Tra le tante opere di ispirazione mariana di cui è ricca la nostra città, è senz'altro da ricordare la Madonna delle Grazie della chiesa di Santa Maria Annunziata: una bella tela, di chiara impronta romantica, concordemente assegnata a Francesco Scaramuzza (Sissa 1803- Parma 1886) ma di incerta datazione, oscillante tra il 1831 e il 1835.
Collocata sull'altare della parete di sinistra, la piccola pala ottocentesca è un'immagine dolcemente visionaria, che ha il senso di una tacita apparizione notturna, come sembrano suggerire il fondo scuro e omogeneo e in particolare la stella a sei punte, che brilla luminosa sul capo della Vergine. Proprio come nelle parole della Sacra Scrittura che la Chiesa fin dai primi tempi non esita ad attribuire alla Madonna, elogiandola: "Quasi stella matutina in medio nebulare lucet" (Eccl.1,6).
Ma se si considera l'insieme dei simboli affrontati, è più probabile che l'autore abbia attinto direttamente alle fonti liturgiche, attratto dal linguaggio poetico dell'Ave Maris Stella o più verosimilmente dai versi di Alma Redemptoris Mater, una accorata invocazione alla Madre di Dio, alla quale si danno i titoli di Madre del Redentore, Porta del cielo e Stella del mare.
A questa antica antifona mariana, che si recita a compieta dalla prima domenica d'Avvento alla festa della Purificazione, sono infatti riconducibili anche il motivo dell'arco con le due testine alate in finto rilievo, da intendersi quasi certamente come un velato riferimento alla Porta del Cielo e la sfera sormontata dalla croce, posta nelle mani del Bambino che ricorda la missione redentrice di Figlio di Dio, il dominio di Cristo sul mondo: "O santa Madre del Redentore, porta dei cieli, stella del mare, soccorri il tuo popolo che anela risorgere, Tu che accogliendo il saluto dell'angelo, nello stupore di tutto il creato, hai generato il tuo Genitore, vergine prima e dopo il parto, pietà per noi peccatori".
Dunque la Vergine Maria come stella del mattino, che precede l'aurora e il sorgere del Sole di Giustizia, e porta del cielo in quanto Madre del Salvatore.
Ma se si considera l'insieme dei simboli affrontati, è più probabile che l'autore abbia attinto direttamente alle fonti liturgiche, attratto dal linguaggio poetico dell'Ave Maris Stella o più verosimilmente dai versi di Alma Redemptoris Mater, una accorata invocazione alla Madre di Dio, alla quale si danno i titoli di Madre del Redentore, Porta del cielo e Stella del mare.
A questa antica antifona mariana, che si recita a compieta dalla prima domenica d'Avvento alla festa della Purificazione, sono infatti riconducibili anche il motivo dell'arco con le due testine alate in finto rilievo, da intendersi quasi certamente come un velato riferimento alla Porta del Cielo e la sfera sormontata dalla croce, posta nelle mani del Bambino che ricorda la missione redentrice di Figlio di Dio, il dominio di Cristo sul mondo: "O santa Madre del Redentore, porta dei cieli, stella del mare, soccorri il tuo popolo che anela risorgere, Tu che accogliendo il saluto dell'angelo, nello stupore di tutto il creato, hai generato il tuo Genitore, vergine prima e dopo il parto, pietà per noi peccatori".
Dunque la Vergine Maria come stella del mattino, che precede l'aurora e il sorgere del Sole di Giustizia, e porta del cielo in quanto Madre del Salvatore.
Sviluppata con l'essenzialità di un'icona bizantina, la Madonna delle Grazie lontanamente ricorda la Madonna Sistina di Raffaello per la figura ammantata della Vergine, e Correggio per l'immediata naturalezza del bambino.
Essa tuttavia si caratterizza soprattutto per l'inaspettata resa meticolosa e realistica dei tratti fisionomici e il calibrato uso della luce crepuscolare, che esprimono un senso di intimità e raccoglimento: la stessa sensibilità che ritroviamo, ad esempio, nel bel disegno del 1837 dedicato a "Virgo Veneranda" o, per restare nel tema, in "Rosa Mistica", del 1854, dipinto su muro ad encausto, a Parma nella parrocchiale di San Leonardo e di cui si conserva anche il bozzetto preparatorio (in V. Sgarbi, 2003).
Nel percorso devozionale della chiesa di Santa Maria, ancora da ricostruire a partire dalle sue origini di oratorio dei Disciplinati nel XIII secolo (gli incappucciati bianchi rappresentati sotto il manto della Madonna della Misericordia nella cimasa dell'ancona in stucco del presbiterio), la tela dello Scaramuzza (la cui iconografia può essere riassunta nella nota espressione di san Bernardo "respice stellam.. . guarda la stella, invoca Maria") subentra ad una preesistente immagine mariana, che nel secolo precedente era stata oggetto di grande venerazione sotto il titolo di "Consolatrix afflictorum".
Essa tuttavia si caratterizza soprattutto per l'inaspettata resa meticolosa e realistica dei tratti fisionomici e il calibrato uso della luce crepuscolare, che esprimono un senso di intimità e raccoglimento: la stessa sensibilità che ritroviamo, ad esempio, nel bel disegno del 1837 dedicato a "Virgo Veneranda" o, per restare nel tema, in "Rosa Mistica", del 1854, dipinto su muro ad encausto, a Parma nella parrocchiale di San Leonardo e di cui si conserva anche il bozzetto preparatorio (in V. Sgarbi, 2003).
Nel percorso devozionale della chiesa di Santa Maria, ancora da ricostruire a partire dalle sue origini di oratorio dei Disciplinati nel XIII secolo (gli incappucciati bianchi rappresentati sotto il manto della Madonna della Misericordia nella cimasa dell'ancona in stucco del presbiterio), la tela dello Scaramuzza (la cui iconografia può essere riassunta nella nota espressione di san Bernardo "respice stellam.. . guarda la stella, invoca Maria") subentra ad una preesistente immagine mariana, che nel secolo precedente era stata oggetto di grande venerazione sotto il titolo di "Consolatrix afflictorum".
Di questa immagine, dipinta ad affresco e scomparsa non sappiamo precisamente quando, è rimasta memoria in una stampa incisa da Ramis che la descrive come: "Vera Immagine di M.V. prodigiosamente scoperta l'anno 1760 nell'Oratorio de Confratelli di S.Maria in Borgo S.D. che si venera nella Chiesa de detti Confratti"-
Sempre a Fidenza del medesimo autore esiste, presso le raccolte comunali, un ritratto firmato, raffigurante il sacerdote letterato Giuseppe Fantoni (1803-1878). Ben introdotto alla corte di Maria Luigia e amico del poeta Alberto Rondani, questo illustre personaggio borghigiano potrebbe non essere del tutto estraneo all'incarico affidato all'ancor giovane pittore di Sissa, destinato a essere celebrato per la sublime Assunta di Cortemaggiore e una importante serie di disegni e dipinti dedicati alla Divina Commedia che rivelano, come anche questo incantevole e semisconosciuto dipinto fidentino (inspiegabilmente ignorato dalla mostra allestita a Sissa nel 2003), una sorprendente capacità di tradurre in immagini le parole in piena aderenza ai testi e uno straordinario talento creativo.
Guglielmo Ponzi
Pubblicato sul quotidiano diocesano di Fidenza “Il Risveglio” il 4 giugno 2010
Una sollecitazione ad accostarsi alle immagini delle nostre chiese per "leggerne"i segni e le radici delle interpretazioni che ne hanno dato gli artisti.
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