Aggiungendo solo un titolo, quello del post, pubblico questa lettera dell'amico Ivano Lorenzoni che val più dell'intervista che avevo in animo di fare.
Ivano Lorenzoni è l'autore del libro "QUISQUIS ILLE FUERIT" "Giuseppe Pallavicino dei Marchesi di Varrano (1523 - 1575)" presentato a Fidenza in Via Gramsci sabato scorso come "momento" dell'iniziativa "Testo... pretesto" del Maggio Fidentino.
Caro amico ti scrivo…
Così recita la frase di una canzone del secolo scorso che sta fra la musica dei tuoi tempi, ascoltata sabato scorso di fronte al “bar Commercio” nella tua Borgo e la “zumba”, credo si chiami così, che si percepiva in lontananza ed è servita a non farmi sopraffare dall’emozione.
Eh sì, perché tutte le volte che nei giorni precedenti provavo il “discorso” per la presentazione del libro, finivo immancabilmente per farlo. Non ho mai benedetto la mia allergia alla parietaria come in questo periodo… un bel modo per mascherare i propri sentimenti, starai pensando!
Caro amico ti scrivo, perché fra le mie interminabili giornate di lavoro, le poco felici vicende editoriali, i patrocini, le tante decisioni da prendere e il pensiero per la responsabilità di doverti “riaccompagnare” a casa, alla fine ci siamo dimenticati di salutarci.
E voglio farlo ricordando agli “altri” alcuni momenti “nostri” anche se, delle confidenze fra amici, non è che si possa raccontare proprio tutto!
Proviamoci.
Abbiamo sorriso alla tua passione amorosa da adolescente.
Abbiamo sorriso ricordando quando sei stato aggredito dallo studente lucchese all’Università di Bologna.Abbiamo sorriso alle tue peripezie per rincorrere l’imperatore Carlo V e non solo.
Abbiamo sorriso anche al tuo modo di difendere la “tua patria” e i cittadini di Borgo dal Seisnech.
Abbiamo pianto per il tuo ingiusto esilio.
Abbiamo sorriso alla visita di tua madre Margherita quando ti trovavi a Canneto.
Abbiamo pianto per le leggi ingiuste degli uomini che non ti hanno permesso di partecipare ai funerali di tua madre.
Abbiamo pianto per tutte le volte che non sei riuscito a guarire i tuoi malati.
Ho sorriso con una certa emozione quando ti ho sentito elogiare le bellezze di Lonato e “la rara, e la divina prospettiva del non mai a bastanza lodato Lago” (il mio Garda).
Abbiamo festeggiato per la pubblicazione del tuo Libro di Lettere.
Ho pianto quando ho capito che ti fossi ammalato.
Abbiamo sorriso alle mie peripezie per portare a termine la tua biografia.
Abbiamo sorriso, riso e pianto in tanti altri momenti in questi otto anni, perché rabbia e rancore non ci appartengono: noi abbiamo semplicemente “letto la vita”, perché la filosofia che cogliamo dal quotidiano ci insegna anche questo.
Il resto è contenuto in quel “Quisquis ille fuerit…” e in quel tuo non rinunciare mai a pensare… la più grande libertà di un uomo.
Quest’estate, quando mi trasferirò a Lonato, non ti cercherò più tra le vie e le colline assolate del paese, ma osservando la tua lapide ti penserò finalmente felice nella tua Borgo.
Il giorno in cui ti ho riaccompagnato a casa, ho incontrato i borghigiani di oggi: Maria Pia, Barbara, Mirella, Nicoletta, Ambrogio, Fausto Maria, Francesco, Giancarlo… persone che “sentono”. Ora sono molto più tranquillo e consapevole di averti lasciato in buone mani. Non potevamo aspettarci niente di più bello per il tuo ritorno, con la città in festa e la gente per le strade… la tua Borgo di oggi.
Mi domando se io possa essere stata la persona giusta per raccontare la storia della tua vita: io, un semplice maestro di scuola, ogni giorno al volante del proprio “studiolo itinerante”! Dal canto tuo hai sicuramente dato un prezioso contributo per continuare a farmi crescere come uomo.
Provo un senso di smarrimento e di vuoto nel non poter più dialogare quotidianamente con te, ma è un vuoto che mi solleva e mi porta in alto… e noi sappiamo che vedere il mondo dall’alto ci permette di sorridere alla vita.
Ora però non vorrei esagerare e finire con il farmi prendere dalla malinconia: in fin dei conti il nostro non è un addio, ma un semplice arrivederci.
A proposito, ho già iniziato un nuovo lavoro, una nuova avventura: la vita di Giambattista Savoldi, contemporaneo del tuo abate Pietro Zani (tanto caro a Mirella), anch’egli, come te, Giacomo Attilio Cenedella e Vittorio Barzoni, un “dimenticato”, un “vincitore senza medaglie”.
Verrò presto a Fidenza. Aspettami davanti all’antica porta di San Donnino senza più grate, cancelli e guardie armate che la presidiano.
In questi giorni ti ho immaginato girovagare felice nella tua città come un moderno Peter Pan, mentre cerchi i ricordi legati alla tua gioventù, ai tuoi amici, alla tua famiglia e finalmente… in piena libertà!
Lonato del Garda, 31 maggio 2018
Ciao Giuseppe
Ivano Lorenzoni
P.S. Ti ho scritto questa lettera di “bono inchiostro” e nella nostra bella lingua italiana, evoluzione naturale della “volgare moderna” che tu hai orgogliosamente difeso, amato e tramandato, rendendola così immortale.
Alta e naturale conclusione di un percorso di scrittura che ha coinvolto ed animato Borgo in queste ultime settimane. La rievocazione e l'indagine storica, direi amorosa, sui personaggi che hanno percorso strade, salito scale, sofferto rifiuti, sfogliato e indagato sui libri in una continua ricerca sull'uomo , sui suoi sentimenti sono le migliori azioni educative per una Comunità che deve riscoprire la propria identità, la propria Storia e il desiderio di volare in un piano più alto di ideali dello spirito.
RispondiEliminaBella!
RispondiEliminaCome capisco l'Autore!
Anch'io quando giro per Fidenza (e non solo, ma è una confidenza...) penso all'Abate nei luoghi da lui vissuti, dei quali molti non rimane che il ricordo in sgualcite carte... Don Pietro mi è entrato nel cuore già molti anni fa e non mi ha più lasciato. Credo che anche Ivano abbia trovato un amico del cuore!
Con simpatia
Carissimi amici non disperate,in quel angolo,in quella terra inospitale, dove sembra non produrre vita,una goccia d'acqua raminga produce miracoli vitali.Non perdete mai la speranza è la fiducia!
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