1925 |
I sotterranei della Rocca
I «sotterranei» della Rocca sono l'antica scintilla, i remoti primordi, l'originaria culla in cui è nato il nostro gusto del mistero, delle esplorazioni, della ricerca. E' giusto dunque parlarne. Ai tempi dell'UNDIAR (primi anni '60) non c'erano più; anzi non c'era purtroppo più nulla di quei muri travagliati e smozzicati che erano quanto restava della vecchia Rocca. Allora era già sorto quell'edificio rossastro a portici bianchi, che ospita Pretura, Museo, Biblioteca, ecc.
1945 |
Nei quadri di Ettore Ponzi rivive quell'immagine tragica, che si è cercato di cancellare con un lavoro frenetico, e poi di dimenticare. Ma nemmeno Fidenza è stata rifatta in un giorno. C'è un periodo intermedio in cui i muri sono rimasti così, scheletriti, mentre le schiere dei ricostruttori ne abbattevano altri, ne rifacevano nuovi. Un periodo lungo. La nostra prima giovinezza.
La Rocca, poderosa nel Medioevo, già sede di un re tedesco, Corrado, sorgeva su un luogo sfasato, con il fronte in alto, sulla piazza, ed il retro in basso, alla base d'un enorme scalino.
1948 |
Tra quelle rovine cominciò presto ad aggirarsi una piccola schiera di formiche esploratrici. Eravamo noi, i primi quattro di noi, ancora bambini.
Salivamo per l'assurda scaletta formata dallo spessore sbrecciato di un muro pericolante in salita, su su fino a quanto restava del primo piano; scendevamo negli anfratti pericolosi ed oscuri di arcane stanze sotterranee.
Col tempo, i muri della Rocca, calanchi friabili d'una antica montagna, si corrodevano, cadevano, cedevano sotto gli attacchi periodici di metalliche corde tiranti, o di insistenti picconi. Le macerie si sfaldavano, i resti si sgretolavano sempre più. Già il primo piano spariva, si appiattivano le muraglie in un anonimo ammasso. Sul fronte quasi più nulla restava dietro quegli alberelli che ancora vegetavano, in quella fetta di verde dove ho sepolto la mia tartaruga: i giardinetti della Rocca.
1952 |
Gli operai scavavano per togliere. E noi scavavamo per trovare. E trovammo qualche capitello, qualche pezzo di colonna che sembrava romana, e non erano che aggiunte recenti che qualcuno aveva fatto alla Rocca ancor sana e potente. Non potendoli alzare, si scavava attorno per evidenziare, denudare almeno quei bianchi lattiginosi reperti. Qualcuno al Comune, più tardi, li farà trasportare, a gruppi d'un falso romantico, nel Parco delle Rimembranze.
Non rimasero infine che gli anfratti notturni, le oscure cantine di un edificio fantasma, dove ci si aggirava, bambini fantasmi alla caccia di fantasmi. Cercavamo, annullati dal timore a volte terrore, lo spirito d'una esistenza dominante che impregnava quelle pareti umide, si avvertiva presente negli stanzoni allucinanti.
Questo lavoro è tratto dal volume "Nei misteri di fidenza e del suo territorio" di Claudio Saporetti pubblicato da Arte Grafica - Fidenza col n. 22 della collana "Quaderni Fidentini" nel febbraio 1983
Note
=L'UNDIAR (Unione Dilettenti Archeologi") è in pratica un gruppo di autentici ragazzi fidentini che nei primi anni sessanta con "un entusiasmo un po' folle ed un po' serio" raccolse notizie e dati e svolse ricerche in campo a Fidenza e dintorni.
=I reperti, sottratti dalle macerie della rocca e citati nel testo, sono ancora visibili nel parco delle Rimembranze. L'operazione di spostamento fu disposta dal borghigiano Luigi Bormioli.
Quanti racconti favolosi e fantasiosi ci scambiavamo da ragazzi. Quello che parlava del puss del tâj, era il più gettonato
RispondiEliminaDove avranno ripreso a vivere le due colonne che giacevano al Parco delle Rimembranze?
RispondiEliminaRicordo anche reperti umani tra le macerie,che riaffioravano poi nel giardino-parco giochi costruito più tardi.Organizzammo una battuta di ricerca per per trovarne quanti più possibile e il risultato fu davvero lusinghiero.
RispondiEliminaÈ possibile pensare che appartenessero alle storie segrete della Rocca?
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