giovedì 8 novembre 2012

Mons. Luigi Bettazzi a Fidenza: “Il Concilio comincia da noi”

Mons. Luigi Bettazzi

Mons. Luigi Bettazzi, che abbiamo avuto la possibilità di ascoltare lunedì 5 novembre presso l'auditorio di San Michele a Fidenza, è stato uno dei protagonisti del Concilio Vaticano Secondo che si svolse in quattro sessioni, dal 1962 al 1965, sotto i pontificati di Giovanni XXIII e Paolo VI.
La figura di Mons. Luigi Bettazzi si qualifica non solo in questo come possiamo vedere dalla scheda che riportiamo in calce a fondo pagina. Rimarchiamo la sua attività come presidente nazionale di Pax Christi, movimento cattolico internazionale pacifista di ispirazione cristiana. Partecipe agli accadimenti, nel 1978 chiese alla Curia Vaticana di potersi offrire prigioniero in cambio del presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro. Nel 1992 è alla marcia pacifista organizzata da Pax Christi insieme a Mons. Antonio Bello nel mezzo della guerra civile in Bosnia ed Erzegovina. Più recentemente nel 2007 dichiarò pubblicamente che la sua coscienza gli imponeva di disobbedire e che era favorevole al riconoscimento delle unioni civili  e non ebbe esitazione nel riconoscere alle coppie omosessuali un fondamento d'amore equiparato a quelle eterosessuali.
Animato da un senso profondo di umanità da costruire "insieme", il pensiero laico non è per lui un avversario ma un compagno di strada. Nel contempo ricupera il pensiero dogmatico, ma lo fa in modo del tutto singolare: il dogma è "l'ultima parola" ma "affinché l'unica parola non sia unica occorre che altri parlino prima". 
Riguardo al Concilio non nasconde quanto in questi cinquant'anni si possa essere perso, per vari motivi, in una società sempre più secolarizzata e chiusa alla ricerca di un senso della vita. Ma, a 89 nove anni, non ha paura di proclamare di nuovo ad ognuno di noi che "il Concilio comincia da noi", affermazione forte per i Cristiani ma anche, viste le tematiche toccate da Concilio, per l'umanità. 
Ha ragione il nostro Vescovo Carlo Mazza quando dice, alla fine della conferenza, che "solo lui (Mons. Bettazzi può (ri) proclamare queste cose con libertà di spirito".



Bettazzi: “Il Concilio ricomincia da noi”
Il Vescovo emerito di Ivrea entusiasma la platea dell’auditorium 
S. Michele tra ricordi personali e speranze per il futuro


Sulla copertina del libro “Difendere il Concilio” che ha scritto insieme a lui, il giornalista Aldo Maria Valli ha fatto mettere questa frase: “Quando parla del Concilio, mons. Bettazzi è un fiume in piena”. Presentato da don Luigi Guglielmoni, direttore della scuola di formazione diocesana, il Vescovo emerito di Ivrea si è presentato così anche a Fidenza: un arzillo ottantanovenne che, a dispetto dell’età, mostra ancora una vitalità invidiabile. É stato capace di tenere alta l’attenzione del pubblico per un’ora senza una pausa tra ricordi personali, ironia sferzante e una carica di simpatia che più volte ha fatto scattare l’applauso.
Insomma, un vero trascinatore. E la cosa è tanto più sorprendente se si pensa che il suo discorso è stato pronunciato a braccio e non sulla base di un testo scritto (“Una volta me ne scusai e l’organizzatore mi tranquillizzò dicendo: parli pure a vanvera”). E l’entusiasmo si spiega con il fatto che l’avventura conciliare ha rappresentato per lui e per molti altri un’esperienza unica che ha cambiato profondamente la sua vita di uomo, di cristiano e di pastore. “Ci rendemmo subito conto” ha esordito “che la prospettiva scelta da Papa Giovanni per un Concilio non dogmatico, ma pastorale rappresentava non un declassamento ma, al contrario, la sua vera qualificazione. Si trattava infatti di presentare le verità di sempre facendole comprendere in maniera nuova al mondo di oggi (Papa Giovanni usò il termine “aggiornamento”). Come è noto, il Concilio ci ha lasciato 16 documenti: 3 dichiarazioni, 9 decreti e 4 costituzioni. Sono soprattutto queste ultime che, rifacendosi alle origini della Chiesa e nutrendosi della Tradizione, si sono sforzate di riflettere con un linguaggio nuovo l’apertura alla mentalità della nostra epoca. Così la “Dei Verbum” si rivela come la Parola di Dio rivolta agli uomini e alle donne di ogni tempo per riaffermare che Lui è Amore e che, in nome suo, i cristiani debbono imparare ad amarsi gli uni gli altri. 

Cosi pure la liturgia (che prima era vista esclusivamente come lo strumento per ottenere la grazia) nella “Sacrosanctum Concilium” si manifesta invece come la presenza di Cristo a cui unirsi per ricevere lo Spirito Santo e partecipare dei suoi doni. La “Gaudium et Spes” ci ricorda che non è l’umanità ad andare verso la Chiesa, ma è la Chiesa che deve aprirsi all’umanità.
Ad essa infatti è destinata la salvezza nei modi che il Signore conosce, con una sua grandezza e una sua dignità, come un lievito che cresce nella storia. E la “Lumen Gentium” sottolinea che la Chiesa non si esprime solo nella gerarchia (di cui i laici sarebbero solo un corollario) ma si identifica con tutto il popolo di Dio. I lavori del Concilio si svolsero in un clima di confronto e di partecipazione tanto che alla fine alcuni vescovi dichiararono che il loro voto favorevole ai documenti era stato il frutto di un’esperienza unica e irripetibile, quale essi non si aspettavano alla vigilia. A distanza di 50 anni si può riflettere su quel grande evento con due considerazioni. La prima è che certo non mancarono sulla scia dell’entusiasmo iniziale eccessi e intemperanze da parte di qualcuno che voleva cambiare tutto e subito (di qui le preoccupazioni di molti che però , insieme all’acqua sporca, buttarono via anche il bambino). La seconda è che ancora oggi si registra una limitata accoglienza del Concilio e una sua insufficiente attuazione.

Comunque sia, se dovessi riassumere il Concilio in una parola sceglierei il termine “solidarietà”. É la vita della Chiesa che si unisce a quella dell’umanità nel corso della storia fino a diventare, nella mente e nel cuore di tutti, autentica profezia per il nostro tempo. Rivolgo dunque un appello a tutti, come singoli e come comunità, perché ci facciamo messaggeri e testimoni delle novità conciliari sentendoci responsabili della continuità di questo grande evento e quindi della sua realizzazione. Tornino davvero a vibrare quell’entusiasmo e quella speranza che hanno caratterizzato la sua apertura: oggi come allora il mondo aspetta fiducioso quel rinnovamento che dalla Chiesa si può estendere a tutta l’umanità”. Al termine il Vescovo di Fidenza, mons. Carlo Mazza, dopo aver ringraziato mons. Bettazzi per la sua grande testimonianza, ha invitato a frequentare gli incontri previsti dalla scuola diocesana di formazione per approfondire i testi del Concilio ma soprattutto per incarnarne lo spirito: “Abbiamo bisogno di ritrovare il senso della profezia e l’apertura alla speranza che il Concilio ci ha indicato”.
M.F.





Mons. Luigi Bettazzi

Nato nel 1923 a Treviso, ma presto trasferitosi a Bologna, città d’origine della madre, nel capoluogo emiliano Bettazzi frequenta il seminario, diventa prete e poi vescovo ausiliare. Nel 1963 entra nel Concilio come stretto collaboratore del card. Giacomo Lercaro, arcivescovo di Bologna. Pochi mesi dopo la conclusione del Vaticano II è nominato vescovo di Ivrea. Nel 1968 è presidente nazionale di Pax Christi, il movimento cattolico per la pace. Dal 1999 è vescovo emerito. Per il sacerdote e vescovo Bettazzi da quell’ormai lontano 1963 il Concilio e i suoi esiti, anche attraverso alcuni libri, sono diventati oggetto di continua analisi e motivo di costante domanda sullo stato di salute della Chiesa e del suo rapporto con il mondo. 
Spregiudicato, insofferente, a volte provocatorio, sempre limpido, Luigi Bettazzi ama dire che nel Concilio la Chiesa si è rinnovata riscoprendo il contatto con Dio nella parola e nella liturgia, riconoscendosi come popolo di Dio in comunione al proprio interno e in dialogo con il mondo.
Il Concilio non è paragonabile a un avvenimento concluso in se e ormai affidato alla memoria di pochi. Anche oggi, per la Chiesa, rimane un punto di riferimento e al tempo stesso un pungolo. E ripete: “Il Concilio Vaticano II è stato una delle grandi grazie che il Signore mi ha fatto”. Quando gli chiedo in che modo approda al Concilio, monsignor Bettazzi mi risponde cosi: “Arrivai al Concilio alla seconda sessione, come vescovo ausiliare del card. Giacomo Lercaro, arcivescovo di Bologna. Devo dire la verità: durante la prima sessione, da lontano, mi sembrava che il grande incontro voluto da Giovanni XXIII non fosse questa cosa così straordinaria.
Invece poi, una volta entrato, mi trovai immerso in una realtà assolutamente coinvolgente e lì mi resi conto per la prima volta davvero della cattolicità della Chiesa, della sua universalità. Trovarsi di fronte, e in mezzo, a più di duemila vescovi di tutte le razze, provenienti da tutte le regioni del mondo, e sentire come partecipavano portando ciascuno le proprie esperienze e le proprie mentalità, mi ha dato immediatamente il senso della grandezza e dell’universalità della Chiesa cattolica. Capii in modo tangibile che se è vero che il Papa, come aveva sancito il Vaticano I, possiede un compito di governo e di garanzia, questo compito è soprattutto la conferma di una maturazione che si ottiene non perché viene calata dall’alto, ma attraverso il convergere di tutte le sensibilità e di tutte le mentalità del popolo di Dio che è nel mondo”.
Aldo Maria Valli


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