Cerca nel blog e nelle pagine collegate

lunedì 9 settembre 2019

Morire a vent'anni. Fidenza ricorda i suoi Carristi nel 76° anniversario dei fatti d’arme del 9 settembre 1943 a Parma ed a Piacenza


Nel 76° anniversario dei fatti d’arme del 9 settembre 1943 che coinvolsero il 433° Battaglione Carri di stanza a Fidenza, la nostra città ha ricordato i suoi carristi caduti nei combattimenti di quel giorno a Parma ed a Piacenza.
La cerimonia commemorativa, che la Sezione di Fidenza dell’Associazione Carristi d’Italia e l'amministrazione comunale hanno curato, ha visto la partecipazione dei cittadini e la presenza delle delegazioni delle sezioni di Biella, Brescia, Calvisano (BS), Ferrara, Modena-Reggio, Montichiari (BS), Rovigo, Sant'Anna d'Alfedo (VR), Spilimbergo (PN) e Vigevano (PV), dell'ANCI del Veneto Occidentale e Trentino Alto Adige, delle locali associazioni combattentistiche e d'arma e delle autorità cittadine. 
Le avversità atmosferiche hanno comportato alcuni cambiamenti al programma, era infatti  forzatamente assente la Banda “Città di Fidenza” e, per gli interventi, i presenti hanno trovato rifugio nei portico del municipio anziché disporsi attorno al monumento ai carristi di piazza Garibaldi.


Alle ore 10,15, nella Chiesa di S. Maria Annunziata, la celebrazione della S.Messa, in suffragio ai Carristi caduti in combattimento e a quelli deceduti in periodo di pace, è stata presieduta dal parroco Don Mario Fontanelli mentre la Preghiera del Carrista è stata letta dal Presidente della locale sezione Ferdinando Bergamaschi. 


Al termine della messa il corteo si è portato in Piazza Garibaldi presso il Monumento al Carrista per la cerimonia dell’alzabandiera, gli onori ai caduti con silenzio d’ordinanza e la deposizione della corona di alloro prima di raggiungere il Palazzo Comunale per la restante parte della cerimonia stessa. 
Introdotto dal Presidente dell’A.N.C.I. di Fidenza il Vicesindaco Davide Malvisi nel suo intervento ha espresso ai presenti il saluto e la vicinanza dell'amministrazione comunale. 



A seguire la rievocazione del fatto storico che ho avuto l'onore di curare in qualità di Presidente della Sezione locale dell’A.N.C.R., intervento integralmente riportato sotto.
La Prof.ssa Maria Pia Bariggi, assessore alla Cultura, all'Urbanistica e al Progetto Via Francigena, ha dato voce ad una composizione poetica e brevemente ha ricordato che esattamente un anno fa era stata inaugurata la lapide a memoria degli internati militari fidentini.
Presente ai vari momenti il Presidente del Consiglio comunale Rita Sartori. 
L'incontro conviviale al Ristorante San Giorgio di Fidenza ha concluso l'intensa mattinata.



Il mio intervento storico, rievocativo e di richiamo

Rivolgo un saluto a tutti i presenti ed un ricordo a quei carristi che nella notte tra l’otto ed il nove   settembre 1943 sono stati chiamati a testimoniare la loro fede nella patria.
Ringrazio il Presidente dell’associazione carristi Ferdinando Bergamaschi per avermi invitato a concludere questa giornata di memoria e riconoscenza.

Il valore dei nostri soldati in quello che lo storico don Amos Aimi ha definito il primo atto di resistenza all'occupazione nazista avvenuto a Fidenza, è ulteriormente amplificato da un’amara annotazione: quella battaglia, impari di mezzi, ci vedeva anche poveri di preparazione, non solo militare, e soprattutto ci vedeva privi di informazioni, e le informazioni in guerra rappresentano un’arma fondamentale.
Non bisogna mai dimenticare che le forze tedesche erano presenti da più di un anno e, nascondendosi dietro l’intenzione di presidiare alcuni punti chiave avevano posto in atto un controllo completo della città imponendo il coprifuoco. 
Nell'agosto 1943 affluirono in Italia ulteriori unità dell’esercito di Hitler, pronte ad occupare la penisola nell'eventualità di un armistizio tra il governo Badoglio e gli angloamericani. Non occorre dire che il piano germanico era stato preparato in tutti i suoi dettagli, al contrario di quanto hanno fatto gli italiani.
A Parma già dal 20 agosto il dispositivo militare tedesco contava 12.500 uomini e disponeva dei nuovi carri armati Panther. Alle ore 20 dell’8 settembre le truppe germaniche iniziarono i loro movimenti pianificati, mentre disposizioni contraddittorie venivano fornite ai nostri soldati, solo in parte pronti nelle caserme.
I tedeschi, con le loro spie, tenevano d’occhio i movimenti dei nostri carri armati e sicuramente furono informati della partenza nella notte tra l’otto ed il 9 settembre verso Parma. I carri arrivarono alle porte di Parma quando ormai i combattimenti volgevano al termine e questo consentì al nemico di preparare un vero e proprio agguato con unità corazzate e anticarro.  
Superata Barriera Bixio un breve accanito scontro avvenne a Piazzale Marsala dove due carri furono subito colpiti, il primo al centro del comparto guida, il secondo nel serbatoio e fu avvolto dalle fiamme, un orribile rogo. Un terzo riuscì a superare una postazione tedesca e speronò un carrarmato Tigre nemico, ambedue precipitarono nel greto della Parma. Altri carri sono riusciti a passare il torrente ma vennero colpiti ed immobilizzati dagli anticarro tedeschi.
Tutto in una manciata di minuti, alle 8.15 la tragedia è compiuta, a quell'ora a Parma cessava ogni residua resistenza e i tedeschi avevano già iniziato il rastrellamento e l’internamento in Cittadella dei militari italiani.  

La battaglia fu impari. Non so se a Fidenza si udissero le esplosioni, quella mattina. Certo l’eco arrivava a Fontanellato e così scrisse nel suo diario un prigioniero britannico ivi internato:
“9 settembre - mi svegliai quella mattina, proprio quando cominciava ad albeggiare, circa alle 6. Mentre me ne stavo sdraiato, sveglio pensando di alzarmi dal letto, realizzai che c'erano molte esplosioni in lontananza. Più tardi venimmo a sapere che c'era una battaglia tra tedeschi e italiani per la stazione ferroviaria di parma”.

Questi ragazzi furono letteralmente gettati allo sbaraglio e quello che hanno fatto è merito esclusivo della   loro determinazione, del loro amor patrio e, perché no, dell’incoscienza entusiasta della loro giovane età.  Ma non si è eroi per caso. E non per caso lo furono questi dieci. Lo furono perché le circostanze lo richiesero e loro risposero, come altri invece non hanno fatto.
A Parma hanno perso la vita la vita i sottotenenti Antonio Manazza e Francesco Villari, il sergente maggiore Franco Jovino, il caporal maggiore Francesco Giavazzoli e i carristi Achille Piacentini e Giuseppe Strepponi. Avevano tutti meno di trent’anni.
La stessa sorte a Piacenza è toccata ad altri carristi del 433° battaglione: il sottotenente Guglielmo di Meo, il sergente Lorenzo Corratella, i caporali Franco Dall’Aquila e Roberto Sanpaolo.
Lo scenario della battaglia di Piacenza in realtà era ben diverso. Già dal 26 luglio, ufficialmente per esigenze di ordine pubblico, due sezioni carri M13 del 433 battaglione complementi di stanza a Fidenza, avevano raggiunto Piacenza al comando del sottotenente Ugo Fracassi. L’essere già sul posto permise un miglior coordinamento con le altre unità. Ma l’esito del combattimento fu ugualmente tragico.
Il primo carro fu centrato alle ore 10 e rimase immobilizzato, vi trovò la morte il caporale Roberto Sampaolo. Il secondo carro cercò di soccorrere il primo ma fu colpito dalle bombe dello spezzonamento aereo, il pilota Franco Dall’Aquila morì all’istante, l’ufficiale sottotenente Gugliemo Dimeo non poté essere soccorso. Non miglior sorte ebbe il terzo carro, il sergente Lorenzo Corratella morì all’istante, il pilota carrista gravemente ferito Capelli si salvò ma subì due mesi dopo l’amputazione delle gambe.
Un sacrificio che non fu l’unico. L’Italia pagò un prezzo altissimo all'impreparazione e alla codardia dei propri vertici politici e militari.  
Ricordiamo in quello stesso giorno il sacrificio dei 1352 uomini della corazzata “Roma”, affondati dai tedeschi al largo della Sardegna, anche loro avevano ricevuto un ordine, quello di evitare che la corazzata cadesse nelle mani del nemico, anche loro furono attesi e colpiti.
Ricordiamo i militari di Cefalonia, nella Grecia occupata, che caddero chi combattendo, chi dopo. L’elenco può essere lungo.  

Il buio era calato sulla nostra Italia, lo capimmo presto, anche prima di quell'otto di settembre.
Un milione circa di nostri soldati visse quei giorni lontano dalla patria sui vari fronti di guerra, molti non tornarono, altri trascorsero due anni in prigionia, tra di loro 620.000 internati militari italiani in Polonia, Austria, Cecoslovacchia e Germania. Sono gli IMI, prigionieri che non avevano nemmeno il diritto di essere chiamati prigionieri di guerra!
Per tutti, militari e civili, alla sconfitta non seguì la pace ma seguirono 20 mesi di guerra civile o di detenzione.

Oggi siamo qui su questa nostra piazza dove c’è aria di festa e non ci deve sembrare irriverente verso questi nostri caduti. Perché anche quei giorni di settembre avrebbero dovuto essere giorni di festa per la fine della guerra, ma non lo furono e molti pagarono duramente la speranza che coltivavano.
Dobbiamo invece chiederci ora se ancora la lezione dei nostri carristi sia attuale.
Sembra una domanda scontata, purtroppo non lo è.
Il loro sacrificio ci ha portato 70 anni di pace, e con la pace un benessere che noi abbiamo goduto e che tuttora abbiamo.
La guerra che perdemmo ci diede forza di realizzare una società diversa, democratica ed europea. Faticosamente una nuova Europa si sta formando, ma crescono anche sentimenti diversi che la mettono in discussione.
Oggi forse molti hanno dimenticato quella lezione, lungo i confini viene teso il filo spinato, si ergono ancora muri a protezione di una sicurezza populisticamente esaltata.
«Sentimenti di paura, diffidenza e persino odio hanno preso forma tra la nostra gente» avverte il direttore di Civiltà Cattolica, Antonio Spadaro.
Non è questa l’Italia, non è questa l’Europa per la quale i nostri padri hanno combattuto e sono morti. Non è un mondo di divisioni e di odio, quello che volevano costruire.
Le cerimonie come quella di oggi hanno il compito di rinnovare il ricordo, ma che non sia un ricordo solo di nomi, di episodi: dev'essere un ricordo di ideali, di sogni. Perché i corpi muoiono, i sogni e gli ideali sono stelle destinate a non spegnersi mai, per indicare agli uomini il giusto cammino attraverso il tempo. 

Ambrogio Ponzi


2 commenti:

  1. In compenso, il re Sciaboletta era scappato a gambette levate, con tutto l’eroico governo. Lui, il capo delle Forze armate, il Re Guerriero. Lui è il suo Entourage hanno sulla coscienza le migliaia di morti dopo l’8 settembre.

    RispondiElimina
  2. Descrizione molto dettagliata e rigorosa dei fatti avvenuti. Queste manifestazioni dovrebbero coinvolgere molto di più i giovani, perché si rendano conto di quanto sacrificio venga richiesto a loro, quamdo il paese è in guerra. "Oggi forse molti hanno dimenticato quella lezione...". Condivido le riflessioni di Ambrogio sulla situazione attuale, che porta a vedere le persone scontente, disorientate, forse perché ci si sta dimenticando di un passato in cui tanti giovani hanno sacrificato le loro vite proprio per cancellare l'odio e perché potessimo vivere in pace

    RispondiElimina