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martedì 8 ottobre 2013

"Gestire la vita fino in fondo" (Carlo Lizzani 2010)

Il 29 novembre del 2010 il novantacinquenne Mario Monicelli, regista de “I Soliti ignoti” e “Amici miei” si era ucciso lanciandosi, intorno alle 21, dal reparto di urologia dell’ospedale San Giovanni di Roma, dove era ricoverato. Un gesto che all'epoca era stato commentato così proprio da Lizzani: "Nasce anche dal fatto -aveva detto il regista - che era un super laico, uno che voleva gestire la sua vita fino in fondo, un gesto da lucidità giovane".  




Il suicidio di Lizzani
Uno scritto di Franco Bifani

Il suicidio di Lizzani mi pare ascrivibile ad una sua incapacità di sopportare ancora una situazione, che egli avvertiva come caratterizzata dalla prospettiva di un avvenire oscuro e chiuso ad ogni speranza. 
La pulsione di morte ci accompagna per tutta l'esistenza, rimane come un concetto familiare ad ognuno di noi, la cara, terribile compagna, dagli occhi di ghiaccio, di tutti i nostri anni di vita terrena. 
Chi di noi non ha provato, almeno una volta, ad accarezzare, seppur con un brivido di raccapriccio, la voluttà e la volontà di troncare, ad un certo punto, la propria grama esistenza?
 E',  forse anche, la scelta di una vita vera e nuova, libera dal peso terreno e dalle frustrazioni esistenziali. Seneca scriveva che non è un bene vivere, ma vivere bene; non conta quanto viviamo, ma come, non la quantità, ma la qualità. E perfino un grande uomo, cristiano integerrimo e poeta sommo, come Dante, collocò Catone Uticense non all'Inferno, ma in Purgatorio: “libertà, ch'è sì cara, come chi per lei vita rifiuta”. 
Leopardi distingueva tre tipi di umanità: quella dei bimbi e degli incolti, precedente alla cognizione del Vero, quella degli adulti che accettano la mediocrità e la prosa della vita quotidiana, di cui si appagano, ed infine una terza, infelicissima e folle, ma l'unica accettabile, di chi percepisce il vuoto ed il nulla della propria esistenza. 
Questa disperata e verissima pazzia, è la condizione degli uomini sensibili e di genio, incapaci di vivere nei limiti del reale, una condizione di estremo romanticismo. Lizzani era di questa schiera, uno di costoro. La nascita e la morte sono due momenti in cui si prevarica la libertà individuale di scelta e di decisione, sono un'espropriazione del libero arbitrio; il suicidio è un atto di libera scelta. 
 Lizzani aveva forse avvertito la perdita di senso e di significato della vita. 
 Io credo che l'ultimo, estremo e disperato grido di addio, l'invocazione di aiuto, le maledizioni per l'umanità, infame ed ingrata, che accompagnano gli istanti finali di un suicida, siano laceranti; essi urlano la nostra colpevolezza e complicità sociale, condannano il nostro egoismo, impastato di meschini rancori, di astii puerili, di calunnie e maldicenze da comari, di indifferenza e di abbandono del nostro vicino, prossimo o lontano. Perciò preferiamo distogliere i nostri sensi e volgerci ad altro, nascondendoci, tremebondi, dietro alibi risibili. 
Ogni atto così estremo e disperato, deve suscitare non tanto pietà e commiserazione, ma rispetto e riserbo; ogni suicidio ha dietro di sé una storia tragica, drammatica, ma anche fatta di nobiltà e generosità, è un mistero insondabile, che non dobbiamo permetterci di esaminare, con sicumera e presunzione; su di esso si possono versare fiumi di lacrime e di parole, di condanna, di giustificazione o di approvazione, che restano, comunque, alla fin fine, inutili, inerti e sterili. “Nessun uomo è un'isola...E dunque, non chiedere mai per chi suona la campana: essa suona anche per te.”. Quindi, non ai posteri, ma a Dio, l'ardua sentenza e Honni soit qui mal y pense!
Franco Bifani




Carlo Lizzani notizie biografiche
Partigiano, partecipò alla Resistenza romana, per poi aderire al Partito Comunista Italiano. Critico e saggista (autore fra l'altro di una Storia del cinema italiano, 1953, 1961 e 1979), sceneggiatore di Vergano, De Santis, Rossellini e Lattuada nel periodo neorealista, esordì col documentario Nel Mezzogiorno qualcosa è cambiato (1950) e col film Achtung! Banditi! (1951).
Tra i film da lui diretti vanno ricordati: Cronache di poveri amanti (1954), Il processo di Verona (1963), Banditi a Milano (1968), Crazy Joe (1973), Mussolini ultimo atto (1974), Storie di vita e malavita (1975), Fontamara (1977), La casa del tappeto giallo (1983), Mamma Ebe (1985), Caro Gorbaciov (1988), Cattiva (1991), Celluloide (1995), Hotel Meina (2007), oltre agli sceneggiati televisivi Nucleo Zero (1984), Un'isola (1986) e La trappola (1989).
Dal 1979 al 1982 ha diretto la Mostra del cinema di Venezia.
Nel 1998 ha pubblicato la raccolta di suoi scritti di vario genere Attraverso il Novecento, in cui trovano posto anche interessanti aneddoti sul mondo del cinema neorealista italiano, e nel 2007 la sua autobiografia Il mio lungo viaggio nel secolo breve.
Nel dicembre del 1999 ha ricevuto dall'Università di Torino la laurea "honoris causa" in Scienze della comunicazione.
Era tutor del corso di Filmmaker della Accademia Act Multimedia di Cinecittà.
Il 5 ottobre 2013 si è tolto la vita gettandosi dal balcone del suo appartamento in via dei Gracchi a Roma.

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