mercoledì 5 marzo 2014

Quella mattina del marzo 1945 alle Carzole

Domenica 9 marzo saranno solennemente commemorate le vittime degli eccidi di via Baracca e di Carzole di Coduro, cadute sotto il piombo dei nazifascisti il 10 e 11 marzo 1945.
Ricordare il passato è impegnarsi tutti insieme, soprattutto i giovani, per un futuro di pace: questo anniversario è un'occasione per non dimenticare.
PROGRAMMA

Ore 9.45 - Funzione religiosa di suffragio nella chiesa di Coduro;
Ore 10.15 – Saluto del sindaco di Fidenza, Mario Cantini. Intervento di Cristiano Squarza, segretario della sezione locale Anpi, e di un referente dell’Anpi di Piacenza.
Ore 10.45 – Deposizione corona di alloro al Monumento Caduti di Carzole;
Ore 11.15 – Deposizione corona di alloro al Cippo ricordo di via Baracca.

La cerimonia sarà accompagnata dalla banda “Città di Fidenza”.

Presenzieranno alla cerimonia i rappresentanti e i gonfaloni dei Comuni di Piacenza e Fontanellato, della Regione Emilia Romagna, delle Province e dell’Anpi di Parma e Piacenza


L'ECCIDIO DELLE CARZOLE E DI VIA BARACCA
da "Fidenza nella Resistenza" di Amos Aimi e Aldo Copelli

All'intensificarsi della guerriglia partigiana, i tedeschi risposero con feroci rappresaglie. Il mattino del 9 marzo 1945 gli abitanti di Rimale vedono sulle loro porte un Avviso che diceva:
"Il giorno 9 marzo 1945 dei soldati germanici vennero vilmente assassinati tra Fidenza ed Alseno in una insidia tesa sulla via Emilia. A ragione di rappresaglia furono giustiziati sullo stesso luogo del delitto i seguenti banditi previamente condannati a morte: Golli (Galli), Filippo, Cavanna Francesco, Risoli Giuseppe, Ghirlanda Giuseppe, Pavesi Giuliano, Cerlesi Raffaele, Bertè Luciano, Verzè Giannino, Sichel Sergio, Beiriguardo (Bel riguardo) Valentino, Guerzoni Primo, Sampini (Semprini) Carlo, Sessenna (Sesenna) Mario, Baldini Alberto".
Sulla via Emilia era stato precedentemente ucciso un tedesco e non era stato portato via. In quel 9 marzo, tuttavia, i tedeschi a Rimale non avevano eseguito nessuna condanna a morte, ma stavano preparando l'esecuzione.
La mattina del 10 marzo i 14 ostaggi indicati nell'Avviso esposto il giorno prima a Rimale, sono prelevati dalle prigioni di Piacenza e avviati su due autocarri con la scorta di venti nazifascisti verso Parma.
Gli automezzi alle 22 circa arrivano a Fidenza, si fermano e ai prigionieri viene dato l'ordine di scendere. Il viaggio notturno non insospettisce i patrioti, quasi tutti piacentini. I prigionieri camminano verso Coduro, due per due in mezzo alla strada, mentre i tedeschi procedono in fila indiana da una parte e dall'altra.
Una squadra del Barabaschi, comandata da Full, si trovava nel campo sportivo di Fidenza, era scesa per ispezionare la via Emilia. Alcuni partigiani si trovavano sul tetto della biglietteria; Full stava proprio sulla biglietteria verso la Fidenza Vetraria. I partigiani vedono passare i tedeschi con in mezzo i prigionieri. Non comprendono affatto che i prigionieri sono condotti alla morte. I partigiani non attaccano per paura di uccidere i prigionieri. A Coduro la colonna si ferma; i prigionieri sono sempre in mezzo alla strada, mentre i tedeschi sono spostati sulle banchine verso il fosso. Un tedesco prende i primi due prigionieri, li porta per una strada laterale sulla sinistra, la strada delle Carzole. Si sentono quattro colpi; si vede la fiammata del mitra. Il tedesco ritorna e ne prende altri due; ancora quattro spari e nessun lamento. Raffaele Cerlesi ha capito e dice: "Qui ci ammazzano tutti". È la volta di Verzè, Cerlesi e Sichel. Cerlesi dice: "Mi dispiace solo per mia figlia". Si salutano, non ancora convinti di morire. Sichel vede che il tedesco fa coricare i suoi amici e poi con il mitra spara su loro due colpi in testa; intanto con il piede colpisce la testa inerte di un amico morto. Solo allora ha una reazione. Molla una pedata nella pancia al tedesco che aveva davanti e scappa.

Sichel fugge, fugge. I tedeschi sparano a lungo contro di lui, con le pallottole traccianti; gli lanciano anche una bomba che lo ferisce, facendolo cadere. Ma Sichel continua a fuggire per tutta la notte. All'alba giunge ad una tenuta del principe Meli Lupi di Soragna. Il principe fa curare il fuggiasco, poi lo fa accompagnare in montagna.
Anche Baldini riesce a salvarsi: quando sta per ricevere il colpo di grazia, supino a terra, si copre il viso con le mani; il gesto istintivo gli salva la vita, poiché le pallottole lo feriscono superficialmente senza colpirlo a morte. Giace a lungo svenuto; quando riprende i sensi, si ritrova solo in mezzo ai suoi amici tutti morti. Non c'era più nessuno. Baldini allora raggiunge una cascina in fondo alla strada dove era avvenuta la strage.
È accolto da Eugenio Morini e così riesce a salvarsi. I tedeschi intanto affiggono un avviso identico a quello del giorno prima, con la data però del 10 marzo.
La domenica mattina dell'11 marzo, Albino Porcari avvisa il parroco di Coduro, don Francesco Stringhini, che era stato compiuto un terribile eccidio sulla strada delle Carzole. Il sacerdote accorre e nel dare l'assoluzione non riesce a trattenere le lacrime; giungono il dottor Catelli e il podestà Mosè, sfollato a Coduro. Il podestà e il parroco riescono ad ottenere dal Comando tedesco il permesso di seppellimento, anche se l'intenzione dei tedeschi era che i corpi dei giustiziati restassero esposti 3 giorni, per incutere terrore nella popolazione. Il lunedì mattina, Denti, becchino del cimitero di Fidenza, carica su un carretto le salme e le porta al cimitero di Parola.
In seguito, il 13 luglio '45, per iniziativa di don Francesco Stringhini, la parrocchia di Coduro erigerà sul luogo della esecuzione una grande croce, fatta da Allegri Sperindio. Sulla porta della chiesetta, testimone di pace in un punto tanto caldo della Resistenza, durante la solenne ufficiatura una grande scritta ricordava: "MISERICORDIOSO ETERNO IDDIO, ACCETTA L'INCRUENTO SACRIFICIO DEL TUO DIVIN FIGLIO CHE OGGI SI OFFRE A SUFFRAGIO DEI 14 MARTIRI CHE OFFRIRONO LA LORO VITA PER LA MADRE PATRIA". 
I morti erano solo 13, ma allora non si sapeva che, oltre Baldini, anche Sichel era riuscito a salvarsi.
Guido Seletti (Bruch) stava sulla biglietteria del campo sportivo di Fidenza, quando la notte del 10 marzo erano passati i condannati a morte. Il partigiano aveva insistito per fare una raffica, ma inutilmente. Tutta la squadra lo aveva sconsigliato per paura di rappresaglie. Allora quel patriota, ferito nella sua sensibilità e determinazione, disse che voleva andarsene; così prese quell'uscita del campo sportivo che porta all'ospedale. Spericolato e audace com'era, va a compiere un'azione personale. Erano circa le 5 del mattino dell'11 marzo.

Con una raffica di bren Bruch cattura un camion che proveniva da Parma; salta sul predellino di sinistra dell'automezzo e intima all'autista di proseguire per la prima strada di sinistra, per la strada della Bionda, verso le basi partigiane. L'autista, invece, prosegue sulla via Emilia e lo porta al posto di blocco, all'incrocio Fidenza-Tabiano. Bruch vede una persona che con una lampadina rossa faceva cenno al camion di fermarsi; come s'accorge che si trattava di un fascista, scende dal predellino, gira dietro il camion, si porta contro il milite che parlava con l'autista e con una raffica lo uccide. S'impossessa dell'arma e fugge lungo la strada di Tabiano tra gli spari dei fascisti. 
Subito dopo la morte di quel fascista, a Fidenza, in via Baracca, vennero trucidati, in quella mattina dell'11 marzo, tre patrioti: Luigi Pezzali, Arnaldo Fava e Celino Brambilla. I tre avevano operato come membri della 7Sa Brigata S.A.P. vicino a Fontanellato, comandata da Ballarini (Bongiorni). Fava, commissario della Brigata; subì per 7 giorni torture indicibili a Fidenza alla casa "Littorio" e poi ancora a Parma nella sede della SO a Legione. I tre, portati a Fidenza, ricevettero il conforto religioso da don Celestino Pelizziari di Parma, e poi furono giustiziati.





8 commenti:

  1. Eppure ci sono tanti, troppi, che rimpiangono quelle gloriose, eroiche e radiose giornate di stragi di partigiani e non, e che piangono e smoccolano solo sulle vittime della Volante Rossa, nel famigerato Triangolo della Morte. Chi di mitra ferisce, di mitra perisce!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Giusto caro Franco, ma un cruccio alberga in me riguardo la veridicità con cui ci hanno raccontato la storia: si celebrano, giustamente, i caduti delle Carzole, i morti nella guerra di liberazione, le vittime della barbarie nazista. Ma perchè ci si dimentica così facilmente delle vittime dei bombardamenti alleati su Fidenza? Causarono un numero di vittime di circa dieci volte superiore a quelle provocate dai nazifascisti, quello era "fuoco amico". Per associazione di idee, visto che in questi giorni si teme per la crisi ucraina sopratutto per quello che farà la Russia, mi viene in mente nel 1968 quando le truppe sovietiche invasero la Cecoslovacchia. Dopo i disastri provocati, anche in termine di vittime, i nuovi "padroni" della Cecoslovacchia ringraziavano la "madre" Unione Sovietica per "l'aiuto fraterno" (proprio queste parole vennero usate) dispensato a quel popolo in difficoltà. Se la cosa non fosse stata così drammatica scoppierei dal ridere

      Elimina
    2. La ricorrenza delle vittime dei bombardamenti è annualmente celebrata presso la Chiesa parrocchiale di San Michele. Riguardo alle vittime per Fidenza fu di trenta non dieci volte di più.

      Elimina
    3. Signor Meletti, intervega quando si parlerà delle vittime dei bombardamenti, che erano contro le strutture che alimentavano la guerra e provocarono vittime (oggi li chiamano effetti collaterali). Ma su questo sito si onorano o ricordano i partigiani. La saluto
      Giancarlo, cugino del caduto Ghirlanda Giuseppe)

      Elimina
  2. Per tutti gli anni in cui ho trasmesso alle radio locali, i due superstiti dell'eccidio, Sichel e Baldini, sono stati ospiti delle mie trasmissioni. Era mio padre a tenere i contatti con loro. Mai interviste sono risultate tanto difficili per me. Sichel era ancora lucidissimo e lo è stato sino all'ultimo, mentre Baldini non si è mai più ripreso da quel giorno di Marzo del 1945 ed il suo ricordo più vivo rimaneva èl nòstar Väscón (acquedotto) che aveva guardato dalla camionetta, percorrendo il tragitto da Piacenza verso Parma. Ogni volta che veniva a Fidenza voleva e non avrebbe voluto passare a rivederlo, poi decideva per il sì. Dopo di che non riusciva più a parlare. Mio nonno Denti èl süpión, che si occupò del trasporto delle salme dei martiri (quante ne ha trasportate su quel carretto dal "43 al "45), non volle mai rilasciarmi alcuna intervista e non volle mai parlare dell'accaduto.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Capisco Baldini e capisco tuo nonno che si è "tenuto dentro" questo ed altro.

      Elimina
  3. Germano, ai tempi dei fatti di Ungheria, di Berlino e della Cecoalovacchia, erano validi ancora gli accordi di Yalta. E vedrai che, anche per l'Ucraina, nessuno farà nulla di concreto; tutti a sbraitare, a minacciare sanzioni, interventi, ad agitare pugni e missili, ma è tutta una sceneggiata. Del resto, se anche il PCI, qui da noi, avesse vi to le elezioni, nel 1948, sta' pur sicuro che gli americani sarebbero subito intervenuti. E nemmeno Stalin intervenne per salvare dagli inglesi gli esaltati partigiani greci dell'ELAS, nel '45, proprio perché la Grecia e l'Italia facevano parte della sfera d'influenza occidentale.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Vedo solo adesso questo commento che condivido al 200% !!!
      Purtroppo descrive la nuda realta': a Yalta si sono spartiti i vari paesi.
      Noi eravamo "liberi di votare", purche' non vincesse il PCI: anche Cossiga ci spiego' che Gladio/Stay Behind erano pronti ad intervenire se avesse vinto il PCI...

      Elimina