"Alla fine del Quattrocento Giovannino da Capognano (Rudiani), realizzò gli affreschi della parte superiore della controfacciata e delle volte della navata centrale, affreschi che furono cancellati nel 1689".
Così ci racconta in sintesi la storia cittadina, uno sconosciuto r.c.s. ha maggior particolari ed il suo lavoro d'indagine trova pubblicazione nel settimanale diocesano nel 1978 con questo scritto che proponiamo alla vostra lettura:
Giovannino da Capugnano: “Questa sie larma dei Capugna” (olio su carta applicata su tela) |
Perché furono cancellate le pitture del duomo?
Il Duomo di Fidenza
anticamente era tutto dipinto. Ciò risulta dal “Passionario Parmense” e da
molti documenti manoscritti che si trovano nell’archivio Vescovile; risulta
anche da alcune pitture scoperte all'inizio di questo secolo ed anche in questi
ultimi anni, durante lavori di restauro.
Tra i documenti, c'è la
seguente iscrizione in versi latini che fu dipinta nel 1490, a caratteri
gotici, sulla facciata interna del Duomo, attorno alla grande finestra rotonda:
Si quis adhuc animum pictura pascit inani,
Cuius praesidio fulgeat istud
opus
Si quis scire cupit, Rudiani
hoc sciat esse
Gloria Joannis inviolata diu.
In lingua corrente si deve
tra durre cosi: “Se c'è ancora qualcuno che diletta il suo spirito nella
contemplazione di pitture delicate, se qualche persona desidera sapere per cura
di chi questa composizione pittorica risplende, sappia che essa è un titolo di
gloria insuperabile nei secoli per Giovanni Rudiani che l'ha fatta eseguire”.
I quattro versi manifestano,
con la loro enfasi, quanto era apprezzabile opera pittorica. Ma oggi su quella
larga ed alta parete non si vedono che pietre e mattoni. Perché? Gli storici
moderni non sanno trovare una giusta risposta. Anche lo studioso Guglielmo
Laurini, che certamente ha letto qualche documento antico, scrive soltanto che
non ci è dato sapere quando e da chi sia partita l'infelice idea di distruggere
o coprire tutti questi dipinti.
Eppure la risposta esiste ben visibile e
leggibile perché scolpita chiaramente sopra una lapide marmorea posta il 1°
aprile 1691 sul primo pilastro interno del Duomo, a sinistra. Della lunga
iscrizione è sufficiente leggere queste parole:
Nicolaus Caranza Episcopus
tota huius templi interiori
superficie
a vetustate expurgata et
dealbata
ne memoria deficeret, hoc
monumentum
apponi mandavit die l.a
aprilis 1691.
Quindi la risposta storica ed
esatta è questa: “Il Vescovo NicoIò Caranza fece porre questa iscrizione perché
non si perdesse la memoria, dopo aver ripulita, perché cadente per vetustà, e
imbiancata, tutta la superficie interna di questo tempio, il 1° aprile 1691”.
Dunque il Vescovo di quel
tempo ha distrutto tutta l'opera pittorica del Duomo. Ma i documenti
dell'archivio Capitolare riferiscono che il Vescovo ebbe il consenso di tutto
il Capitolo, per un motivo veramente romanzesco, cioè per la vanagloria di un
chierico addetto al servizio del Duomo che, portando lo stesso cognome di
Rodiani, si dichiarava nobile discendente di quell'antico casato, ed aveva inventato
e fatto eseguire un enorme stemma gentilizio sulla finestra della facciata del
tempio.
Così per togliere lo stemma
abusivo fu cancellata anche l'iscrizione poetica e tutta l'artistica pittura.
Durante i tre secoli seguenti
le pitture che dormivano sotto il candido velo di calce sono morte per sempre.
Una sola si è recuperata nell'abside.
Forse c'è ancora un gioiello
pittorico da scoprire. Si tolga la lapide marmorea che ricorda lo scempio
compiuto nei secoli passati e forse apparirà un affresco del martire S. Donnino
benedicente i fedeli che visitano il suo tempio.
I.C.S.
Il Risveglio 1978
Il delitto viene quindi imputato al Vescovo Caranza di cui diamo alcune notizie tratte dalla Enciclopedia diocesana fidentina di D. Soresina.
CARANZA NICCOLÒ
CARANZA NICCOLÒ
Nato a Varese Ligure gennaio 1641 morì a Borgo San Donnino 25 novembre 1697, appartenne a famiglia patrizia ligure originaria dalla Spagna. Il Caranza entrò giovanissimo nel Seminario arcivescovile di Genova, vi compì gli studi e fu ordinato sacerdote il 29 marzo 1664. Un anno prima, il 6 marzo 1663, aveva conseguito la laurea in entrambe le leggi. Al servizio, come uditore, del cardinale Spinola, governatore di Roma acquistò larga stima nell’ambiente ecclesiastico della capitale per le doti eminenti di dottrina e prudenza ed il 12 agosto 1686 fu dal pontefice Innocenzo XI eletto vescovo di Borgo San Donnino, essendo quella cattedra da due anni vacante per la morte di monsignor Gaetano Garimberti. Ebbe cure appassionate per la Cattedrale, nella quale promosse opere di rilievo e una lapide collocata sulla prima colonna di sinistra entrando in Duomo dalla porta maggiore, ricorda queste sue benemerenze. Nel palazzo vescovile promosse restauri e ampliamenti, consacrò chiese e oratori, venerato dal clero e dal popolo per la bontà fattiva, per l’operante carità e per le doti di modestia e semplicità.D. Soresina, Enciclopedia diocesana fidentina, 1961, 91-93.
Ma chi era questo pittore la cui pittura per due secoli ebbe l'onore di permanere sulla parete di contro facciata del duomo di Borgo San Donnino?
Ebbene Giovannino Rudiani da Capognano nel bolognese era quanto di peggio il mercato dell'arte poteva fornire, ecco il suo curriculum artistico:
“Giovannino da Capugnano, così chiamato dal luogo ov’era nato sulle montagne. Sognossi questo villano di saper dipingere, senza mostrarvi una minima disposizione… Venne a stanziare dentro in città, e vi aperse bottega, e ancorché nissuno da lui capitasse a servirsene, fuori che a tingere di rosso qualche casa vecchia … ad ogni modo grand’uomo reputavasi…S’arrischiò un galantuomo in una colombaia nuova fargli dipingere piccioni volanti, ma per tali non dando mai l’animo ad alcuno di riconoscerli, vi scrisse sotto: “QUESTI SONO PICONI”, che ad ogni modo spaventando più tosto i veri, che gli allettasse l’alloggio, fu necessario far cassare. Ebbe anche l’ardire di far Madonne, e Immagini Sacre, onde fu necessario che Mons. Vicario vi ponesse le mani, e gli le proibisse” (MALVASIA, “Felsina Pittrice – Vite de’ Pittori bolognesi”.
Giovannino da Capugnano (al centro) in una stampa di Mitelli Giuseppe Maria, De Rossi Pietro l'incisore. |
Lapidario il nostro Abate Zani:
"Giovanni, detto Giovannino, Zuanino, o Zannino da Capugnano, del luogo dov'era nato sulle momtagne. Il più ignorante, e sciocco di di tutti i pittori italiani... V. Rodiani Giovanni"Detto questo non ci resta che assolvere il Vescovo Caranza di aver tolto una parete di brutture dal nostro duomo e nel contempo di ringraziarlo di averle nascoste alla nostra delicata vista. Il solerte cronista I.C.S. è da bocciare.
Ambrogio Ponzi
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