"Anno Domini 1315: Chi era Paolo Aldighieri? È vero che Dante arrivò qui dalla Verona di Cangrande? Prossimamente lo sapremo nei migliori feudi."
"Credo che mons. Amos Aimi, che non ho avuto il piacere di conoscere, avesse in parte ragione e si potrebbe ora parlare di ipotesi storica e non più di semplice leggenda, credo anche che il canto III dell'Inferno di Dante Alighieri sia in parte ispirato dalla Salso del tempo."Ricordiamo che l'ipotesi dantesca di don Amos Aimi ha avuto il suo momento di popolarità in occasione delle trasmissione televisiva "Il vero volto di Dante" nello show "Mistero" andato in onda domenica 2 ottobre 2011 in prima serata.
Ma tutto questo e ben altro troveremo in questo agile volumetto di Roberto Mancuso, ora ci accontentiamo di questo assaggio di storia dove lo scenario è locale. Spicca, ma ha la peggio un personaggio, un certo Paolo Aldighieri assediato a Borgo San Donnino. Le immagini a corredo dello scritto di Roberto Mancuso fanno parte degli affreschi che arricchiscono la "scuola dipinta" di Contignaco.
"Viva l’Impero!"
e i ghibellini borghigiani aprirono le porte
Nel 1330 Parma era governata dai fratelli Rossi, cognati di Paolo Aldighieri di Contignaco e suoi complici al tempo dell’insurrezione in cui era stato cacciato dalla città Giberto da Correggio. Paolo e i cognati avevano governato insieme per almeno una decina d’anni, ma il sodalizio doveva esser finito male, perché in questo 1330 Paolo il guelfo presidiava Borgo S. Donnino in nome del papa, in guerra contro i suoi ex soci.
Lo scontro durava da almeno un paio d’anni, durante i quali i parmigiani avevano costruito una bastia di legno vicino Borgo, all’incirca nell’attuale quartiere S. Lazzaro, da cui dirigevano l’assedio sotto cui tenevano la cittadina. Il fortilizio ospitava molti soldati ed almeno 200 prostitute interessate al soldo degli armati che procedevano all’assedio forse non con tanta attenzione, visto che Paolo Aldighieri riuscì ad avvicinare e a corrompere il capitano della guarnigione parmigiana concordando con lui la resa del fortilizio per il 2 giugno.
In realtà il capitano si era fatto corrompere per finta, ma nel frattempo aveva avvertito i suoi in città. Piero Rossi uscì quindi da Parma il 31 maggio, al comando di molti soldati, e la notte stessa arrivò nei pressi di Borgo. Fece entrare nel fortino, in segreto, parte delle sue truppe, tenendo il resto del suo esercito ben nascosto, pronto per l’agguato.
Il mattino seguente Paolo Aldighieri, come d’accordo, mandò un suo drappello alla conquista del fortilizio. Quando i cavalieri si accinsero a entrare scattò la sorpresa: le porte effettivamente si aprirono come d’accordo, ma ne uscì una quantità di armati molto superiore alla normale guarnigione.
Fu ingaggiato un furioso combattimento e la situazione precipitò quando, ad un segnale sventolato dagli spalti, Piero Rossi ed i suoi uscirono dai nascondigli per aggredire alle spalle i nemici. La sorpresa terrorizzò i guelfi che, sbandando, ebbero molti morti, forse tra loro anche un figlio di Paolo, mentre un altro venne catturato.
Venuta la sera i parmigiani decisero di attaccare direttamente Borgo S. Donnino.
Mentre i Parmigiani attaccavano, gli abitanti dell’antica Fidenza si rifiutarono di combattere e, anzi molti urlarono: "Viva l’Impero!”. Qualcuno dei borghigiani spalancò una porta della città da cui i parmigiani sciamarono all’interno e Paolo Aldighieri venne catturato.
Piero Rossi dopo la conquista non permise che la città venisse saccheggiata, ripagando in tal modo per l’aiuto ricevuto, mentre i soldati dell’Aldighieri vennero uccisi o imprigionati e spogliati di tutto. Furono trovati anche 6.000 fiorini d’oro inviati dal papa per rinforzare la cittadina. Il 3 giugno, Marsilio Rossi, che si era recato a Borgo S. Donnino per congratularsi con il fratello, rientrò a Parma, conducendo con sé 80 prigionieri, tra questi Paolo e suo figlio.
L’Aldighieri fu condannato alla pena del contrappasso, perché venne rinchiuso in una gabbia fatta costruire proprio da lui pochi anni prima, in cui era stato rinchiuso Gian Quirico, l’abate di S. Giovanni, colpevole di aver criticato la famiglia Rossi.
Ma a quell’epoca i cognati andavano d’amore e d’accordo, stavolta no, e nella gabbia fu messo Paolo, che finì issato sulla torre del palazzo del podestà, oggi scomparsa, dal lato della strada. Paolo fu rilasciato un anno dopo, grazie ad uno scambio di prigionieri tra Parma e il papa, e galoppò immediatamente fino a Bologna, dove trovò rifugio.
Roberto Mancuso
Grazie Ambrogio per le belle parole.Devo molto davvero a don Aimi,alle sue ricerche.Sono partito proprio da un documento scovato da don Amos,quello che molti appassionati conoscono, in cui si cita la famiglia Rubini di Borgo S.Donnino.Sono partito da quel documento e ,seguendo una strada diversa da don Aimi ,mi sono imbattuto anch'io in Dante Alighieri,ancora una volta il suo nome risulterebbe a Contignaco e,in piu',legato ad una vicenda che cambio' la storia di Parma nel 1316.la vicenda e' in un altro capitolo e il condizionale è d'obbligo,ma le coincidenze mi paiono sempre piu' stringenti. Per questo capitolo che hai pubblicato devo molto a te,che mi hai confermato che i testi che ho consultato sono attendibili.Da quei testi e' emersa la figura di Paolo Aldighieri,un parmigiano dimenticato che ha avuto ruoli sorprendenti nell'Italia settentrionale del XIV sec.vivendo mille avventure di cui rimangono accenni nella storia di molte città,da Bologna a Milano,Verona,Brescia e logicamente Fidenza e Salso . Un bel personaggio medievale che val la pena di riscoprire. Grazie ancora Ambrogio.
RispondiEliminaGrazie, Roberto Mancuso, per il bel racconto. Don Amos Aimi, era talmente convinto che Dante fosse stato a Borgo, che m'incaricò di cercare nell' "Inferno", qualche parola in dialetto borghigiano. Qualcuna l'ho trovata, ma ne ricordo una soltanto: Mäntuàn = Mantovani.
RispondiEliminaClaretta,appena possibile ti passerò il libretto con il capitolo su Dante,non e' certo un saggio,ma solo la ricerca di un appassionato eppure,spulciando tra gli scritti dei veri storici,si trovano eventi realmente accaduti contenenti coincidenze a cui qualche risposta bisognerebbe darla,perche' sono conseguenti all'intuizione di don Amos.Uso il condizionale per correttezza ,ma don Amos potrebbe aver avuto la giusta intuizione su Dante,il percorso da seguire pero' non passerebbe da Borgo,secondo me,ma toccherebbe Verona,Milano e Parma,in un periodo ben documentato del 1316.Per quanto riguarda la Divina Commedia ritengo impossibile raggiungere certezze ,perche' bisognerebbe essere nella testa del poeta ,sapere da lui a cosa si e' ispirato ,noi possiamo solo fare ipotesi.Il mio stupore però è stato grande quando ho riletto il Canto III ,quello della leggenda ricordata sempre da don Amos. Si parla degli ignavi in quel canto,ebbene nei secoli successi numerosi cronisti,in visita in zone salsesi, hanno descritto quei luoghi e quelle genti in modo sicuramente meno poetico ,ma spesso sovrapponibile a quanto scritto nel Canto.Forse e'solo una mia suggestione,ma sono portato a credere che là,dove il poeta si e' ispirato ,il cronista ha descritto. Claretta anch'io ho cercato delle parole nel poema che potrebbero essere la chiave,non le ho ancora trovate, dovrebbero essere almeno sinonimi di setaccio e lana di agnello o di montone.Se le trovassi abbandonerei,almeno per un attimo,il condizionale :-) . A presto Claretta e grazie
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