Approfitto ancora di una ricorrenza, oggi della nascita, per ricordare l’abate Zani fidentino, riproponendo una sua lirica di saluto dedicata a Borgo quando ormai era alla fine dei suoi giorni.
Pur avendolo definito “B. S. Donnino, Valle di Miseria…” in una lettera ad Affò del 10 marzo 1788, quando, impegnato a definire il piano dell’Enciclopedia, chiede aiuti e libri, e si rende conto che Borgo non può rispondere alle sue aspettative di ricerca, o “mia miserabil patria” quando scrive al marchese Malaspina di Pavia il 19 giugno 1818, e ancora il 26 luglio successivo, sempre al Pavese, dove elenca le quattro opere da lui ideate:
“la quarta […] è tutta consacrata alla ‘mia povera patria’ e al nostro protettore San Donnino; della qual storia, e di questo santo tengo ammassate o assembrate mille notizie”, qui racchiude tutto il suo amore per il luogo natio.
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Manoscritto Pietro Zani, 1821 ca. Biblioteca Diocesana del Seminario Vescovile, Fidenza. |
Tra le ultime carte della Miscellanea di documenti riguardanti il Nostro, conservate nella locale Biblioteca Diocesana del Seminario Vescovile, c’è infatti una struggente poesia di addio, dedicata alla “Patria” Borgo San Donnino.
Scritta di suo pugno sicuramente a Parma negli ultimi mesi di vita segnati dalla malattia, quando, impegnato nella stampa dell’Enciclopedia e sentendosi calare le forze, il pensiero fisso dell’immane lavoro ancora da terminare gli fa temere di non ritornare più, come avrebbe desiderato.
Comunque, poi, non riuscendo più a reggersi in piedi, presumibilmente all’inizio dell’estate 1821, si fa trasportare a Borgo presso parenti, auspicando che l’aria di casa lo faccia guarire, ma inutilmente.
Riuscirà, quindi, a chiudere gli occhi dove li aveva aperti, ma non a terminare l’opera di una vita.
“Quel Dio che il tutto regge, e che mi vede il coreSa quanto alla mia Patria abbia portato amore:E a Lui noto è pur anche l’acerbo e fier tormento,Nel doverla lasciare, che all’anima ne sento.Io già nutria in mente speranze le più certeDi chiuder le mie luci ove le aveva aperte:Ma il mio destin vuol forse che il fin de giorni mieiVeggomi in altro Cielo contrariar desir miei +Io presso insigni Amici, e avanti il partir mioVoglio a Voi, e alla Patria donar l’ultimo addio”.
Pietro Zani, considerato il più grande esperto di stampe dei suoi tempi, era conosciuto in tutt’Europa.
Per documentarsi sulle incisioni originali in particolare, allora in voga, sulle carte e gli scritti che ne illuminavano la storia, esaminando collezioni pubbliche e raccolte private di regnanti, di uomini facoltosi, di religiosi e di mercanti, per la sua Enciclopedia, visitò a piedi le più importanti città: Vienna, Praga, Dresda, Lipsia, Parigi...
Non Londra, dove avrebbe potuto recarsi:
In uno dei suoi viaggi in Italia, dove si portò fino a Napoli*, al ritorno a Roma fu ospite dei coniugi Saunder che gli avevano offerto la possibilità.
Così egli racconta nella nota 24 di pagina 54 del Primo Discorso Preliminare della sua Enciclopedia:
"La gratitudine vuole che io non taccia, come in Roma, unitamente al mio compagno D. Antonio, convissi per ben tre mesi con madama Saunder e il suo sposo, ai quali s’aggiunse il Capitano Moor, tutti di nazione inglese, persone affabilissime. Vollero essi accompagnarci fino a Bologna. Io poi mi sono le mille volte pentito del non aver accettati i cordiali e replicati inviti che unitamente mi fecero di portarmi a loro spese in Londra. Ma il pentirsi da sezzo nulla giova."
È sempre un piacere, comunque, ricordare come Londra, città lontana che mai vide il nostro Abate, lo abbia omaggiato per la sua felice scoperta della prima stampa italiana.
La direzione del British Museum ha acquistato infatti dopo metà Ottocento tre esemplari a colori del suo ritratto, eseguito dall’incisore Denon mentre guarda con la lente la stampina di Maso Finiguerra, dopo tante ricerche, in quel di Parigi (A. Leandri 2013).
Una prova di quelle stampe, che il nostro vescovo Luigi Sanvitale aveva portato con sé a Piacenza e poi restituita al Seminario di Borgo, è andata dispersa con i bombardamenti del 1944 (già su questo Blog il 16 dicembre ’22).
*Piccola curiosità:
A ricordo del suo soggiorno a Napoli, Don Pietro conservò due foglietti scontrino a stampa compilati a mano attestanti le sue visite ai musei della città che ci fanno conoscere come erano organizzati, allora, gli accessi alle raccolte pubbliche di opere d’arte, con il nome dell’accompagnatore.
Il primo foglietto (nell’ordine della Miscellanea) con incarico di guida assegnato dal Re al sig. D. Mattia Zarrillo, per far vedere al Nostro e alla sua compagnia il Real Museo Farnesiano, è in data 11 novembre 1793 (la collezione Farnesiana proveniente dal Ducato di Parma, attualmente ospitata insieme ad altre nel Museo di Capodimonte).
Biglietto con cui l'Abate ha visitato il Museo Farnesiano di Napoli, 1793, Biblioteca Diocesana del Seminario Vescovile, Fidenza. |
Il secondo foglietto è simile al precedente, con la stessa data, e presenta incarico di guida conferito dal Re al Sig. D. Francesco La Vega per accompagnare l’Abate al Real Museo Ercolanese.
Due piccoli, fragili pezzetti di carta che sono giunti fino a noi.
Provo a pensare all’Abate con la sua talare nera all’uscita dei musei mettere i biglietti nella borsa di tela cerata per custodirli tra le sue carte…
Poi il ritorno sui suoi passi fino a Roma, chissà con quali scarpe...
Avrà avuto un carretto dove trasportare le sue misere cose nei lunghi viaggi, o solo un sacco?
Da Roma a Bologna in carrozza.
Da Bologna a piedi fino a Borgo.
Biglietti tenuti per tutta la vita e lasciati con tutti i suoi documenti - lettere, attestati, permessi, passaporti - al Seminario Vescovile.
Con i bombardamenti raccolti da mani preziose insieme a quel che rimaneva e conservati fino a oggi.
Piccole cose che non cambiano certo il corso degli eventi e non sembrano avere importanza, ma per chi si sofferma a conoscerle diventano briciole di storia.
Fidenza 04.09.2025 Mirella Capretti
Grazie, Mirella, davvero. Come sempre. Un grandissimo, il Nostro. E con quanta dolcezza ne parli. Ovviamente, anche con le consuete competenza e precisione. Ti dobbiamo tutti gratitudine per la riscoperta di questo illustre concittadino.
RispondiEliminasi evince chiaramente da come scrivi la devozione all’abate 🙏🏿
RispondiEliminaOgni volta, cara Mirella, aggiungi un interessante tassello al grande ritratto di un fidentino tanto importante. Grazie e complimenti per la tua preparazione, e per l'amore che traspare nei tuoi scritti.
RispondiEliminaMirella grazie per farci conoscere la storia con la tua competenza e con le suggestioni che sai donarci facendotene interprete
RispondiEliminaIl delizioso e accurato racconto dell'autrice stuzzica anche la mia fantasia quando si chiede con affetto e spontanea curiosità in che modo l'Abate conducesse i suoi viaggi. Quale equipaggiamento, quali agi poteva egli permettersi? Una volta San Giovanni Paolo II disse: "I poveri non viaggiano". Ebbene, pur comprendendo il significato della sua frase che lo spinse a viaggiare moltissimo durante il suo pontificato per incontrare i "poveri", possiamo senza irriverenza smentirlo. Anche le persone non agiate viaggiano (e a prezzo di quali sacrifici!) pur di compiere la missione che sta loro a cuore, spinti da un amore infinito. Penso all'Abate ma mi sovviene anche San Francesco che percorse l'Italia centro-settentrionale in lungo e in largo, a piedi. Grazie per queste suggestioni. Un abbraccio e un saluto ai fidentini, D.
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