’Italia”, una corsa a tappe di ciclismo, professionistico, che si svolge annualmente lungo le strade italiane.

Ecco..., sentendo parlare del Giro, il mio pensiero va subito a chi ha tradotto sulla tela e con il metallo, con un amore sviscerato e tanta passione, l’emozione del viaggio in bicicletta, del correre, della velocità raggiunta solo con la forza fisica e tanto sacrificio: Rino Sgavetta.
Ritorna perciò il ricordo, perché ho avuto la fortuna e il grande privilegio di conoscere quell’uomo da vicino, come pittore e come scultore, venuto a mancare due anni fa, proprio appena finito il Giro.

Ora, tra le varie proposte del “Festival” troviamo una Mostra di sue opere, una trentina di quadri e qualche scultura nello Spazio Espositivo di Via A. Costa 8, nel Palazzo delle Orsoline. Inaugurazione sabato 20 maggio ore 17,30.


Il titolo della Mostra “La Strada Maestra viaggio artistico fra le opere di Rino Sgavetta” è stato definito dallo scultore Giorgio Varani, grande amico del pittore e della sua famiglia.


Egli ha curato pure il pieghevole e la locandina, dopo aver catalogato nell’ultimo anno, insieme al figlio Gianni, tutta la sua produzione artistica.
Titolo che si inserisce bene nel tema di questi giorni, sottolineato pure nel calendario degli eventi dall’Assessore alla Cultura Maria Pia Bariggi in modo sintetico ed efficace: 
“Un viaggio artistico fra le opere di Rino Sgavetta, un apprezzato artista-pellegrino, vissuto a Fidenza”.
Pellegrino certo, come ognuno di noi nel cammino su questa terra: sempre in ricerca di qualcosa che risponda alle nostre aspirazioni, fisicamente nell’andare, o con il pensiero e la mente, per dare un senso ai nostri giorni.

Siamo infatti pellegrini tutta la vita.

Sulla facciata della nostra Cattedrale - dove, tra l’altro, la statua sopra la colonna tra il portale di sinistra e quello centrale, tiene un cartiglio con scritto: “L’Apostolo San Simone indica questa la via per andare a Roma” - una stupenda famiglia di “Pellegrini”: padre, madre e figlio, scolpiti in altorilievo d’arenaria e poggianti i piedi magicamente su foglioline d’acanto, accolgono da secoli viandanti di ogni sorta dando loro l’esempio del cammino terreno. Sono alla destra del portale centrale, hanno calzari, vesti semplici, la scarsella; l’uomo, una botticella (?) sulle spalle tenuta da un corto bastone; la donna, un telo piegato in testa e un bastone più lungo; li guida un angelo con il bordone, il lungo bastone usato per sostegno nel lungo viaggio e per difesa. Sono attenti alle parole del cartiglio del Profeta Ezechiele nella nicchia sottostante: “Ho visto chiusa la porta nella casa del Signore”, come invito a vivere una vita di fede e di rettitudine per evitare il castigo eterno.

La famiglia dei “Giusti” contrapposta, alla sinistra del portale, è invece la realizzazione della vita, nel cammino celeste: nel cartiglio il Profeta e Re Davide dice: “Questa è la porta del Signore. I giusti entrano attraverso di essa”, che è, si, la porta della Chiesa, ma è anche la porta del Paradiso: infatti le tre figure non hanno scarsella, non hanno panni di scorta, ma la veste nuova, raffinata (con il pizzo!) e portano in mano un fiore (?) “per partecipare al Banchetto Celeste”. Li guida l’angelo Gabriele, messo da Dio a difesa del Paradiso dopo la cacciata di Adamo ed Eva, che ora con un piccolo bastone apre loro la porta.


Il pellegrinaggio di Rino, una ricerca costante nel suo lungo cammino per “esprimere quella cosa che viene dal cuore” come lui definiva la sua arte, con onestà, dedizione, sacrificio, lo mette in fila, sicuramente, al seguito dei “Giusti”.

Da ragazzo scappava di sera in soffitta a dipingere con la lucerna a petrolio, di nascosto dai genitori, contadini, che non volevano perdesse tempo così, perché il lavoro dei campi, durante il giorno era duro. Impastava terra e colori di fortuna (polveri di imbianchino, mattoni macinati, foglie, bacche) con resine e olio frusto di motore, che spalmava con le dita su tavole di recupero, cartone o carta da pacco, prima di costruire lui stesso pennelli con il crine delle code dei cavalli o dei buoi (più fine), tagliato di nascosto.

Pellegrino con la sua famiglia, alla ricerca del lavoro in poderi da coltivare: da Castelvetro Piacentino a Polesine, poi a Busseto, a Castione, infine a Fidenza.

Qui incontra il pittore Oreste Emanuelli che lo consiglia e lo aiuta, ma soprattutto convince i genitori a lasciarlo fare. Diventerà suo grande amico e gli sarà vicino fino agli ultimi giorni, fino a ritrarlo a carboncino sul letto di morte.

Riesce poi a farsi assumere come operaio in una Ditta appaltatrice dell’Enel: economicamente le cose vanno meglio, ma può dedicarsi all’arte solo nei fine settimana o durante le ferie, al mare. Ed anche in quei giorni il tempo era prezioso e poco: si alzava presto al mattino per andar sull’arenile, fin che non c’era ancora gente, a dipingere le barche, con la moglie Maria che lo aiutava a portare il cavalletto e i colori, e il figlio Gianni al seguito. Gianni che sarà poi, avanti negli anni, di aiuto al padre per saldare alcune parti metalliche nelle grandi sculture.

Solo con la pensione potrà dedicarsi a tempo pieno alla pittura. Con l’entusiasmo e il fervore di un ragazzino, farà un percorso artistico rilevante e molto personale, pressoché sconosciuto, che non ha avuto però, e qui mi ripeto, una voce autorevole capace di rendergli la notorietà meritata.

Ho scritto diverse volte su di lui e la sua opera, semplicemente, senza pretese – della serie se non lo faccio io, lo fa nessuno – e lui era contento.

Ora aspetto la nuova Esposizione per immergermi e ritrovarmi, ancora una volta, nel suo mondo, fissato sulla tela con spatolate di colori intensi e pastosi, suoi tipici, riconoscibili; nelle sue vedute, che lui chiamava paesaggi, perché Rino Sgavetta ha sempre dipinto rigorosamente dal vero; nelle piccole cose insignificanti per i più, cui lui dava valore, memore di un tempo di povertà; o nelle linee armoniche di anime tratte da vecchi legni abbandonati, in cui solo lui poteva scoprire una nuova vita.

Fidenza 17 maggio 2023                                      Mirella Capretti

2 commenti:

  1. Tenero, vivido e luminoso ritratto di un pittore tutto da scoprire e valorizzare come merita. Una splendida lettura, grazie!

    RispondiElimina
  2. Bellissimo ricordo di un artista che merita riconoscimenti! Grazie Mirella per questo ritratto accurato!

    RispondiElimina