sabato 17 novembre 2018

Michele Leoni in un saggio di Mirella Capretti

Questa volta non c’ero alla visita guidata che Isabella ha proposto per ricordare la figura di Michele Leoni, e mi dispiace.

Programmata dal Personale della Biblioteca ancora da marzo - nei festeggiamenti del 150° dell’Istituzione, a lui dedicata - per sabato mattina 20 ottobre, ha visto sovrapporsi in contemporanea il “Premio Don Amos Aimi”. Ho optato per il secondo, soprattutto per l’omaggio doveroso e affettuoso al sacerdote che ho avuto il dono di conoscere e anche perché partecipavo alla competizione, inconsapevole dell’esito per me favorevole.
Ero passata però in un pomeriggio precedente a vedere la mostra di alcune opere del letterato fidentino, allestita nel Fondo Storico della Biblioteca, accompagnata da Francesca.
Ora vorrei proporre le foto che ho scattato, per farne memoria, per fare cosa gradita a chi, con tanta passione le ha esposte, e a chi non ha potuto accedervi.
E aggiungere un mio contributo… perché ho trovato una “pulce”!
Non sono molte le pubblicazioni di Leoni in nostro possesso, la sua produzione letteraria, infatti, è conservata in massima parte nella Biblioteca Palatina a Parma, mentre i suoi manoscritti sono custoditi nell’Archivio Giuseppe Micheli.



Cenni sul personaggio

Michele Leoni fu un “poligrafo”, cioè un letterato alla moda, come molti scrittori di tante cose, intellettuali curiosi, tra il Settecento e l’Ottocento. Dice, infatti, Maria Antonietta Castagnoli, nel volume a lui dedicato nel 1984: Autore di traduzioni sia dalle lingue classiche sia da quelle straniere moderne, poeta e drammaturgo, prosatore, polemista, critico, ci ha lasciato numerosi saggi su argomenti di letteratura, di arte figurativa, di musica, di politica e di storia.
Ebbe parte attiva nei salotti letterari di Milano e di Firenze che erano allora le città culturalmente più vivaci ed evolute; di lui si parlò assiduamente sulle riviste più prestigiose del tempo, nonché sui quotidiani nazionali; di lui si occuparono, con larghezza di elogi, la stampa straniera e la critica europea che lo citava come letterato d’avanguardia per la lodevole attività di traduttore. Basti ricordare che molti studenti si avvicinarono a Omero e a Virgilio attraverso le sue versioni, adottate nelle scuole per chiarezza e fedeltà al testo originale, e che Alessandro Manzoni e Silvio Pellico conobbero grazie a lui, nella nostra lingua, tutto il teatro di Shakespeare, di cui il ‘Fidentino’  - così lo chiama l’Autrice - fu il primo traduttore in Italia. Diede alle stampe, infatti, la raccolta completa delle Tragedie in quattordici volumi (Verona 1819-22).
Visse con passione le vicende storico-politiche, fu oggetto di sanzioni da parte della censura per i riferimenti politici adombrati nelle sue tragedie, e manifestò la sua avversione nei confronti di Napoleone scrivendo un feroce libretto (Bonaparte e i Francesi, 1814), con lo pseudonimo di Elentero Peltipolite.
“Sulla base dell’entusiasmo con cui accolse il progetto europeista di Giuseppe Mazzini, almeno sul piano morale, si può anche affermare che per Michele Leoni tradurre significò stabilire un rapporto fra cultura italiana e culture europee, forse già preconizzando l’unione ideale dei popoli d’Europa, all’interno della quale si attuasse la libera trasmissione di idee, di valori e di esperienze culturali per un reciproco arricchimento. Infine con sensibilità tutta ottocentesca, affermò l’esigenza di attribuire attualità, universalità e moralità alla letteratura…”. Partecipò attivamente alle grandi diatribe letterarie d’inizio Ottocento, quali la questione della lingua e l’accesa disputa tra classicisti e romantici, e incarnò le contraddizioni dell'epoca comuni ad altri intellettuali.

Nelle traduzioni, grazie alla perfetta conoscenza della lingua - inglese, francese, tedesco, latino e greco - si impose la massima fedeltà all’originale, facendo corrispondere il numero dei ‘versi’ recati in italiano. “Le numerose infaticabili correzioni che recano i manoscritti testimoniano la sua scrupolosità di professionista che ricerca la perfezione dello stile e la maestosità della parola, forse anche per un atteggiamento nei confronti dell’autore che ammira e del quale teme di sminuirne i pregi”.
“A parte le traduzioni che costituiscono il nucleo della sua opera, i saggi critici, le prose, la vasta raccolta di poesie, i trattati politici e perfino scientifici nascono da una ricerca instancabile, volta a conoscere e a far conoscere idee, uomini, opere e fatti degni di nota. Nulla lasciò all’improvvisazione”.
Forse ha scritto troppo e di troppi argomenti, per cui la quantità ha danneggiato l’incisività, e la critica non è sempre stata benigna con lui.
Strinse amicizia con Foscolo, Monti, Pindemonte, Giordani, Leopardi, e altri tra cui Pezzana, con i quali scambiò una fitta corrispondenza.
A Firenze frequentò i salotti della nobildonna Germaine de Stael e, più assiduamente, quello della Contessa d’Albany dove conobbe anche Byron, si innamorò di Isabella Romini e strinse affettuosa amicizia con Quirina Mocenni Magiotti. Proprio da una lettera di quest’ultima a Foscolo, esule in Svizzera, scritta dopo aver assistito alla rappresentazione dell’Annibale, si intuisce la poca fortuna delle tragedie di Leoni: “Povero Leoni… poca gente e nessun applauso… freddezza dell’argomento… e incapacità degli attori”.
Uomo di modeste origini, Leoni fu a lungo assillato da problemi finanziari, si trovò anche in situazioni difficili e confuse… Aspirava a un incarico ufficiale che gli garantisse sicurezza economica e tempo per i suoi studi, e voleva anche ritornare nella sua città.
La Duchessa di Parma realizzò i suoi desideri.
Dall’incontro a Livorno nel 1819 con Maria Luigia e il conte Neipperg, dove ottenne una promessa, passarono comunque alcuni anni prima di essere nominato Segretario della Ducale Parmense Accademia di Belle Arti, conseguire la cattedra di Letteratura Italiana nella Ducale Università degli Studi e rivedere Parma (come ben documenta Marisa Guidorzi nell’articolo sul personaggio del 12/05/ 2016 su questo Blog, cui si rimanda anche per cogliere tra le righe l’anima del letterato). Ottenne pure la sospirata nomina di Cavaliere dell’Ordine Mauriziano e poi dell’Ordine Annoverese dei Guelfi, con un ottimo stipendio.
Non tornerà più a Borgo San Donnino, dov’era nato il 5 marzo 1776, da Giuseppe e Apollonia Paini.
Alla città natale aveva dedicato un Carme inserito in parte nel libro Scritture del cavaliere Michele Leoni dedicate a Borgo San Donnino - Prezzo Una Lira Austriaca - dove ne aveva cantato in versi le bellezze e le glorie, e il suo abbandono: “A Te, diletta Città, dov’ebbi la cuna... Io mi distaccai da Te ancor giovinetto: ma per fermo soltanto colla persona, non punto coll’animo… ”, nominandola così: “Ivi, o Fidenza, con lungo uso le preci della sera a porger venni…”. 
Anche lui, come già aveva fatto l’abate Pietro Zani, si considerava fidentino e non borghigiano, prima che il nome della Città ritornasse alle origini.

Alcuni volumi in mostra

IL PARADISO PERDUTO poema di John Milton, 1817, traduzione dall’inglese. Frontespizio con ben visibile il timbro del “Comitato Promotore Biblioteca Popolare di Borgo San Donnino” che racchiude i simboli della Massoneria. Il testo, in versi, racconta l’episodio biblico della caduta dell’uomo: la tentazione di Adamo ed Eva ad opera di Satana e la loro cacciata dal giardino dell’Eden.
LE STAGIONI di James Thomson, 1818, traduzione dall’inglese. L’insegna tipografica del frontespizio presenta il serpente, con la testa di volatile, attorcigliato alla freccia rivolta in basso su una sfera. Il volume comprende i poemi scritti dal poeta e drammaturgo scozzese.

LAMENTO DEL TASSO di lord Byron, 1818. Nell'antiporta bella incisione che raffigura Torquato Tasso in prigione. Byron come altri letterati aveva compiuto il Gran Tour in Italia, recandosi a visitare i luoghi dove i poeti italiani avevano vissuto, tra questi Ferrara, patria di Ariosto e Tasso. Qui si era fermato davanti alla cella in cui il duca d'Este aveva imprigionato Tasso e si era fatto chiudere dentro per sperimentare personalmente cosa avesse provato il poeta. Da quell’esperienza era scaturito il componimento poetico che Leoni, suo amico, si affrettò a tradurre. Ancora oggi questo poema è noto soprattutto attraverso la traduzione del Nostro.
PEL TENENTE MARESCIALLO CONTE DI NEIPPERG Leoni Prose, 1829. Leoni, alla morte del conte, secondo marito di Maria Luigia, nel 1829, ne recitò l’orazione funebre in Steccata.
ILIADE di Omero. Pagine 336-37. Il manoscritto della traduzione dal greco si trova in Palatina a Parma. A proposito di traduzioni, leggere le ultime righe di pagina 336! Leoni conosceva molto bene il greco, Monti no. Da qui la diatriba di Foscolo che mentre elogiava Leoni, accusava Monti di essere traduttore dei traduttori (poiché traduceva la versione latina fatta da altri).
PITTURE DI ANTONIO ALLEGRI DA CORREGGIO illustrate da Michele Leoni, 1841, frontespizio. Qui l’insegna tipografica presenta un busto di figura, su piedestallo, con due teste sovrapposte entro corona di alloro, attorniato dai simboli delle arti (architettura, scultura, pittura) sopra mensola con la scritta “arts” entro due modiglioni a voluta.
Lo stesso volume aperto: a pag. 17 il capitolo che tratta del dipinto LA MADONNA DELLA SCODELLA. In esso, all’inizio, Leoni esprime in un confronto sintetico le doti artistiche di tre grandi: Raffaello, Correggio, Tiziano.
PROSE DEL CAV. MICHELE LEONI, 1843. Nel frontespizio bella marca tipografica con la rosa e il timbro tondo della “Biblioteca Popolare Circolante di Borgo San Donnino” con lo stemma coronato della Città. Il libro presenta opinioni dell’Autore si argomenti diversi.
VITA DI GNEO GIULIO AGRICOLA scritta da Caio Cornelio Tacito, 1845, traduzione dal latino. L’opera raccoglie avvenimenti della vita di Agricola, politico e militare romano che ebbe un ruolo importante nella conquista della Britannia, da parte dello storico Tacito, suo genero.
MICHELE LEONI, di Cantilli Ferdinando e Recusani Giacomo, 1939. Volume stampato a Fidenza nella Tipografia “La Commerciale” nell’anno in cui venne intitolata la Biblioteca al Nostro. 

I ritratti

Incisione di L. Roda su disegno di L. Torelli. Ritratto giovanile in un ovato. Raccolta Musini. Nel 1984 è documentato in Biblioteca (dal volume Michele Leoni di M. A. Castagnoli): stampa al momento non reperibile. Nella pagina è stato inserito l’atto di battesimo conservato nell’Archivio parrocchiale della Cattedrale di Fidenza.
Foto originale in età matura. Archivio Micheli (dal volume Michele Leoni di M. A. Castagnoli).
Busto in scagliola dipinto a finto bronzo, con la scritta incisa “Prof. Cav. M. Leoni”. Autore ignoto. Raccolta Musini. Biblioteca.
Annullo filatelico nel 150° anniversario della morte (4-10-2008) che riprende il ritratto inciso. La data del giorno e del mese è convenzionale, poiché l’annullo con relative mostra e cartoline sul personaggio veniva fatto in ottobre, nel periodo della Fiera di San Donnino, dal “glorioso” Gruppo Filatelico e Numismatico Fidentino del D.L.F., che ogni anno, con la scusa degli anniversari, portava in luce e risvegliava il ricordo di figure e avvenimenti importanti della storia di Fidenza.
La tomba, Cimitero della Villetta, Parma.

Morì a Parma, secondo quanto riportato finora in tutti gli studi a lui dedicati, il 27 agosto 1858. Nel Cimitero della Villetta, dove fu sepolto, si trova ancora la lapide con iscrizione latina a lui dedicata, nell’arco n. 2 dell’Ottagono di proprietà della Reale Università (dall’ingresso principale, primo arco a destra).
… ho trovato una “pulce”!

Dalla complessa traduzione dell’epitaffio, fatta dal sapiente latinista prof. Fausto Cremona, che ringrazio vivamente per la preziosa disponibilità, emerge invece, come riportato di seguito, la data di morte il 25 luglio 1858!  
A conferma, il Registro delle Sepolture della Villetta, vergato a mano, riporta, infatti, che:
Leoni Michele di anni 82 è deceduto in data 25 luglio 1858. In data 26 luglio è stato emanato il permesso di seppellimento e la tumulazione nell’arco n. 2 della Reale Università è avvenuta in data 28 luglio.

Don Amos Aimi grande studioso, oltre che amorevole sacerdote, chiamava casi come questo le “pulci” dei ricercatori, nozioni errate che copiate in fiducia, senza verificare le fonti, si trascinano nel tempo…

FELICITA’ ETERNA
NELLA PACE RIGENERATRICE DEI CIELI
A MICHELE LEONI DI FIDENZA
FIGLIO DI GIUSEPPE E DI APOLLONIA PAINI,
INSIGNITO DEGLI ORDINI EQUESTRI
DEI SANTI MAURIZIO E LAZZARO DI SARDEGNA
E DELL’ORDINE GUELFO (DELLA CASATA) DI HANNOVER,
DOCENTE
DI STORIA E DI LETTERATUTA ITALIANA NEL NOSTRO ATENEO,
SEGRETARIO
DELL’ACCADEMIA PARMENSE DI BELLE ARTI,
CHIAMATO A FAR PARTE MERITATAMENTE E GIUSTAMENTE
DI MOLTISSIME ASSOCIAZIONI LETTERARIE E SCIENTIFICHE,
ELOGIATO PER LA MEMORIA PRODIGIOSA E L’ ERUDIZIONE,
SOTTO GLI OCCHI DI TUTTI
PER LA STRAORDINARIA INTEGRITA’ MORALE
IL QUALE
DOPO AVER  PORTATO A COMPIMENTO CON  LA MASSIMA COMPETENZA
TANTE OPERE DI ECCEZIONALE UTILITA’ E DI GENERE COSI’ DIVERSO
MORI’
IL 25 LUGLIO DELL’ANNO 1858
A OTTANDUE ANNI DI ETA’.
ZELINDA, NIPOTE DI LEONI PER PARTE DI FRATELLO
ED EREDE UNIVERSALE
DELLO ZIO E BENEFATTORE CARISSIMO,
PER EVITARE CHE LA SUA MEMORIA ANDASSE PERDUTA,
POSE QUESTA ISCRIZIONE SEPOLCRALE.

La data di morte in latino, secondo il Calendario Giuliano, si traduce così: VIII Kalend. Aug. Abbreviazione della formula estesa ante diem VIII Kalendas Augustas.  Considerato che le Calende (il giorno della  luna nuova) cadevano il 1° del mese e che i Romani includevano nel calcolo il giorno di partenza e quello di arrivo, l’indicazione “8 giorni prima delle Calende di Agosto” , cioè antecedenti il 1° di Agosto, si traduce nella data del 25 Luglio.

Leggendo questa dedica, a 160 anni dalla morte, possiamo ricordare il nostro illustre concittadino Michele Leoni come desiderava la nipote Zelinda.

Fidenza 17-11-2018                                                                                     Mirella Capretti

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