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sabato 12 novembre 2016

Sant’Ambrogio a Fidentiola

Mosaico di Sant'Ambrogio di Milano nel sacello di San Vittore 
(378 ca.) annesso alla Basilica del Santo, probabile ritratto del vescovo
Etruschi, Celti e Romani nella pianura padana si trovarono di fronte ad un territorio che stava tra montagna e palude, tra acqua stagnante da una parte e colline dall'altra. Finché durò la pax romana, finché l’Aemilia si snodò tra municipi e colonie con i suoi canali di drenaggio, con i poderi ben delimitati, fu grande fortuna. 


Sant'Ambrogio. Particolare della lastra del sarcofago

 di sant'Agricola, complesso di S. Stefano - Bologna

Lo storico latino Tacito, descrivendo la Pianura Padana nel I secolo, parla della “parte d’Italia più fiorente, per quanto riguarda campi e città, tra il Po e le Alpi”. 
Nella “Tabula Patronatus” del 206 d.C. viene citata la "Flavia Fidentia". 
Ma la Tarda Antichità portava già la desolazione, prima ancora del Medioevo. Gli storici sostengono che l’abbassamento delle temperature tra il IV e il V secolo, rese impraticabile il controllo dei valichi alpini causando difficoltà al controllo di Roma. 
Unni, Goti e Visigoti furono spinti verso il sud per trovare condizioni di vita più accettabili. Giungono così le grandi invasioni barbariche. I Goti di Alarico, dopo aver devastato l’Italia, entrano in Roma nel 410 da Porta Salaria (la porta che immetteva sulla via del sale) e la devastano. 
Un esempio per tutti: in quegli anni un funzionario imperiale, un certo Claudio Namaziano, dovendo andare da Roma alle Gallie, sceglie la via del mare perché – così scrive – “le vie di terre sono allagate da fiumi e la campagna, dopo aver sofferto col ferro e col fuoco le bande dei Goti, non vi sono più ostelli né ponti sui fiumi”. 


Sant’Ambrogio
Di nobile famiglia romana, nacque a Treviri nelle Gallie ove suo padre era prefetto e a pochi mesi di vita uno sciame di api portò alla sua bocca del miele (per questo è protettore degli apicultori). [Treviri - oggi in Germania - è la città in cui l’imperatore Massimiano aveva insediato l’esercito: da qui partì il nostro San Donnino].
Ancora giovane, per la sua grande prudenza ed imparzialità, Ambrogio fu mandato governatore a Milano. 
Essendo in quel tempo rimasta vacante quella sede episcopale, vi erano grandi discordie tra cattolici ed ariani per l'elezione del nuovo Vescovo (gli ariani erano coloro che, riconoscendo Gesù Cristo solo come uomo, negavano decisamente la sua divinità). Ciascuno lo voleva secondo la propria fede, e fu necessario l'intervento del governatore Ambrogio per pacificare gli animi. 
Ma appena Ambrogio comparve in mezzo alla folla, un bambino si diede a gridare: “Ambrogio vescovo, Ambrogio vescovo”, e subito dopo di lui, cattolici ed ariani unanimemente vollero l'elezione di Ambrogio. 
Essendo egli solamente catecumeno, dovette prima ricevere il battesimo, poi il sacerdozio e finalmente malgrado la sua riluttanza, la consacrazione episcopale... 
Questa elezione è talmente importante per i milanesi che Ambrogio, una volta dichiarato santo, viene festeggiato il 7 dicembre, giorno della sua consacrazione episcopale, e non come avviene per tutti gli altri Santi nel suo dies natalis – giorno della nascita al cielo, cioè della morte – avvenuta il 4 aprile del 397. 
Quando divenne vescovo, adottò uno stile di vita ascetico, elargì i suoi beni ai poveri, donando i suoi possedimenti terrieri. Uomo di grande carità, tenne la sua porta sempre aperta, prodigandosi senza tregua per il bene dei cittadini affidati alle sue cure. Ad esempio, Sant'Ambrogio non esitò a spezzare i Vasi Sacri e ad usare il ricavo dalla vendita per il riscatto di prigionieri. 
Di fronte alle critiche mosse dagli ariani per il suo gesto, egli rispose che «è molto meglio per il Signore salvare delle anime che dell'oro”. 
La sua sapienza nella predicazione e il suo prestigio furono determinanti per la conversione nel 386 al cristianesimo di Sant'Agostino, di fede manichea, che era venuto a Milano per insegnare retorica.

Ambrogio passa da Fidentia
Ambrogio scrisse molti trattati di carattere dottrinale e morale, ma quello che interessa a noi è il suo epistolario, in cui sono narrati vari episodi della sua attività di vescovo. Lì si possono trovare una quantità di notazioni relative alla situazione politico-sociale del tempo, che la sua duplice esperienza di vescovo e di antico funzionario imperiale gli consentiva di osservare con grande acutezza. 
Poco dopo il 387, scrivendo all’amico Faustino per la morte della sorella, descrive le città emiliano–romagnole così come le aveva viste nel suo viaggio di andata e ritorno in Romagna: 
“Lasciandoti alle spalle Claterna [oggi scomparsa, presso Castel S. Pietro Terme – n.d.r.], attraversavi Bologna, Modena, Reggio; a destra c'era Brescello e di fronte ti veniva incontro Piacenza, ancora risonante nel nome della sua antica nobiltà, e sulla sinistra avevi avuto pietà per gli incolti Appennini e consideravi i castelli di popolazioni un tempo fiorentissime e li numeravi con dolorosi sentimenti. Io ho visto solamente tanti cadaveri di città semidistrutte ("semirutarum urbium cadavera") e nello stesso tempo la funerea parvenza di tanti villaggi…”. 
Certamente Sant’Ambrogio è transitato sia all’andata che al ritorno, dal nostro Borgo. 
La Flavia Fidentia aveva anch’essa risentito della situazione di degrado: aveva infatti perso la dignità municipale (Municipium) e negli itinerari tardi viene citata come “vicus” (villaggio), Fidentiola Vicus appunto, o “mansio” cioè luogo di ristoro lungo l'Emilia. 
Anche il ponte romano costruito in pietra sullo Stirone, crollato, era poco più di una passerella: non verrà ricostruito fino al pieno Medioevo. 
Tutto cambierà con i Longobardi e Teodolinda (VI sec.), e poi con l’arrivo poi di Carlo Magno (IX sec.), che renderà ricca la nostra Chiesa donandole i boschi di Fornio per le saline di Salso e vari privilegi… Poi arriverà l’Antelami (XII-XIII sec.)…
Fausto Negri

5 commenti:

  1. Grazie, molto interessante.

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  2. Povera Victumulas e Fidentiola Vicus e Fidentia Julia e Fidentia Flavia, tante volte sei stata rasa al suolo e altrettante volte sei faticosamente risorta. Grazie Prof. Negri per questo ulteriore ausilio.

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  3. Un dì vedrai,
    Fidentia, un semicieco errar sotto le tue

    Antichissime mura, e brancolando
    Penetrar ne le magioni, ed abbracciar le genti,
    E interrogarle. Gemerà ognuno
    In segreto, e tutti narreran la fola
    di Borgo raso due volte e due risorto

    Splendidamente su le mute vie del centro
    Per far più bello l’ultimo trofeo
    dello Shopping Park. Il sacro vate,
    Placando quelle afflitte alme col canto,
    gli ultimi emporii eternerà per quante

    Abbraccia terre il gran padre Stirone.
    E tu, onore di pianti, o Borgo, avrai,
    Ove fia scarso e risicato l'introito
    In cassa versato, e finchè le Torri
    Risplenderanno su le sciagure borgzàne.

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  4. Ringraziandoti per il servizio che svolgi col tuo blog, invio a te, Ambrogio Ponzi, e a tutti gli 'Ambrogio' i più sinceri auguri di buon onomastico.
    Questo nome non è più di moda, ma è bellissimo. Infatti scopro che deriva dal nome greco Αμβροσιος (Ambrosios), basato su 'brotos', "mortale", che combinato con un'alfa privativa significa "immortale", "che appartiene agli immortali"; a quest'ultimo senso si rifà l'ambrosia, il "nettare degli dei" della mitologia greca. Un nome 'dolcissimo, dunque.
    Scopro poi che dal diminutivo "Ambrosino" viene il termine bosin, che in dialetto milanese indica un campagnolo dell'alto milanese, da cui ha preso il nome la bosinada, rozza composizione in dialetto, molto in voga nei secoli scorsi.
    Fausto Negri

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    1. Grazie Fausto. Il diminutivo fu frutto di un compromesso che non sto a ricordare. Negli anni giovanili il nome suonava comunque solenne, si preferì chiamarmi Getto ma alla fine prevalse l'Ambrogio che ora mi sta a pennello e, nei miei vent'anni milanesi, il nome Ambrogio suonava bene.
      E' chiaro che ammiro l'Ambrogio santo e ne conservo numerose immagini.

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