sabato 29 ottobre 2016

Arte tra Medioevo e Rinascimento nelle terre dei Pallavicino


Un interessante frammento di storia locale, riguardante il periodo tra Medioevo e Rinascimento, emerge dagli archivi della Soprintendenza ai Beni Artistici e Storici di Parma.

Si tratta di una serie di fotografie scattate negli anni Settanta all’interno dell' ex oratorio della Trinità, il vetusto edificio, oggi purtroppo scomparso, situato nell'omonima località a metà strada tra Castione e Busseto, là dove un tempo sorgeva l'antica chiesa di Sante Trinitate de Castri Ivoni, o Castell'Ugone, donata nel 1033 all'abbazia di Castione da Ugo Alamanno, fratello di Aldeida, consorte dell'obertengo Adalberto fondatore del grande monastero benedettino.
Le immagini in bianco nero documentano l’esistenza di quattro dipinti murali a carattere votivo, posti sulle pareti del santuario; le pitture, riferibili all'ultimo quarto del XV secolo, furono in seguito staccate per essere portate a Milano, in una collezione privata dove tuttora si trovano; ma è probabile che ce ne fossero molte altre nascoste sotto sotto gli strati d'intonaco.
Tra i dipinti inaspettatamente riemersi dall'oblio, una Crocefissione con Maria S.Giovanni e S.Maria Maddalena e una lacunosa Madonna col Bambino che risultano pesantemente alterati da ridipinture; relativamente integri e leggibili sono invece i due grandi affreschi che qui pubblichiamo per la prima volta: una Madonna che allatta il Bambino (1485?) e una Madonna in trono col Bambino, così simili da far pensare che siano stati eseguiti dalla stessa mano.
Partiamo dal secondo dipinto, forse il più interessante, caratterizzato dalla esuberante prospettiva architettonica del trono che esalta Maria Madre di Dio e come prefigurazione della Chiesa. 
Ma ciò che più colpisce, al di là dei significati simbolici, è il nucleo centrale della composizione costituito da un torrione ottagonale con due ordini di logge archivoltate e copertura a cupola: un impianto che ricorda vagamente gli edifici a pianta centrale del rinascimento lombardo, quasi un timido omaggio al tempio ideale di derivazione bramantesca di un pittore informato sulle novità rinascimentali. 
Ciò non deve sorprendere, se si considera lo straordinario fiorire dell'interesse per l'arte e in particolare per l'architettura del rinascimento lombardo che si verifica tra la fine del XV e gli inizi del XVI secolo nelle terre dei Pallavicino, come testimoniano la Cappella della Madonna della Ferrata del Duomo di Fidenza e il tempietto cenotafio di Federico Pallavicino nella chiesa collegiata di Zibello; ma è soprattutto nella grande isola monastica di Castione Marchesi che il legame con Milano emerge scopertamente grazie all'investitura commendatizia del nobile Daniele Biraghi (1475), tra i personaggi più in vista della corte sforzesca e fondatore della Chiesa di Santa Maria della Passione di Milano; sotto il suo governo la cura della grande abbazia castionese, da cui, come si è accennato dipendeva l'oratorio della Trinità, viene affidata ai Benedettini Olivetani (1485) e si assiste contestualmente alla riorganizzazione del patrimonio nonché all'avvio di una nuova fase di importanti interventi, come la ricostruzione del chiostro la cui prima pietra fu posata "solemnibus coeremonijs" dallo stesso Biraghi, "Catolico et generoso Prelato", nel settembre del 1494 ( cfr. P. Modesti, Sotto il tiburio.Ricerche...., 1998-1999).
E' dunque in questo particolare clima di rinnovato fervore, che coincide con la presenza di Biraghi e dei monaci olivetani, che si possono collocare le pitture votive e la ricostruzione quattrocentesca dell' oratorio, rimasto in possesso al monastero fino ai tempi delle soppressioni.
Quanto all'autore dei dipinti, è difficile fare un nome, data la mancanza di documenti e le condizioni precarie degli intonaci, che rendono problematica anche la semplice lettura delle scritte dedicatorie e delle date lette in passato: 1479, 1485 e 1500, senza alcun riferimento alla singola immagine.
Ma gli affreschi votivi non sono certamente le sole opere dipinte del nostro sconosciuto pittore. 
Madonna in trono col Bambino dell'antico santuario mariano di Careno

Tracce del suo passaggio portano nella valle dello Stirone, nell'antico santuario mariano di Careno, ove è possibile incontrare un'immagine vicinissima ai dipinti dell'ex oratorio bussetano: ci riferiamo alla maestosa Madonna in trono col Bambino, venuta alla luce sulla parete della navata di destra nel corso dei restauri del 2001, un'opera di indubbio fascino e qualità, studiata ultimamente da Angelica Rosati che l'attribuisce a un ignoto pittore emiliano del XV secolo ("Gli affreschi votivi di un anonimo emiliano del 1485 nella pieve di Costa di Tizzano e nel santuario di Careno", in Arch. Stor. Prov. Par. 2004).
Le somiglianze con la Madonna in trono di Trinità sono davvero sorprendenti: lo stesso tratto lineare che contorna in modo essenziale le figure e soprattutto la quasi identica monumentale struttura architettonica del trono, che riprende gli schemi della tradizione tardo gotica, con logge, edicole, pinnacoli, colonnine tortili, modanature e fregi col tipico emblema solare o fiore della vita nella base e nei braccioli del trono: un motivo arcaico diffuso soprattutto nel Nord Italia, presente negli intagli e nelle tarsie lignee e talvolta anche nella pittura come ad esempio nella Madonna Rusconi (1398) della cripta del Duomo di Parma.
Sempre sulla scia degli studi di Angelica Rosati, è possibile individuare un' altra preziosa testimonianza recante la data 1485. Si tratta degli affreschi staccati custoditi nell'oratorio della Beata Vergine del Santo Rosario di Tizzano provenienti dalla antica Pieve di San Pietro Ap. di Costa sicuramente attribuibili allo stesso pittore operante a Careno. 
Da notare in particolare l'ampio frammento con "Madonna in trono con angeli portacero" che rivela un dettaglio molto interessante, nel gesto del Bambino che stringe nella mano destra la cintura della Madre: come si può vedere questo non trascurabile motivo iconografico è presente, sia pur con una minima variante ( il velo al posto della cintura ) nell'affresco dedicato alla Madonna che allatta il Bambino dell'ex oratorio bussetano; altri riscontri con Careno e Trinità riguardano la tipologia del volto e le pieghe dei panneggi.
Siamo insomma di fronte a un intreccio di forme che rimandano, se non alla stessa mano, certamente a modelli comuni. Ciò fa pensare a Trinità di Busseto, Tizzano e Careno come a tre tappe di un unico percorso artistico che dal cuore della Bassa si inoltra tra le valli dell'Appennino e vede all'opera le stesse maestranze itineranti, gruppi di lavoro guidati da una sorta di pittoreimprenditore: forse lo stesso ignoto frescante emiliano attivo a Tizzano nel 1485, un pittore, come scrive Angela Casali, legato alla cultura arcaizzante parmense della fine del XV secolo e vicino dall'arte di Jacopo Loschi e alla sua fiorente bottega: un artista che rivela "un interesse tutto speciale per le prospettive architettoniche".
Altri spunti interessanti riguardano la committenza degli affreschi di Tizzano, strettamente legata a Milano: la scritta dedicatoria MARCHION DE LA TORRE 1485 accompagnata dal quinconce pallavicino è infatti riferibile, come è stato osservato, al marchese Giovan Francesco Pallavicino, primo signore di Zibello (1457-1497) ma anche influente membro della corte ducale di Milano, che nel 1481 era entrato in possesso del castello di Tizzano: un'altro spiraglio di luce per gli affreschi di Trinità, tessere incomplete e sparse di un mosaico ancora lontano dalla soluzione.
Prof. Guglielmo Ponzi

Articolo pubblicato sul settimanale "il Risveglio" n° 37 del 28 ottobre 2016




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