«Sua maestà Vittorio Emanuele terzo, re d’Italia e d’Albania, imperatore di Etiopia, ha accettato le dimissioni dalla carica di capo del governo, primo ministro e segretario di Stato, presentate da sua eccellenza il cavaliere Benito Mussolini, e ha nominato capo del governo, primo ministro e segretario di Stato, sua eccellenza il cavaliere maresciallo d’Italia Pietro Badoglio».
Così la radio annuncia agli italiani alle 22,15 del 25 luglio 1943 la fine del regime fascista.
Pietro Bagoglio, da Caporetto a Roma, via Libia |
Nei giorni precedenti Roma era stata bombardata, il 22 luglio Palermo era stata occupata dalle forze corazzate americane del generale Patton e, alle due della notte precedente, il Gran Consiglio aveva votato a maggioranza le dimissioni di Mussolini che verrà arrestato dai carabinieri al termine dell'incontro con il Re d'Italia Vittorio Emanuele.
Il voto del Gran Consiglio
La discussione che ha seguito la presentazione di tre distinti ordini del giorno è durata ininterrottamente dieci ore, cioè fino alle ore tre antimeridiane del 25 luglio.
Alla fine di essa l'ordine del giorno presentato da Grandi ha avuto 19 voti favorevoli, contrari sette ed uno astenuto. L'ordine giorno Farinacei ha avuto un voto favorevole. L'ordine del giorno Scorza è stato ritirato dopo il risultato della votazione a grande maggioranza dell'ordine del giorno presentato da Grandi.
Hanno risposto «Si» Grandi, Federzoni, De Bono, De Vecchi, Ciano, De Marsico, Acerbo. Pareschi, Cianetti. Balella, Gottardi, Bignardi, De Stefani, Rossoni, Bottai, Marinelli, Alfieri, Albini, Bastianini.
Hanno risposto «No»: Scorza, Biggini, Polverelli, Tringali-Casanova, Frattari, Buffarini, Galbiati. Astenuto: Suardo.
Ma non era finita
Iniziava così nel 1943 un altro tribolato capitolo della nostra storia che nel corso dello stesso anno riserverà altri momenti di sofferenza, di tutto questo il 2023 è l'ottantesimo anniversario.
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