Si deve alla penna di Nino Denti la più bella descrizione di quell'edificio posto alla confluenza della strada proveniente da Salsomaggiore e la vecchia circonvallazione dove oggi giriamo in tondo nella nuova piazza provvisoriamente chiamata "Gramsci". Nel 1980 veniva infatti pubblicato il 14 volume della fortunata collana Quaderni Fidentini dell'avvocato Nino Denti illustrato da disegni di Ettore Ponzi.
Leggiamo e guardiamo.
La foto è di qualche anno fa ma ancora oggi la palazzina si presenta così |
Questo è un particolare, il balcone oggi prospetta su piazza "Gramsci" |
Ed ecco una foto storica, come l'ombrello ed il cappello del contadino in abito da città |
L'osteria "d'la Francia"
Dal volume "Osterie di Casa Mia" di Nino Denti
Alcuni
anni prima della guerra 1915-1918 era arrivata in Borgo dalla Francia una
famiglia del casato dei Corradi, la quale intese aprire un esercizio di vendita
di vino; la prima azienda venne sistemata in un negozio di macelleria di carne
equina, in contrada San Michele, ceduto da un ben noto "Sprochén", di origine
parmigiana. Non fu però che un inizio, perché dopo poco tempo, i Corradi
pensarono di fare un passo in avanti, prendendo in affitto una casa isolata di
nuova costruzione, posta alla confluenza della strada per Salsomaggiore e di
quella della circonvallazione.
Era una
palazzina pretenziosa, ideata con criteri presuntuosamente «faraonici», cosi da
attirare l'attenzione di chi passava appresso; infatti non venne installata
alcuna insegna, quasi a non voler profanare lo stranissimo stile.
La
chiamavano tutti l'Osteria della «Francia» e ciò piacque ai gestori e ancor di
più ai clienti.
A tener
lontana dall'osteria la cosiddetta «gente da poco» era l'austerità di questa
palazzina, che automaticamente divenne come la sede di un circolo di
appartenenti all'élite borghigiana, intenditori di buona cucina e di
altrettanto buona cantina; vi si dava anche alloggio, con poche camere a
disposizione, confortevoli in tutti i sensi.
La signora
Corradi mandava avanti da sola la cucina e poiché veniva dalla Francia, dove la
gente ha sempre avuto cura dei fornelli come delle bottiglie, non ci mise molto
a creare per il proprio esercizio una meritata fama di posto di delizie per il
palato e per lo stomaco: premessa, questa, che assicurò subito una buona
clientela.
Come
succede in tutti i centri di provincia, dove è facile controllare i vari
ambienti pubblici, a Borgo i cosiddetti «signori» si organizzarono, per stare
da soli nelle ore trascorse lontano dalle proprie attività e dal proprio
focolare domestico e l'osteria della «Francia» divenne una specie di cenacolo,
più che di giorno, di notte, dato che, per essere in regola con l'orario di
chiusura, bastava mettere i battenti alla porta d'entrata.
Al
pianterreno c'era l'ampia cucina e le stanze per chi chiedeva da bere e da
mangiare; c'era sempre una saletta riservata, le cui finestre venivano chiuse
quando ospitava gente con una certa discrezione. L'osteria della "Francia" non
poteva a meno di essere l'argomento di tante indiscrezioni.
Allora le
donne difficilmente frequentavano pubblici locali e se qualche giovane ragazza
doveva andarci, prima di superare la porta d'entrata, si guardava d'attorno,
per paura di occhi indiscreti.
Poi alla "Francia" vi fu un "fattaccio".
.........
Ometto per non disturbare animi sensibili e morigerati la descrizione del "fattaccio" riportata nel volume citato.
Ambrogio, interrompi sul più bello, non vale! Praticamente, l'Osteria d'la Francia era un'antenata del Dea Luna della Fidenza odierna: mangia, bevi e…
RispondiEliminaInterrompa pure signor Ambrogio, è quanto di meglio!
RispondiEliminaRicordo, era sulla ds dopo la villa liberty, come si può notare un piccolo slargo sulla ds dell'ultima foto.
Grazie!