Abstract
Nel XII secolo i monasteri, grazie anche all'attenzione dei potenti locali, assunsero grande importanza patrimoniale e politica; tuttavia, l'assetto della Chiesa era messo in discussione dai movimenti religiosi che nell'XI secolo ed ancor più nel XII furono ritenuti ereticali (catari, valdesi, umiliati, arnaldisti, speronisti, patarini ed altri).
Fermenti che promossero nuove forme monastiche, come è il caso di Gioacchino da Fiore e il suo ordine florense, che prefigurava un assetto ecclesiale nuovo in cui anche la componente laica aveva un ruolo. All'inizio del XIII secolo nacquero gli Ordini Mendicanti, l'Ordine dei Predicatori, domenicani, e l'Ordine dei Minori, francescani, di cui Gioacchino da Fiore viene considerato il precursore.
Fra' Gerardo da Borgo san Donnino lo riterrà addirittura il "profeta" della nuova era della cristianità. Nel 1254 premise a tre libri di Gioachino, da lui ricopiati inserendo sue glosse, una introduzione che, richiamandosi al libro dell'Apocalisse di Giovanni, diffuse come "Liber introductorius in Evangelium aeternum".
Questa almeno è la versione più largamente diffusa di una più complessa vicenda. Il pensiero teologico di Fra' Gerardo si rifaceva a Gioacchino, ma il suo modello di vita era Francesco ed è da questi due giganti, Gioacchino e Francesco, che dobbiamo partire per arrivare alla vicenda umana del nostro concittadino.
Gli ordini mendicanti e Gerardo da Borgo San Donnino
Ambrogio Ponzi
Gioacchino da Fiore
Gioacchino da Fiore, nato a Celico, presso Cosenza,
tra il 1130 e il 1135, visse nell'Italia meridionale normanna all'epoca in cui
il Mezzogiorno passò sotto il dominio degli Svevi.
Fu sostenuto dai papi del suo tempo come esegeta e
fondatore di un ordine, ma, dopo la sua morte avvenuta nel 1215, il suo scritto
sulla Trinità, che polemizzava con il maestro parigino Pietro Lombardo, fu
condannato come eretico dal concilio Lateranense IV di Innocenzo III. Egli non
fu personalmente dichiarato eretico e fu esplicitamente difeso come «vir
catholicus» da Onorio III. Questa limitata condanna ad uno scritto di
Gioacchino peserà nel destino dei Fra’ Gerardo quando, contro di lui, fu
costruito un processo di presunta eresia che coinvolse anche Giovanni da Parma,
Ministro generale dell’Ordine francescano e protettore del giovane
Gerardo.
Nel tardo Medioevo molti credettero di potersi
richiamare al grande abate quale testimone delle loro speranze intorno al
futuro, ma Gioacchino di sé diceva: «Non sum propheta, homo agricola sum,
quoniam Adam exemplum memo ab adolescentia mea».
Nel 1183, nell’abbazia di Casamari iniziò la stesura
del Concordia (“Liber de Concordia Novi ac Veteris Testamenti), una delle tre
opere principali, che contiene l’esposizione più compiuta della sua esegesi: il
tema del parallelismo tra le generazioni dei due testamenti e le corrispondenze
dei sette sigilli dell’apocalisse con la storia.
L’abate di Fiore, alle interpretazioni elaborate nel
corso dei secoli, aggiunse un elemento nuovo che diventò la chiave di volta
della sua lettura della Bibbia, il principio della concordia tra Antico e Nuovo
Testamento: gli eventi passati hanno ed avranno continui riflessi nella storia,
nei tempi presenti e in quelli a venire.
Gli altri due testi sono l’Expositio in Apocalypsim,
commento all’Apocalisse preceduto dal Liber introductorius e lo Psalterium
decem chordarum, opera principale di teologia trinitaria di
Gioacchino. A queste tre opere si riferirà il pensiero di Fra’
Gerardo.
Dopo la morte di Gioacchino, nel periodo drammatico
della crociata degli Albigesi, un suo amico, il legato papale in Provenza e
Aragona Raniero da Ponza, diede un apporto fondamentale alla divulgazione del
suo pensiero, a cui cooperò operò anche il papa Innocenzo III, di cui
Raniero era confessore.
In Provenza, dove Raniero operò, si poteva disporre di
edizioni originali o comunque fedeli degli scritti di Gioacchino e il nostro
Gerardo probabilmente ebbe la possibilità di consultarli durante il suo
soggiorno francese-parigino.
Solo negli anni ‘40 del XIII secolo la filosofia di
Gioacchino cominciò ad essere diffusa nel resto d’Europa ed in Italia, anche
con testi apocrifi; l‘identità francescana si riconobbe nelle sue profezie con
il Commento a Geremia (Expositio Super Hieremiam).
Ritenuto opera dello stesso Gioacchino, il Commento a
Geremia fu prodotto verosimilmente in ambiente florense, quindi meridionale,
tra il 1241 e il 1243. Quando il Commento prese a circolare, vennero aggiunte interpolazioni
che ne rafforzavano passi dal contenuto predittivo. Senza dubbio anche il
nostro Gerardo ne fu inizialmente influenzato, d’altronde al Commento si sono
rifatti anche alcuni Papi. Gregorio IX non lo citava ma lo utilizzava e
Federico II verrà allusivamente identificato con la figura, ripresa dal
Commento, dell’Anticristo, il persecutore della Chiesa negli ultimi
tempi.
Vaticinia sive prophetiae Abbatis Ioachimi Anselmi Episcopi |
In questo passo tratto dal Commento venne ravvisata,
attribuendola all’abate, la profezia circa la nascita degli Ordini Mendicanti: “Nasceranno
nella Chiesa due Ordini semplici e umili, cui sarà noto ciò che durerà fino
alla fine, perché essi non potranno occultare la malizia dei chierici e
nascondere l’ignominia dei laici…”.
L’Expositio, opera apocrifa, fu attribuita a Gioacchino dallo stesso Salimbene de Adam, gioachimita convinto, ed è attraverso questo personaggio che si giunge all’oggetto di questo scritto: la figura e la vita di Fra’ Gerardo da Borgo San Donnino.
Movimenti
religiosi del XII secolo
Le inquietudini religiose dell’XI secolo, spesso
risposta alla corruzione del clero, diedero origine ad alcune correnti, non
necessariamente ereticali. In questo quadro s’inserirono le grandi attese
popolari che si espressero in iniziative spontanee in Europa ed in Italia: il
movimento dell’Alleluia a Parma nel 1233, il movimento dei flagellanti nel
fatidico 1260, l’anno in cui le attese profetiche dovevano aver
compimento!
Alle istanze ereticali cercheranno di rispondere i
cosiddetti “ordini mendicanti”, i principali dei quali furono i
Predicatori, i domenicani, e i Minori, i francescani. Francescani e domenicani
non vivevano isolati nei monasteri, ma abitavano in comunità in mezzo agli
uomini o nelle immediate vicinanze delle città, appena oltre le mura, come nel
caso di Borgo San Donnino. La novità dei due ordini è quindi il loro
radicamento in ambiente urbano, le città erano i centri essenziali della loro
predicazione e attività. Questa scelta ne comportava un’altra, un sentito
interesse per i laici.
Il successo di questi ordini portò al moltiplicarsi
degli ordini mendicanti, ma il II concilio di Lione, nel 1274, ne confermerà
solo quattro: i Domenicani, i Francescani, gli Eremiti di sant'Agostino e i
Carmelitani. Al prestigio superiore dei primi due contribuì la personalità dei
fondatori.
Domenico, nato in Castiglia nel 1196 riunì attorno a
sé una fraternità di chierici e il gruppo ebbe un successo tale che fu
riconosciuto da papa Innocenzo III nel 1215.
Domenico concentrò i suoi frati in importanti centri
urbani, come Bologna e Parigi e predicò soprattutto nell'Italia del Nord. Morì
nel convento di Bologna nel 1221. Il successo nella predicazione non fu tale da
arginare la spinta inquisitoriale della Chiesa, a cui presto i domenicani
aderirono. Domenico fu canonizzato nel 1234.
Francesco, figlio di un mercante di tessuti di Assisi, verso il 1206 decise di rinunciare in modo spettacolare all’esistenza agiata cui era indirizzato e nello stesso anno restaurò le tre chiesette di San Damiano, di San Pietro della Spina e della Porziuncola.
Nella primavera del 1208 maturò in lui la vocazione
evangelica e apostolica e iniziò a raccogliere s i primi compagni. L’anno
successivo compose una prima breve Regola e con i suoi seguaci si recò a Roma
per averne l’approvazione, che gli venne concessa oralmente.
Nel 1217 furono erette 12 province francescane, nel
1219 i frati giunsero in Germania, Francia, Ungheria, Spagna e Marocco.
Francesco stesso partì da Ancona per raggiungere il campo crociato a Damiata ed
incontrare il sultano d’Egitto al-Malik al-Kamil. Al suo ritorno però si
accorse che l’Ordine aveva perso il suo insegnamento. Concentrò allora tutte le
sue energie nell’elaborazione della Regola, che Onorio III approvò alla fine
nel 1223, in una forma mondata dai passaggi più radicali sulla povertà e la vita
comunitaria, proprio quelli maggiormente cari al fondatore. Stanco e deluso, la
sera del 3 ottobre del 1226, a soli 44 anni, il Poverello, come lo chiamavano
in un misto d’ammirazione e commiserazione esalò l’ultimo respiro alla
Porziuncola. Il giorno seguente venne portato in Assisi e deposto
provvisoriamente nella chiesa di San Giorgio.
Il testamento che aveva dettato inizia così: “E
dopo che il Signore mi dette dei frati, nessuno mi mostrava che cosa dovessi
fare, ma lo stesso Altissimo mi rivelò che dovevo vivere secondo la forma del
santo Vangelo. Ed io la feci scrivere con poche parole e con semplicità, e il
signor Papa me la confermò.” In realtà Francesco subì una regola
(quella bollata dal Papa) che Frate Elia e il cardinale Ugolino o Ugo dei Conti
di Segni avevano confezionato.
Due anni dopo, con la bolla Quo elongati, Gregorio IX
affermerà il carattere non precettivo del Testamentum di Francesco, le uniche
norme imperative erano da ritenersi quelle della Regula bullata (1223), alla
cui redazione aveva avuto parte determinante, e il messaggio di Francesco
doveva rimanere come un caso di "esemplarità individuale”.
L’Ordine francescano sarà presto distolto dal papato
dall'attività pastorale verso nuove missioni e indirizzato verso l'inquisizione,
snaturandone quindi la vocazione originaria.
Gerardo fu il primo a collegare esplicitamente
Francesco con l'angelo dell'Apocalisse, l'angelo che porta il sigillo del Dio
vivente la cui venuta Gioacchino da Fiore aveva predetto.
Fra’
Gerardo da Borgo san Donnino
A Borgo i frati francescani giunsero quando Francesco
era in vita, le autorità di Borgo ne assecondarono l’insediamento fuori le
mura, si accedeva al convento della “Zappella” uscendo dalla porta Salsedrana.
La presenza di uno stanziamento francescano in un luogo chiamato poi Zappella è
storicamente documentata al dicembre del 1224, contestuale a quello di
Milano.
L’insediamento precoce a Borgo in un luogo assegnato
dalla comunità cittadina può essere stato facilitato dalla presenza di almeno
una casa di Umiliati, rappresentando la scelta francescana un’esperienza
qualificante.
La Zappella deve il suo nome al fatto di essere posta
in prossimità di uno “zappello”, declivio verso l’alveo di un corso
d’acqua. I francescani minoriti vi rimasero più di cent’anni.
Notizie su Fra’ Gerardo, antecedenti al 1254, ci sono
pervenute attraverso la Cronica di Salimbene de Adam, il quale lo conobbe
personalmente ed ebbe modo di apprezzarne le qualità umane e intellettuali. Il
cronista parmense descrive così Gerardo: "Era famigliare, cortese,
liberale, religioso, onesto, costumato, temperante di parole, di cibo, e di
bevanda, semplice nel vestire, ossequioso con umiltà e mansuetudine; un uomo
veramente amichevole, più amico ancora che un fratello”.
L’attuale chiesa della “Zappella” a Fidenza nel luogo del primo insediamento francescano di Borgo san Donnino risalente all’anno 1224. |
Alla fine del secolo XIII Angelo Careno, un frate
dell'Ordine dei Francescani che aderì alla corrente degli spirituali
diventandone l'esponente di spicco, gli riconoscerà singolare memoria,
intelligenza speculativa e conoscenza delle Sacre Scritture.
Il riferimento
a Borgo san Donnino legato al suo nome è costante, questo indica una appartenenza
non occasionale a Borgo negli anni di adolescenza e di crescita.
Fra’ Gerardo era
quindi originario di Borgo San Donnino. Non è nota la sua data di nascita che
tuttavia possiamo ragionevolmente stabilire attorno al 1225, forse poco dopo,
nel 1227-28.
La presenza a
Borgo perlomeno dal 1224 di un gruppo di francescani in località prossima alle
mura non può che confermare che la sua vocazione sia maturata a Borgo attorno
all’anno 1240, per proseguire poi con il noviziato in Sicilia dove si
completerà la sua prima formazione.
Fra’
Gerardo in Sicilia
Gerardo, dopo il noviziato, entrò nell'Ordine
francescano a Palermo e fu insegnante di grammatica. Nel periodo di permanenza
a Palermo soggiornò fuori Porta San Giorgio, una delle più antiche della città.
Questa porta, non più esistente, prendeva il nome dalla chiesetta di San
Giorgio che si trovava all’esterno delle mura cittadine, vicino ad una tonnara
nel borgo di Santa Lucia. Lì la comunità francescana di Palermo attendeva di rientrare
negli spazi della erigenda chiesa di San Francesco. Oggi la basilica di San
Francesco d'Assisi è un luogo di culto del centro storico di Palermo con
annesso convento francescano dei Frati Minori Conventuali localmente detti «de'
chiodari» o dei “chiuvara", dal vecchio nome della
contrada.
Palermo, antica Porta San Giorgio |
Un lombardo, in un momento in cui i lombardi erano perseguitati
da Federico II, fu quindi inviato in Sicilia per insegnare «grammatica».
Il Salimbene dice “in grammatica rexerat”, espressione che fa pensare
che Gerardo tenesse cattedra e fosse maestro nella facultas artium prima
ancora di farsi francescano.
Non siamo lontani dal vero affermando che il fondo
gioachimita del suo pensiero Gerardo l'abbia acquisito in Sicilia. La
maturazione gioachimita di fra Gerardo è contemporanea al sorgere della
letteratura apocrifa (1240 c.) nell'ambiente di spinto gioachimismo
sviluppatosi nell'Ordine.
Il suo ingresso nell'Ordine è da mettersi in relazione
al movimento intellettuale suscitato da Fra’ Crescenzio da lesi, Ministro
Generale dei Francescani dal 1244 al 1247, e dalla decisione di introdurre tra
i frati lo studio di grammatica, rettorica e dialettica (trivium) ma
anche aritmetica, geometria, musica e astronomia (quadrivium). Durante
il ministero di fra’ Crescenzio i francescani, specialmente in Italia, furono
presi dalla sete del sapere.
Fu Crescenzio da Iesi molto probabilmente che decise d’inviare
Gerardo a Palermo, come altrettanto probabile che il proponente sia stato
Giovanni da Parma, Ministro della Provincia.
Ruggero Bacone, scrivendo nel 1275, attestava che dal
1240 in poi in ogni città e in ogni castello e in ogni borgo, specialmente per
opera dei due Ordini studiosi, i Minori e i Predicatori, vi era una scuola di
Teologia. Tra il 1230 e il 1240 fu Ministro Provinciale in Sicilia fra Pietro
da Cori, e nel 1255 era presente a Palermo fra’ Rufino Gurgone da Piacenza,
legato papale. Sia il primo come il secondo, erano uomini di cultura.
Di Fra’ Pietro da Cori il Salimbene afferma che era valde
litteratus, di fra’ Rufino Gurgone da Piacenza sappiamo che, pochi anni prima di andare in
Sicilia, aveva eretto a Bologna uno Studio pubblico
di Teologia. É da pensare che sia fra’ Pietro come fra’ Rufino, per la loro
preparazione, abbiano favorito il sorgere per lo meno della scuola conventuale
a Palermo con uno o più Lettori. Fra’ Rufino Gurgone da Piacenza potrebbe
essere stato testimone della segregazione di Gerardo dopo il processo di
Agnani.
In Sicilia le lotte tra il papato e l'impero videro diretti partecipanti i francescani, ai quali fu impedito ogni stabile insediamento a Palermo fino al 1255 e reso difficile l’ordinato sviluppo di un qualsiasi programma culturale. Gerardo operò nella sede provvisoria di «San Giorgio la tonnara». Era in realtà destinato alla scuola conventuale di Teologia pastorale per tutti i frati, aperta quando ottennero una sede definitiva, ma nel 1247 Matteo da Piazza, ministro provinciale dell’ordine, lo inviò a Parigi, per conto della provincia di Sicilia. Di questo anche nella Cronica di Salimbene si può trovare conferma.
Abbiamo citato alcuni personaggi: Pietro da Cori, Rufino da Piacenza, Salimbene, a questo punto possiamo aggiungere fra’ Giovanni da Parma, che nel 1247 fu designato Ministro Generale dell’Ordine.
Il beato Giovanni da Parma, Ministro
Generale dell’Ordine
Beato Giovanni Buralli da Parma, nato nel 1208 a
Parma, morì il 19 marzo 1289 a Camerino. Gli si attribuirono miracoli e il
titolo di Beato fu confermato dalla sacra Congregazione de' riti nel 1777.
Giovanni è personaggio chiave per comprendere le vicissitudini di Gerardo.
A pag.12 della Vita del beato Giovanni da Parma di
padre Filippo Camerini (redatta nel 1730) troviamo: “Indi die principio
all’operosa visita di tutta la Religione, che proseguì, e terminò felicemente,
consumandovi l’intero primo triennio del suo reggimento, con viaggiar sempre
indispensabilmente a piedi, non con altra suppellettile, che della sola Tonaca,
che il ricopriva, la quale non mai rinnovò, né con altro accompagnamento, che
di un Frate, il quale per lo più fu Fra’ Gerardo, uomo di singolare bontà, ammettendone
assai di rado qualche altro di simil probità in occasione di bisogno…”
Affò stesso conferma lo stretto legame tra Giovanni da
Parma e Gerardo narrando l’episodio occorso nell'aprile del 1250 quando “un
certo Fra’ Gerardo, che era tra' Compagni del Beato”, predicò nella piazza di
Costantinopoli.
Il beato Giovanni da Parma |
Lo storico francese
Xavier Rousselot (1805-1895) scrive «Jean de Parme avait pour fidèles
compagnons et confidents de ses pensées deux religieux, partisans déclarés du
joachimisme. Ils avaient accompagné leur général chez les Grecs, et l'un
d'eux nommé Gérard ou Ghérardin de Borgo san Donnino, passait pour avoir
l'esprit de prophétie».
Giovanni da Parma e due suoi discepoli, Leonardo e Gerardo, verranno accusati di aderire alle dottrine dell'abate Gioachino, Giovanni verrà indotto a deporsi da Generale dell’Ordine mentre i due discepoli rimasero condannati in perpetuo. Giovanni si ritirò nel convento di Greccio presso Rieti, ove visse trentadue anni. Ottenne d'uscirne per tornare in Grecia, ma a Camerino, ormai ottantenne, morì. Il rapporto privilegiato che Giovanni aveva con i Greci e che Gerardo condivideva sarà la fonte di alcune affermazioni di Gerardo condannate nel processo a lui intentato.
Fra’ Gerardo in Francia (1248 –
1258)
Nel dicembre del 1247 Gerardo si trovava nel convento
dei minori di Provins, un borgo medioevale che dista meno di 100 chilometri
dalla capitale francese, nel dipartimento di Seine-et-Marne dell'Île-de-France,
dove venne in contatto con altri esponenti della corrente gioachimita
all'interno dell'Ordine e, in tal modo, ebbe l'opportunità di approfondire, in
un ambiente congeniale, una scelta maturata da tempo. Salimbene, nel parlare
del proprio soggiorno a Provins, afferma di avervi incontrato un suo
conterraneo, Bartolomeo Guiscolo da Parma e lo stesso Gerardo da Borgo San
Donnino, i quali avrebbero a più riprese cercato di avvicinarlo alla loro causa
facendogli leggere le opere di Gioacchino da Fiore.
In questa occasione Salimbene ammette anche che
Gerardo aveva correttamente predetto, usando gli scritti di Gioacchino, che la
crociata di Luigi IX re di Francia sarebbe stata un fallimento, episodio che
gli inimicò il clero francese.
Da Provins fra Gerardo passò a Sens (un comune nella
regione della Borgogna-Franca Contea), e, nel febbraio-marzo del 1248 raggiunse
Parigi, per frequentarvi l'università.
Nella capitale studiò per quattro anni (1248-1252) ma vi rimase per lo meno fino al 1254, avendo raggiunto la posizione di lettore in teologia. Proprio in quel periodo San Bonaventura era a Parigi e stava percorrendo la carriera accademica. Gerardo e Bonaventura devono aver frequentato molte delle stesse lezioni, forse anche l'uno dell'altro. Anche Bonaventura indulgeva alle idee di Gioacchino da Fiore e Gerardo, potrebbe aver pensato di aver trovato un appoggio.
La pubblicazione del Liber introductorius
di Gerardo
A Parigi, in un clima di conflittualità permanente e
di precari equilibri, Gerardo, nel 1254, pubblicò la Concordia Novi et Veteris
Testamenti di Gioacchino da Fiore, premettendo ad essa un Liber introductorius
in evangelium aeternum e/o interpolando il testo con sue glosse.
Il Liber introductorius di Gerardo non ci è pervenuto,
ne sarà infatti ordinata la distruzione, il contenuto tuttavia è stato
ricostruito nelle sue linee essenziali, attraverso quanto riportato nel verbale
della commissione cardinalizia nominata da Alessandro IV con l'incarico di
esaminarlo, dagli estratti fatti dagli stessi maestri parigini e dalle glosse
di Gerardo agli scritti di Gioacchino, cui la suddetta commissione fece
riferimento e che sono conservate in un manoscritto della Landesbibliothek di
Dresda (A.121, edito in Denifle).
Sempre a Dresda si conservano due codici, l’analisi
paleografica di Fabio Troncarelli annota “corpus di scritti gioachimiti e
pseudo-gioachimiti glossati da Gerardo da Borgo San Donnino e tavole del Liber
figurarum miniato da Bartolomeo Guiscolo, amico e collaboratore di Gerardo”.
C’è chi sostiene che Gerardo, pur richiamandosi a
Gioacchino, esasperasse l'aspetto profetico ed escatologico. Il Liber altro non
era per Gerardo che una introduzione a tre opere di Gioacchino, la Concordia,
l'Apocalipsis nova e lo Psalterium decem chordarum, che egli provvide a commentare.
Gerardo assunse queste tre opere come “evangelium aeternum”, cioè la
"scrittura" dell'età Spirito Santo che si sostituiva sia al Vecchio
sia al Nuovo Testamento, vanificandoli.
A Gerardo si attribuisce l’affermazione che il Nuovo Testamento
dovesse cessare ogni sua funzione a partire dal 1200, mentre l'avvento
dell'Anticristo e delle tribolazioni che lo avrebbero accompagnato nel
passaggio all'età dello Spirito erano, correggendo in questo quanto lo stesso
Gioacchino aveva sostenuto, temporalmente legate all'anno 1260.
Gerardo aggiungeva che, così come l'età del Padre era
stata caratterizzata dalle figure di Abramo, Isacco e Giacobbe, e quella del
Figlio da Zaccaria, Giovanni Battista e Gesù, l'età dello Spirito Santo sarebbe
stata illuminata dalle personalità di Gioacchino, di Domenico e di Francesco,
la posizione del quale veniva configurata speculare a quella di Cristo; un tema
quest'ultimo presente anche nella letteratura agiografica francescana
successiva.
Gerardo infine assegnava al proprio Ordine quella
funzione primaria che Gioacchino aveva genericamente attribuito all'ordo
monachorum.
La condanna del Liber introductorius di
Gerardo
Il Liber introductorius offrì l'occasione, sia
all'autorità ecclesiastica ordinaria sia ai maestri parigini, per procedere
contro gli ordini mendicanti e contro lo stesso Gioacchino.
Il vescovo di Parigi, Renaud Mignon, inviò alla Curia
romana il Liber e la Concordia glossata da Gerardo perché li ritenne fortemente
sospetti di eresia. A loro volta i maestri parigini, e primo fra tutti
Guglielmo di Saint-Amour, ne compilarono un estratto in cui si elencavano 31
errori.
La reazione della Curia fu di cautela, nel 1255
Alessandro IV, da poco papa, formò una commissione composta da tre cardinali:
Oddone, Stephan e Hugo, e da due osservatori Bonevaletus, vescovo, e il
domenicano Peter, lettore ad Anagni. In un incontro dell'8 luglio 1255, il
magister Florentius, vescovo di San Giovanni d'Acri, apparve e presentò le
accuse contro Gerardo di Borgo San Donnino e Gioacchino da Fiore. Il 7 luglio
dello stesso anno la commissione presentò al pontefice un documento conosciuto
come "Protocollo di Anagni", dal luogo in cui si tennero le riunioni.
Esso è costituito da una prima parte in cui i tre cardinali riassumono il
pensiero di Gerardo così come era espresso dal Liber introductorius, per
concludere drasticamente: "codesti errori e fatuità trovammo in codesto
libro, e poiché esso ne è tutto infarcito, non abbiamo voluto dilungarci
ritenendo sufficiente quanto esposto per giudicarlo".
Il giudizio sugli scritti di Gioacchino e le glosse di
Gerardo sono stati elencati in un rapporto investigativo in sei
"notanda", che affrontano i seguenti punti: l'insegnamento sulle tre
età (status); l’avvento dell’era spirituale nella chiesa; la scomparsa
dell'ordine dei chierici; i due Anticristo e i due giudizi (sia la seconda che
la Terza Era si concluderanno con un Anticristo e il giudizio di Dio); la
lettera del Vangelo, il Signore Gesù Cristo, gli apostoli e i sacramenti; le
opinioni trinitarie.
In chiusura il rapporto riporta anche osservazioni su diverse “curiosa, inutilia et inepta” che sono state trovate negli scritti di Gioacchino.
I trent’un errori
Dei 31 errori rilevati, 5 appartengono a Gerardo da
Borgo San Donnino, 26 trovano riscontro negli scritti di
Gioacchino!
Qui riportiamo solo alcuni degli errori, tre di questi
riguardano la Chiesa Greca.
• Quarto errore: il Nuovo Testamento non durerà per
forza propria, se non per i prossimi sei anni, fino all'anno dell'incarnazione
di Cristo 1260.
• Settimo errore: nessuna semplice persona è adatta a
istruire un'altra persona sullo spirituale e l'eterno, ma solo quelli che vanno
a piedi nudi (riferimento agli ordini mendicanti).
• Dodicesimo errore: l'intelligenza spirituale del
Nuovo Testamento non è concessa dal Papa romano, ma dalle scritture intese in
senso letterale.
• Tredicesimo errore: la recessione della Chiesa
greco-romana fu un bene.
• Quindicesimo errore: il popolo greco cammina più
nello spirito che quello latino.
• Sedicesimo errore: come il Figlio opera la salvezza
del popolo romano o latino, che rappresenta il Figlio, così il Padre opera la
salvezza del popolo dei greci, che rappresenta lo Spirito.
Sebbene la commissione abbia rilevato elementi di eresie negli scritti di Gioacchino, solo il Liber introductorius fu condannato da Alessandro IV in ottobre ad Anagni, non gli scritti originali di Gioacchino.
Il "Protocollo" termina senza alcun giudizio
di merito sulla lettura fortemente critica contro Gioacchino fornita dal
vescovo di Acri. Alessandro IV fu a sua volta cauto per non assecondare il
tentativo dei maestri parigini di coinvolgere gli ordini mendicanti nella loro
totalità.
Un disegno, questo dei francesi, che trova riscontro
nel Tractatus brevis de periculis novissimorum temporum di Guglielmo di
Saint-Amour, la cui prima redazione è, come il "Protocollo", del
1255.
A Guglielmo risposero ciascuno per il proprio Ordine
Bonaventura da Bagnoregio e Tommaso d'Aquino. Il papa Alessandro IV senza
entrare in questa polemica il 23 ottobre 1255, con la lettera Libellum
quemdam al vescovo di Parigi, fece proprie le conclusioni del "Protocollo"
nella sola parte relativa a Gerardo.
Il pontefice invitò l'ordinario parigino alla
distruzione del Liber introductorius e della Concordia glossata da Gerardo, ma
identico trattamento riservò anche al libello dei maestri parigini e, con nota
successiva Alessandro stabilì che non venisse compromesso l'Ordine dei
francescani.
L'Ordine, in perfetta consonanza con gli intendimenti della Curia, spedì Gerardo in Sicilia, privato del titolo e della funzione di lettore e inibito a ogni forma di attività pastorale.
La destituzione di Fra’ Giovanni da
Parma
Alessandro IV ordinò a Giovanni da Parma di dimettersi
da Ministro generale dei francescani e Giovanni convocò il capitolo generale
che si riunì a Roma il 2 febbraio alla presenza dello stesso pontefice. Secondo
Salimbene fu Giovanni stesso a proporre, su preghiera dei ministri e degli
altri delegati, Bonaventura come suo successore.
Giovanni da Parma, accusato di compromettere il futuro
dell'Ordine, nel 1257 rinunciò quindi al generalato. Gerardo perdeva di fatto
l’ultimo possibile sostenitore!
La caduta di Giovanni è tuttavia da imputarsi anche agli intrecci tra Curia romana e Ordine dei frati minori nel suo complesso.
L’incontro di Fra’ Salimbene con Gerardo a
Modena nel 1258
Salimbene ci racconta il suo incontro con Gerardo a
Modena nel 1258, quando era in viaggio verso Parigi, per essere nuovamente
processato per ordine di Fra’ Bonaventura. Ma prima, ci dice che il libro
condannato nel 1255 «conteneva molte falsità contro la dottrina di Padre
Gioacchino che l'abate non aveva scritto, vale a dire che il Vangelo di Cristo
e la dottrina del Nuovo Testamento non avevano portato nessuno alla perfezione,
e per questo sarebbero stati sostituiti nel 1260.»
Quando Salimbene chiese a Gerardo se volesse discutere di gioachimismo, Gerardo rispose: «Non discutiamo» e si limitò a presentare la sua esegesi di un capitolo di Isaia che, a suo avviso, contiene la profezia che il re di Castiglia sarebbe l'Anticristo.
Processo e condanna di Fra’ Gerardo da
Borgo san Donnino
Fu Bonaventura, negli anni immediatamente successivi,
a condurre in porto la repressione contro il gruppo gioachimita legato in
qualche modo a Gerardo ed a Giovanni da Parma.
Gerardo, che restava fermo nella sua opinione, fu
condannato come eretico alla prigione a vita. Entrando nel carcere disse: «In
loco pascuae ibi me collocavit».
Solo la volontà di evitare uno scandalo troppo clamoroso salvò Gerardo dal rogo. L’accusa di gioachinismo fu l’unico motivo citato ufficialmente a giustificazione di questi procedimenti, ma vi furono altre ragioni legate al travaglio interno dell’ordine francescano.
In sintesi:
Gerardo, rimase in carcere diciotto anni, senza
cambiare idea sulle sue profezie e senza mai abdicare alle proprie convinzioni,
fino alla sua morte nel 1276/7, senza conforti religiosi, privato della
sepoltura ecclesiastica e inumato in terra non consacrata: "sepultus in
angulo orti". Bonaventura aveva vinto, Gerardo da Borgo San Donnino
veniva eraso dalla storia e Giovanni allontanato da ogni incarico
nell’Ordine.
Resteranno tuttavia le tensioni che le condanne avevano suscitato, la “profezia” di Gerardo circa l’inizio della nuova era, che collocava nel 1260, ebbero un seguito e proprio in quell’anno iniziò ed esplose il movimento dei flagellanti.
L’opera repressiva
Merita menzione l’azione repressiva che si sviluppò in
conseguenza delle condanne a Fra’ Gerardo e a Fra’ Giovanni da Parma.
Indubitabile il fervore di Fra’ Salimbene da Parma, a Imola e presso il
Convento di Fontevivo (PR) ed infine a Borgo san Donnino: “E quell’anno
[1259] io abitavo a Borgo San Donnino e composi e scrissi un libro di Noie,
alla maniera di Patecchio”
Salimbene da Parma visse quindi un anno intero a
Borgo. Osservatore attento anche dei dettagli che riprendeva e commentava con
citazioni bibliche, non disse nulla di questo soggiorno né delle persone
(frati) che incontrò. Un paio d’anni prima aveva conosciuto Gerardo, eppure
accennò solamente ad un legame tra lui e i frati della Zappella. Nell’esame
storico resta quindi un mistero ancora non disvelato.
Il soggiorno borghigiano di Fra’ Salimbene avvenne proprio
nel fatidico 1260, mentre Bonaventura da Bagnoregio era Ministro dell’ordine
francescano da tre anni e Fra’ Gerardo recluso e Giovanni isolato, ma era
ancora un periodo che richiedeva cautele, tanto più che nello stesso anno il
movimento dei flagellanti si espandeva dall’Italia all’Europa, e l’attesa dello
Spirito, preconizzata da Fra’ Gerardo da Borgo san Donnino, era ancora ben
radicata non solo tra i francescani.
Ambrogio
Ponzi
Riferimenti bibliografici:
- Memorie degli scrittori e letterati parmigiani raccolte dal Padre Ireneo Affò, 1789
- Vita del Beato Gioanni di Parma di P. Ireneo Affò di Busseto - 1777
- Lettere Di Girolamo Tiraboschi al Padre Ireneo Affò, a cura di Carlo Frati, 1894
- S. Bonaventura e Fra Gerardo da Borgo S. Donnino: riflessi del Gioachimismo in Sicilia/ p. Filippo Rotolo, O.F.M. Conv, 1975
- Vita del beato Giovanni da Parma di p. Filippo Camerini, 1730
- Movimenti religiosi nel Medioevo, Grundmann, 1984
- Gioachino da Fiore. Vita e opere di Herbert Grundmann (Autore), G. L. Potestà (a cura di), S. Sorrentino (Traduttore) 1998
- Salimbene de Adam tradotto da Giuseppe Tonna, 2001
- Cronaca di fra Salimbene parmigiano dell'ordine dei Minori volgarizzata dai Carlo Cantarelli, 1857
- L’heresie dans l’oeuvre De Salimbene de Adam Johannes Nussbaum, 2016
- L’ Eresia nel Medio Evo studi di Felice Tocco, 1884
- Per altri riferimenti bibliografici essenziali e approfondimenti si rimanda ai seguenti testi: Barone 1978; Cassi 1941; Orioli 2000; Rousselot 1861; Vitolo 1998.
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