Questa volta
non c’ero alla visita guidata che Isabella ha proposto per ricordare la figura
di Michele Leoni, e mi dispiace.
Programmata
dal Personale della Biblioteca ancora da marzo - nei festeggiamenti del 150°
dell’Istituzione, a lui dedicata - per sabato mattina 20 ottobre, ha visto
sovrapporsi in contemporanea il “Premio Don Amos Aimi”. Ho optato per il
secondo, soprattutto per l’omaggio doveroso e affettuoso al sacerdote che ho
avuto il dono di conoscere e anche perché partecipavo alla competizione,
inconsapevole dell’esito per me favorevole.
Ero passata
però in un pomeriggio precedente a vedere la mostra di alcune opere del
letterato fidentino, allestita nel Fondo Storico della Biblioteca, accompagnata
da Francesca.
Ora vorrei
proporre le foto che ho scattato, per farne memoria, per fare cosa gradita a
chi, con tanta passione le ha esposte, e a chi non ha potuto accedervi.
E aggiungere
un mio contributo… perché ho trovato una “pulce”!
Non sono
molte le pubblicazioni di Leoni in nostro possesso, la sua produzione
letteraria, infatti, è conservata in massima parte nella Biblioteca Palatina a
Parma, mentre i suoi manoscritti sono custoditi nell’Archivio Giuseppe Micheli.
Cenni sul
personaggio
Michele
Leoni fu un “poligrafo”, cioè un letterato alla moda, come molti scrittori di tante
cose, intellettuali curiosi, tra il Settecento e l’Ottocento. Dice, infatti,
Maria Antonietta Castagnoli, nel volume a lui dedicato nel 1984: Autore di
traduzioni sia dalle lingue classiche sia da quelle straniere moderne, poeta e
drammaturgo, prosatore, polemista, critico, ci ha lasciato numerosi saggi su argomenti
di letteratura, di arte figurativa, di musica, di politica e di storia.
Ebbe parte
attiva nei salotti letterari di Milano e di Firenze che erano allora le città
culturalmente più vivaci ed evolute; di lui si parlò assiduamente sulle riviste
più prestigiose del tempo, nonché sui quotidiani nazionali; di lui si
occuparono, con larghezza di elogi, la stampa straniera e la critica europea
che lo citava come letterato d’avanguardia per la lodevole attività di
traduttore. Basti ricordare che molti studenti si avvicinarono a Omero e a
Virgilio attraverso le sue versioni, adottate nelle scuole per chiarezza e
fedeltà al testo originale, e che Alessandro Manzoni e Silvio Pellico conobbero
grazie a lui, nella nostra lingua, tutto il teatro di Shakespeare, di cui il ‘Fidentino’
- così lo chiama l’Autrice - fu il primo
traduttore in Italia. Diede alle stampe, infatti, la raccolta completa delle Tragedie
in quattordici volumi (Verona 1819-22).
Visse con
passione le vicende storico-politiche, fu oggetto di sanzioni da parte della
censura per i riferimenti politici adombrati nelle sue tragedie, e manifestò la
sua avversione nei confronti di Napoleone scrivendo un feroce libretto (Bonaparte e i Francesi, 1814), con lo
pseudonimo di Elentero Peltipolite.
“Sulla base
dell’entusiasmo con cui accolse il progetto europeista di Giuseppe Mazzini,
almeno sul piano morale, si può anche affermare che per Michele Leoni tradurre
significò stabilire un rapporto fra cultura italiana e culture europee, forse
già preconizzando l’unione ideale dei popoli d’Europa, all’interno della quale
si attuasse la libera trasmissione di idee, di valori e di esperienze culturali
per un reciproco arricchimento. Infine con sensibilità tutta ottocentesca,
affermò l’esigenza di attribuire attualità, universalità e moralità alla
letteratura…”. Partecipò attivamente alle grandi diatribe letterarie d’inizio Ottocento,
quali la questione della lingua e l’accesa disputa tra classicisti e romantici,
e incarnò le contraddizioni dell'epoca comuni ad altri intellettuali.
Nelle
traduzioni, grazie alla perfetta conoscenza della lingua - inglese, francese,
tedesco, latino e greco - si impose la massima fedeltà all’originale, facendo
corrispondere il numero dei ‘versi’ recati in italiano. “Le numerose
infaticabili correzioni che recano i manoscritti testimoniano la sua
scrupolosità di professionista che ricerca la perfezione dello stile e la
maestosità della parola, forse anche per un atteggiamento nei confronti
dell’autore che ammira e del quale teme di sminuirne i pregi”.
“A parte le
traduzioni che costituiscono il nucleo della sua opera, i saggi critici, le
prose, la vasta raccolta di poesie, i trattati politici e perfino scientifici
nascono da una ricerca instancabile, volta a conoscere e a far conoscere idee,
uomini, opere e fatti degni di nota. Nulla lasciò all’improvvisazione”.
Forse ha
scritto troppo e di troppi argomenti, per cui la quantità ha danneggiato
l’incisività, e la critica non è sempre stata benigna con lui.
Strinse
amicizia con Foscolo, Monti, Pindemonte, Giordani, Leopardi, e altri tra cui
Pezzana, con i quali scambiò una fitta corrispondenza.
A Firenze
frequentò i salotti della nobildonna Germaine de Stael e, più assiduamente, quello
della Contessa d’Albany dove conobbe anche Byron, si innamorò di Isabella
Romini e strinse affettuosa amicizia con Quirina Mocenni Magiotti. Proprio da
una lettera di quest’ultima a Foscolo, esule in Svizzera, scritta dopo aver
assistito alla rappresentazione dell’Annibale,
si intuisce la poca fortuna delle tragedie di Leoni: “Povero Leoni… poca gente
e nessun applauso… freddezza dell’argomento… e incapacità degli attori”.
Uomo di
modeste origini, Leoni fu a lungo assillato da problemi finanziari, si trovò
anche in situazioni difficili e confuse… Aspirava a un incarico ufficiale che
gli garantisse sicurezza economica e tempo per i suoi studi, e voleva anche
ritornare nella sua città.
La Duchessa
di Parma realizzò i suoi desideri.
Dall’incontro
a Livorno nel 1819 con Maria Luigia e il conte Neipperg, dove ottenne una
promessa, passarono comunque alcuni anni prima di essere nominato Segretario
della Ducale Parmense Accademia di Belle Arti, conseguire la cattedra di
Letteratura Italiana nella Ducale Università degli Studi e rivedere Parma (come
ben documenta Marisa Guidorzi nell’articolo sul personaggio del 12/05/ 2016 su
questo Blog, cui si rimanda anche per cogliere tra le righe l’anima del
letterato). Ottenne pure la sospirata nomina di Cavaliere dell’Ordine
Mauriziano e poi dell’Ordine Annoverese dei Guelfi, con un ottimo stipendio.
Non tornerà
più a Borgo San Donnino, dov’era nato il 5 marzo 1776, da Giuseppe e Apollonia
Paini.
Alla città
natale aveva dedicato un Carme
inserito in parte nel libro Scritture del
cavaliere Michele Leoni dedicate a Borgo San Donnino - Prezzo Una Lira
Austriaca - dove ne aveva cantato in versi le bellezze e le glorie, e il suo
abbandono: “A Te, diletta Città, dov’ebbi
la cuna... Io mi distaccai da Te ancor giovinetto: ma per fermo soltanto colla
persona, non punto coll’animo… ”, nominandola così: “Ivi, o Fidenza, con lungo uso le preci della sera a porger venni…”.
Anche lui,
come già aveva fatto l’abate Pietro Zani, si considerava fidentino e non
borghigiano, prima che il nome della Città ritornasse alle origini.
Alcuni
volumi in mostra
PEL TENENTE MARESCIALLO CONTE DI NEIPPERG Leoni Prose, 1829. Leoni, alla morte del conte, secondo marito di Maria Luigia, nel 1829, ne recitò l’orazione funebre in Steccata. |
MICHELE LEONI, di Cantilli Ferdinando e Recusani Giacomo, 1939. Volume stampato a Fidenza nella Tipografia “La Commerciale” nell’anno in cui venne intitolata la Biblioteca al Nostro. |
I ritratti
Foto originale in età matura. Archivio Micheli (dal volume Michele Leoni di M. A. Castagnoli). |
Busto in scagliola dipinto a finto bronzo, con la scritta incisa “Prof. Cav. M. Leoni”. Autore ignoto. Raccolta Musini. Biblioteca. |
… ho trovato una “pulce”!
Dalla complessa
traduzione dell’epitaffio, fatta dal sapiente latinista prof. Fausto Cremona, che
ringrazio vivamente per la preziosa disponibilità, emerge invece, come
riportato di seguito, la data di morte il 25 luglio 1858!
A conferma,
il Registro delle Sepolture della Villetta, vergato a mano, riporta, infatti, che:
Leoni
Michele di anni 82 è deceduto in data 25 luglio 1858. In data 26 luglio è stato
emanato il permesso di seppellimento e la tumulazione nell’arco n. 2 della
Reale Università è avvenuta in data 28 luglio.
Don Amos
Aimi grande studioso, oltre che amorevole sacerdote, chiamava casi come questo le
“pulci” dei ricercatori, nozioni errate che copiate in fiducia, senza verificare
le fonti, si trascinano nel tempo…
FELICITA’ ETERNA
NELLA PACE RIGENERATRICE DEI CIELI
A MICHELE LEONI DI FIDENZA
FIGLIO DI GIUSEPPE E DI APOLLONIA PAINI,
INSIGNITO DEGLI ORDINI EQUESTRI
DEI SANTI MAURIZIO E LAZZARO DI SARDEGNA
E DELL’ORDINE GUELFO (DELLA CASATA) DI HANNOVER,
DOCENTE
DI STORIA E DI LETTERATUTA ITALIANA NEL NOSTRO ATENEO,
SEGRETARIO
DELL’ACCADEMIA PARMENSE DI BELLE ARTI,
CHIAMATO A FAR PARTE MERITATAMENTE E GIUSTAMENTE
DI MOLTISSIME ASSOCIAZIONI LETTERARIE E SCIENTIFICHE,
ELOGIATO PER LA MEMORIA PRODIGIOSA E L’ ERUDIZIONE,
SOTTO GLI OCCHI DI TUTTI
PER LA STRAORDINARIA INTEGRITA’ MORALE
IL QUALE
DOPO AVER PORTATO A
COMPIMENTO CON LA MASSIMA COMPETENZA
TANTE OPERE DI ECCEZIONALE UTILITA’ E DI GENERE COSI’
DIVERSO
MORI’
IL 25 LUGLIO DELL’ANNO 1858
A OTTANDUE ANNI DI ETA’.
ZELINDA, NIPOTE DI LEONI PER PARTE DI FRATELLO
ED EREDE UNIVERSALE
DELLO ZIO E BENEFATTORE CARISSIMO,
PER EVITARE CHE LA SUA MEMORIA ANDASSE PERDUTA,
POSE QUESTA ISCRIZIONE
SEPOLCRALE.
La data di morte in latino, secondo il Calendario Giuliano, si traduce
così: VIII Kalend. Aug. Abbreviazione
della formula estesa ante diem VIII
Kalendas Augustas. Considerato che
le Calende (il giorno della luna nuova)
cadevano il 1° del mese e che i Romani includevano nel calcolo il giorno di
partenza e quello di arrivo, l’indicazione “8 giorni prima delle Calende di
Agosto” , cioè antecedenti il 1° di Agosto, si traduce nella data del 25
Luglio.
Leggendo questa
dedica, a 160 anni dalla morte, possiamo ricordare il nostro illustre
concittadino Michele Leoni come desiderava la nipote Zelinda.
Fidenza
17-11-2018
Mirella Capretti
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