S.E. Rev.ma Mons.
CARLO MAZZA per la
"Giornata Mondiale della Pace"
Martedì, 1
gennaio 2013.pdf
“Beati gli operatori di pace”
(Benedetto XVI)
Nel 1° giorno dell’anno, che la Liturgia dedica a Maria SS. Madre di Dio, è ormai consuetudine soffermare la nostra attenzione sulla Pace. Da quando il venerabile Pontefice Paolo VI ha inventato la “Giornata Mondiale della Pace” (1966), la Chiesa cattolica è chiamata ogni anno a dedicare mente, cuore e spirito alla pace, investendo tutte le sue energie per edificare la pace nelle coscienze individuali, nelle famiglie, nelle comunità sociali e politiche.
In realtà il grande dono della pace sta nel profondo del cuore di ogni uomo e agisce come energia utopica per una convivenza che superi la logica che inneggia a spade e coltelli e privilegia il dialogo e la giustizia, la tolleranza e la mitezza. Siamo tutti interessati alla pace e il desiderio di “vivere in pace” attraversa tutta la vita.
Eppure la pace non c’è.
D’altra parte noi cristiani sappiamo che la pace, l’oggetto della promessa messianica e prefigurata nell’annuncio degli angeli dell’evento dell’Incarnazione del Verbo eterno del Padre a Betlemme, è l’insuperabile dono del Risorto. E tuttavia la pace va pregata, supplicata, costruita ogni giorno sotto la forza dello Spirito Santo.
Benedetto XVI ha inviato come di consueto, anche per quest’anno, il suo Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, titolandolo “Beati gli operatori di pace”, in una citazione diretta dal Vangelo delle Beatitudini (cfr. Mt 5, 1 e ss.) e in particolare della parola di Gesù “Beati gli operatori di pace perché saranno chiamati figli di Dio” (v. 9).
L’incipit del Messaggio è un augurio: “Ogni anno nuovo porta con sé l’attesa di un mondo migliore” e una preghiera: “Prego Dio, Padre dell’umanità, di concederci la concordia e la pace, perché possano compiersi per tutti le aspirazioni di una vita felice e prospera” (cfr. Messaggio, 1).
L’augurio e la preghiera si fondono nella convinzione di fede che Dio conduce popoli e nazioni ad un tempo di pace perché vi è “in ogni persona il desiderio di pace” che è “un’ispirazione essenziale” e racchiude il “desiderio di una vita umana, piena, felice e ben realizzata” (ivi).
In realtà la pace non è una fantasia elitaria, ma ciò che sta al fondo di ogni uomo di buona volontà perché “l’uomo è fatto per la pace che è dono di Dio” (ivi).
La beatitudine evangelica
La pace è l’annuncio evangelico che si esplicita come “beatitudine”. E’ la buona notizia che assicura una vita felice qui e nel tempo dell’eternità, in quanto è promessa “a tutti coloro che si lasciano guidare dalle esigenze della verità, della giustizia e dell’amore” (ivi, 2).
Dio si pone dalla parte di coloro che si impegnano con coraggio per la pace secondo i dettami del rispetto e della fraternità universale, ma soprattutto in riferimento a Gesù, rivelatore dell’amore del Padre. Questo amore rende l’uomo capace di condividere la vita stessa di Dio, la vita della grazia, e dunque ben disposto alla pace vera “che nasce dall’incontro fiducioso dell’uomo con Dio” (ivi, 2).
Conseguentemente la pace si fonda su “un umanesimo aperto alla trascendenza” (ivi, 2) dal quale fiorisce un’etica della pace cioè della comunione e della convinzione che determinano una “convivenza” costruita in termini razionali e morali (ivi, 2).
La pace: dono di Dio e opera dell’uomo
Non v’è dubbio che la pace riguarda “l’integrità della persona umana” (ivi, 3) e nel suo farsi coinvolge tutto l’uomo nella duplice dimensione interiore ed esteriore: pace con Dio, con se stessi, con il prossimo e con il creato. Di qui si comprende che negare “la vera natura dell’essere umano, nelle sue dimensioni essenziali, nella sua intrinseca capacità di conoscere il vero e il bene e, in ultima analisi, Dio stesso, mette a repentaglio la costruzione della pace” (ivi, 3).
Perciò è evidente che se si intende diventare operatori di pace permangono essenziali “l’attenzione alla dimensione trascendente e il colloquio costante con Dio” (ivi, 3) per far sì che, mediante la redenzione operata da Cristo, sia reso vano il peccato con tutte le sue conseguenze, e cioè tutte le forme “di egoismo e violenza, avidità e volontà di potenza e di dominio, intolleranza, odio e strutture ingiuste” (ivi, 3).
Di qui emerge con chiarezza che la pace “non è un sogno, non è un’utopia: è possibile”. Ciò diventa più convincente se si guarda l’uomo in profondità per scorgere in lui il bene che è nascosto nel cuore e che rispecchia la mano creatrice di Dio che l’ha fatto a sua immagine.
Gli operatori di pace
Chi sono e come si comportano i veri “operatori di pace”? La loro figura si disegna a partire da alcune prassi molto concrete, ben evidenziate dal “Messaggio” di Benedetto XVI.
1. “Sono coloro che amano, difendono, promuovono la vita umana in tutte le sue dimensioni: personale, comunitaria, trascendente” (ivi, 4). In realtà chi si dedica alla pace “non può tollerare attentati e delitti contro la vita” (ivi, 4).
2. “Sono coloro che sostengono la struttura naturale del matrimonio, quale unione tra uomo e donna, rispetto a tentativi di renderlo giuridicamente equivalente a forme radicalmente diverse di unione che lo danneggiano” (ivi, 4). In realtà questi principi sono “inscritti nella natura umana stessa, riconoscibili con la ragione” (ivi, 4), a prescindere dalle opzioni di fede.
3. “Sono coloro che difendono la libertà religiosa e si impegnano a consolidare l’esercizio di tale libertà”, rimediando a impedimenti costrittivi e sostenendo le iniziative di carattere educativo, culturale e missionario. Si pongono dunque contro l’intolleranza religiosa e le normative che precludono la pubblicizzazione della propria credenza religiosa.
4. Sono coloro che concorrono a sostenere “la funzione sociale dello Stato e delle reti di solidarietà della società civile”, contro l’ “ideologia del liberismo radicale e della tecnocrazia” (ivi, 4). In realtà si tratta di inculcare una visione economica più solidale, più proiettata alla crescita del lavoro e del diritto al lavoro secondo un nuovo “modello economico” (ivi, 5) fondato sul “dono” e sulla “gratuità (ivi, 5).
5. Sono coloro che sono “chiamati a coltivare la passione per il bene comune della famiglia, per la giustizia sociale, per l’impegno di una valida educazione sociale” (ivi, 6). La famiglia è la cellula base della società; è “soggetto sociale indispensabile nella realizzazione di una cultura della pace” (ivi, 6).
6. Sono coloro che propongono e promuovono “una pedagogia della pace” (ivi, 7) che esige una ricca vita interiore, chiari e validi riferimenti morali, atteggiamenti e stili di vita appropriati” (ivi, 7). In realtà “pensieri, parole e gesti di pace creano una mentalità e una cultura di pace, un’atmosfera di rispetto, di onestà, di cordialità” (ivi, 7) che conducono ad una benevolenza di vita, alla richiesta di perdono, alla riconciliazione. Attraverso una “pedagogia del perdono, il male si vince con il bene” (ivi, 7).
Garantire e difendere la pace
Il vero operatore di pace non si stanca di procedere sulla via tracciata da Gesù, principe della pace, anche subendo ingiustizie, ma fortificato dalla grazia e dalla preghiera, continua ad essere testimone della promessa fatta dal Risorto: “Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi” (Gv 20, 21). Così gli “operatori di pace” saranno i messaggeri della bella notizia della pace di Cristo, resi capaci di garantire e di difendere la pace.
Conclusione
La celebrazione della “Giornata Mondiale della pace” ci impegna tutti ad essere promotori e facitori di pace, ad essere “profeti” di pace negli ambienti di vita, nelle relazioni umane, negli ambiti in cui si è chiamati ad essere responsabili, ma soprattutto nella famiglia, luogo fontale della pace e della riconciliazione.
Celebrando oggi la Solennità di Maria SS. Madre di Dio, regina della pace, sentiamo di essere accompagnati nel nostro impegno diuturno come “operatori di pace” da una speciale protezione. La maternità di Maria infatti ci innesta nel cuore di Dio e ci fa essere portatori e testimoni credibili di misericordia, di perdono, di accoglienza e di pace.
+ Carlo, Vescovo
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