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mercoledì 9 luglio 2014

L'interno del Duomo in prospettiva Unesco



L'unicità della facciata del nostro Duomo di Fidenza non finisce di stupire ma siamo ancora lontani da una esauriente comprensione del complesso messaggio che le sue pietre racchiudono.
Gli ottocento anni trascorsi sono certamente uno spazio temporale che ha fatto dimenticare il linguaggio simbolico ed ideologico di quel secolo in cui la chiesa fu costruita.
Notevoli contributi sono venuti in tempi recenti, molto recenti, tanto che nel 1974 la prima pubblicazione fotografica di Roberto Tassi "Il Duomo di Fidenza" delle sculture e delle parti dipinte riprendeva nello scritto molte imprecisioni dettate da intuizioni precedenti tanto illustri quanto improvvisate.
Ma la facciata è lì, tutta da vedere, mentre l'interno è irrimediabilmente compromesso nel suo impianto originario e, nel tempo anche recente, assai impoverito .
Pavimentazione ed altare ne costituiscono due aspetti più problematici. Appaiono oggi nei rifacimenti eseguiti rispettivamente nel diciannovesimo e nel ventesimo secolo. Anche lo scalone centrale non è nell'impianto originario del Duomo.



     



Vediamo ora la pavimentazione riprendendo quanto il Prof. Vito Ghizzoni scriveva in un suo studio:
"Il pavimento della cattedrale fu rifatto attorno la metà del 1800 in modo molto discutibile inadatto al luogo. Non a caso coincide con altre modifiche di cattivo gusto quali la decorazione delle tre navate dovuta allo scenografo ed ornatista Gerolamo Magnani e l'apertura di una cappella a destra della crociera della Cripta, recentemente ripristinata. Ricordiamo comunque che interventi pesanti hanno interessato la cattedrale anche in anni relativamente recenti. Della pavimentazione precedente in arenaria non si conserva nulla e probabilmente alcune parti sono state riutilizzate nella parte lastricata del sagrato del duomo."

 

1 commento:

  1. Il prof. Vito Ghizzoni rimane, nella mia memoria, come un uomo di cultura e di intelletto inarrivabili, ed anche fornito di quel tanti dio bizzarria e di conformismo che ne faceva un uomo straordinario ed egregio, nel senso etimologico e traslato dei due attributi. Me lo ricordo quando incontrava mia madre, a Salso o a Fidenza, o quando lo incrociavo, in centro, a Borgo, e ci mettevamo a discutere di latino e di arte, con lui in abito grigio chiaro, leggero, estivo, ma con un paio di sandali frateschi ai piedi.

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