Storie di cellulari e SIM
Carissimo Ambrogio,
ho appena letto di una signora, la quale ha compiuto un viaggio turistico in Medio Oriente. Durante una escursione in un deserto, in Giordania, con il suo cellulare, ha scattato delle foto e girato delle riprese.
Al ritorno in hotel, si è accorta di avere malauguratamente perso il telefonino, rimanendo molto dispiaciuta per il valore affettivo di contatti e foto, in esso contenuti. Ma ecco che riceve una chiamata dal figlio, dall'Italia.
Un agente molto gentile della polizia giordana lo aveva contattato e gli aveva spiegato che aveva ritrovato il cellulare nel deserto e che ora lo aveva lui; gli aveva lasciato il suo numero, pregandolo di venire poi contattato per restituirglielo.
La signora è tornata in Giordania, e il poliziotto le ha fatto ritrovare il cellulare in aeroporto, presso l'ufficio della Polizia turistica. Quando lo ha riavuto, la donna ha scoperto che il poliziotto aveva contattato tutti i numeri in rubrica prima di arrivare al nome di suo figlio.
Questa storia, termina la signora, l'ha aiutata ad avere ancora fiducia nell'umanità e a vedere una luce in fondo al tunnel di tutto la cattiveria e la diffidenza, dilaganti al giorno d'oggi.
Molti conoscenti, però, le hanno chiesto come sarebbe andata a finire in Italia; e lei non ha saputo che cosa rispondere.
Io trovo che chi le ha posto la maligna domanda appartenga alla categoria molto vasta della maldicenza, appunto, e che il fatto di non sapere che cosa rispondere, presupponga la convinzione di una disonestà insita ed innata nel popolo italico e nelle nostre forze dell'ordine, e dimostri una esterofilia ingiustificata ed una italofobia poco onorevole, alla Tafazzi.
Domanda malignetta, mia personale, a questo punto: ma che diavolo conteneva mai quella sim, perché la signora tornasse precipitosamente ad Amman, per recuperare il cellulare e tornarsene poi in Italia, a stretto giro d'aereo?
Misteri degli smartphone...
Franco Bifani
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