Nonostante i ripetuti appelli e le invocazioni reiterate, nessuno dei compagnucci della parrocchietta dei tempi felici ha risposto; tutti hanno fatto spallucce ed orecchio da mercante, o meglio, da imprenditore. Pare che qualcuno abbia sentito Marcello, dalla sua cella, novello Silvio Pellico, che mormorava, con il capo chino a terra, qualcosa come:”Nessun maggior dolore che ricordarsi del tempo felice nella miseria”.
“Amor, ch’a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer sì forte,
che, come vedete, ancor non l’abbandono”.
A questo punto, però, al contrario di Dante in quella famosa situazione, io non mi sono commosso e di pietade io non venni men così com'io morisse.
E non caddi come corpo morto cade.
Rimango solo basito, di fronte a certe iniziative.
Franco Bifani
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