Leggo Marisa, che ogni tanto ci prende per mano e ci accompagna per le vie e le
piazze di Fidenza, raccontando la storia dei personaggi cui sono dedicate e
delle architetture che le delimitano, e dico grazie.
Grazie
perché mi dà occasione di riandare ai luoghi e agli avvenimenti di un tempo e
di ricordare l’abate Pietro Zani.
La chiesa di San Pietro, ad esempio, il più
conosciuto riferimento di Piazza Gioberti, era frequentata dall’Abate, secondo
quanto scritto dall’allora vescovo Luigi Sanvitale. Il Prelato ebbe modo di
conoscere di persona e di apprezzare il Nostro, sia come prete, sia come
studioso, per cui quando viene trasferito a Piacenza, porta con sé un suo
ritratto - inciso da Denon a Parigi mentre scopre la prima stampa italiana di
Maso Finiguerra - lo incornicia e lo appende nello studio. Poi, “con un piè
nella fossa”, lo restituisce al Seminario di Borgo insieme a una lettera con
notizie biografiche (conservata nell’Archivio di Stato di Parma), dove, in una
nota, così lo descrive:
“Preciso negli ecclesiastici officcii, gli esercitava con viva fede. […] io ne loderò sempre lo Zani, il quale dopo il lungo travaglio del giorno trasferitasi a sera nella Chiesa di S. Pietro di Borgo S. Donnino, e colà ginocchioni a terra adorava prima il SS.o Sacramento, indi recavasi al maggior altare, alzavane le tovaglie e baciava la sacra pietra, che rinserrava le reliquie de’Martiri, e, continuando il giro, lo stesso faceva sopra gli altri sei altari di quella Chiesa”.
Nel medesimo palazzo fu ospitato papa Pio VII, proveniente dalla
Francia, che
alloggiò nell’unica stanza con balcone rivolta a sud (A. Magnani). Ecco perché
la
lapide che ne ricorda il passaggio, un secolo dopo - con le parole del canonico don Sincero
Badini (D. Galli) - si
trova nella facciata della chiesa.
Pietro Zani donò al Pontefice una stampa di Louis Desplaces,
rappresentante La Battaglia di Lepanto,
nella quale si era distinto il duca di Parma Alessandro Farnese (e per la quale
il papa di allora, il domenicano Pio V, aveva pregato con la corona del Santo
Rosario, divulgata poi come strumento di preghiera per tutti i fedeli, alla
fine del 1500). Gli donò pure sei immagini di San Donnino “il vero taumaturgo della Lombardia e della Toscana”.
Il vescovo di Borgo mons. Garimberti era deceduto
l’anno prima, per cui i borghigiani ne approfittarono per implorare un nuovo
presule.
Il benedettino Pio VII era stato arrestato e
imprigionato per cinque anni, per aver emesso, in seguito all’annessione dei
territori dello Stato Pontificio alla Francia, nel 1809, una “Bolla di
scomunica” contro Napoleone. Una copia del documento, stampato nel 1814 a
Milano, si trova nel ragguardevole Museo del Risorgimento fidentino, che
conserva pure una litografia con il ritratto del Papa.
Piazza Gioberti, ai tempi dell’Abate, era stata
allargata e dedicata a Napoleone.
Nel “Piano di Borgo S. Donnino” degli inizi del XIX secolo, in Archivio
di Stato a Parma - che è pubblicato a colori, nel libro su Zani, grazie al
Direttore dott. GrazianoTonelli - è disegnata per intero la pianta della Città
con tutte le strade, gli edifici religiosi e civili, il percorso del rio “Fontanella” che porta l’acqua al
pozzone del duomo e del “Venzola” che
costeggia i terragli a sud fino ad arrivare ai Gesuiti. Qui è visibile, davanti
alla chiesa di S. Pietro, l’isolato di sei case demolito il 7 maggio 1813 per
allargare la piazza della Sottoprefettura. Il giorno dopo il Consiglio Comunale
di Borgo San Donnino ha deciso di dedicare la piazza a Napoleone (A. Aimi).
Pure il nome di Angelo Pezzana,
cui è dedicata una piazzetta nascosta, mi è caro, perché grazie a suoi scritti
in Continuazione delle Memorie degli
Scrittori e Letterati Parmigiani raccolte dal Padre Ireneo Affò e continuate da
Angelo Pezzana, ho potuto raccogliere molte notizie certe sulla vita del
Nostro:
che Pietro era figlio unico, aspettato da anni da
genitori di “niun censo tranne il ricchissimo dell’onestà” ;
che dovette abbandonare la scuola perché orfano del
padre, all’età di sette anni, ma che “Avea però apparato il leggere e lo
scrivere da un buon sacerdote che lo istruì gratuitamente”;
ci informa che, quando, a meno di dieci anni, per
necessità economiche, dovette cercare “servizi” in rocca, e recitare nel
piccolo teatro di corte, “oltre il recitare, ebbe in quella Corte uffizio di
famigliare”, poiché si era distinto e fatto benvolere, ottenendo “la protezione
generosa” di Enrichetta.
È sempre Pezzana che mi ha aiutato a trovare i
ritratti dell’Abate:
“A cui piaccia avere certa notizia del suo sembiante vegga il rammentato ritratto che ne fece il Denon, o quello ancor più rassomigliante che ne disegnò dal vivo ed intagliò in Roma nel 1794 a semplici contorni il suo amico Damiano Pernati che anche gli dedicò uno de’suoi 34 intagli pubblicati colà nel 1795. Un altro in legno alquanto men somigliante fu intagliato da non so chi, pure a soli contorni con questa sola iscrizione PETRUS ZANI S. Di quello del Denon si trovano esemplari coloriti” (R. Cristofori).
E così ne continua la descrizione
e il carattere, con un fatto curioso:
“Ebbe alta e gagliardissima la persona, ripiegate da pezza in arco le spalle più pel continuo stare incurvato sullo scrittojo, che per l’età. Quella sua gagliardia fu tanta che nella verdezza degli anni, irritato a buon diritto, quantunque per l’ordinario fosse di mansueta natura, contro un ribaldo che avealo offeso, afferrollo pe’capegli, lo spinse fuor d’una finestra e così il tenne ciondoloni lungamente minacciando di gittarlo nella sottostante strada, sinchè ed il chieder perdono e le grida compassionevoli di quel malvagio, e le preghiere dei vicini calmarono la giusta sua collera. Egli lavorava ogni giorno quattordici ore, senza omettere i suoi doveri di sacerdote”.
Ritroviamo il suo nome ancora nel
1813, quando, il 7 marzo, una rovinosa caduta “gittò sull’orlo del sepolcro”
l’Abate, a tal punto che il suo confessore, pensandolo alla fine, per non
trovarsi impreparato, chiese ad Angelo Pezzana, per la
sua influenza, di interessarsi presso il Prefetto del Taro, francese, in nome
di tutta la Città di Borgo, affinché la sua salma fosse seppellita nella chiesa
di San Pietro e non nel cimitero pubblico, come richiedevano le nuove norme
dell’Editto napoleonico di Saint Cloud, in vigore dall’anno precedente (possiamo
dire quindi che era considerato alla stregua di un vescovo!). Rimase invece convalescente
per oltre un anno, ma sopravvisse.
Quando, dopo l’uscita del Prodromo (annuncio), da un preventivo di
spesa risultava che l’Enciclopedia
era pronta per essere stampata “la di lei prima parte nel finire del 1793”, che
gli associati erano 800, che sarebbero stati tirati 800 esemplari, di cui 300
in italiano e 500 in francese (L. Farinelli) e la cosa non ebbe seguito, al
proposito scrive Pezzana: “Non mancarono invidiosi al Zani. Si tentò sin
d’allora disgradarlo dal favore del Duca, […] ”.
Riferisce pure, parlando della
speciale accoglienza dalla Famiglia Elettorale ricevuta dall’Abate a Dresda che
“quando, dieci anni dopo l’Ab. Zani mandò in dono i suoi Materiali al Principe
Massimiliano, questi nel ringraziò con lettera tutta scritta di proprio pugno
da Pilnitz, 10 giugno 1803”.
Pezzana ci fa sapere che da Roma
così scriveva ad Affò mons. Marini: “Conobbi giorni sono il vostro D. Pietro
Zani, uomo meraviglioso nella perizia delle stampe”; e che quando don Pietro comunicò
la scoperta della stampa di Maso al conservatore Mr. Joly, a Parigi, era
presente anche il sig. Duchesne, “che ancor giovinetto era già impiegato in
quella Galleria”: infatti poi descriverà la scena nel suo Essai sur les Nielles.
Da lui sappiamo che per quella
scoperta, ricevette rallegramenti, lodi e attestati di stima, ma anche qualche
dissenso, in particolare da Pietro Vitali di Busseto, che dopo la morte
dell’Abate ottenne dagli eredi il disegno avuto da Alibert.
Ci conferma che l’Accademia di
Belle Arti di Parma, presieduta dal nuovo amministratore dello stato Moreau de
Saint Méry, lo acclamava Accademico d’Onore, in data 4 novembre 1802, per il
volume Materiali; che pure le
Accademie di Firenze, Roma e Madrid lo volevano nel numero degli accademici,
anche se qualcuno remava contro e stroncava l’Autore.
Pezzana riporta infatti che “Fu
censurata quest’opera nel t.[om]° 3° del Giorn. dell’Italiana letter., Padova
1802. Il cel. Cav. Jacopo Morelli, parlando di essa, diceva, che il Zani «non
era avvezzo a scrivere, e che bisognava studiarlo per intenderlo»”; e commenta:
“ma se avesse saputo ch’egli non avea fatto niuno studio ordinato, lungi dal
rimproverarnelo, avrebbe trovata cagione di restare ammirato che avesse fatto
ciò che appunto ha fatto”. Dice anche che “Grandi elogi ne fa il P. Luigi de Angelis
[…]”.
Grazie a lui, appena nominato Segretario
– sarà poi Bibliotecario per oltre cinquant’anni - l’11 febbraio 1804, dopo
tante richieste, Zani riuscì a entrare nella Biblioteca Reale di Parma, con la
qualifica di “Custode delle Stampe e dei Libri Figurati”, ricevendo un assegno
di lire 4000. Si trasferì a Parma, ma l’anno dopo, con la cacciata di Moreau,
perdeva l’incarico e doveva ritornare senza soldi a Borgo. Solo nel 1807 ne
diverrà “Conservatore Aggiunto”.
È sempre lui che ricorda la
disponibilità di Maria Luigia a
finanziare concretamente la pubblicazione dell’Enciclopedia, dopo soli pochi mesi dal suo arrivo a Parma,
dimostrando grande stima e apprezzamento per l’Autore, e dire che lo onorò pure
nominandolo “uno de’Cappellani dell’Ordine Costantiniano di San Giorgio” nella
chiesa magistrale della Steccata in Città, e gli commutò “il titolo di Custode
delle Stampe in quello di Vice-Bibliotecario”.
Dopo la stampa del primo volume dell’Enciclopedia nel 1817, malelingue e
motivi economici fanno fermare subito la pubblicazione.
Proprio 200 anni fa, il 16 luglio 1818, Amedeo Berchet, commesso della Biblioteca Ducale,
comunica all’Abate, in nome di Angelo Pezzana, che l’Enciclopedia continuerà a essere pubblicata se il Governo troverà i
fondi (L. Farinelli).
Il cuore di don Pietro riprende a
sperare, ma solo l’11 ottobre 1818, riesce a tornare al cospetto della Duchessa
- aiutato da un interprete, talmente grave era la sua sordità - che lo consola
e dà disposizioni per continuare la stampa dell’opera.
Pezzana
segue la vicenda…
E, quando, il 15 ottobre 1824, il
direttore della Tipografia avvisa i soci con lettera circolare che essendosi
terminata la stampa di “tutti que’manoscritti del defunto illustre Autore, che
d’uopo non avevano d’essere ordinati e corretti, rimaneva chiusa l’associazione all’opera”; correggeva Pezzana nel riferire
la notizia: “dovevasi dire sospesa”.
Dopo
l’acquisizione in Palatina della Collezione Ortalli, cui aveva dato slancio lo
studioso fidentino, lo stesso Pezzana si rivolgeva con una lettera al Ministro
dell’Interno, il 26 giugno1828, per ripetere come si rendesse “ognora più
necessario” depositare in Biblioteca i manoscritti dell’Enciclopedia giacenti inutilmente ancora nella Ducale Tipografia,
ben consapevole del loro valore:
“Gioveranno per gran modo alla compilazione del Catalogo di quegli Intagli per la multiplicità delle notizie che vi si trovano per entro, e pei segni che vi si danno onde conoscere gli originali dalle contraffazioni, e dai ritagli”.
Pezzana, persona colta e
poliedrica, stimava molto Zani e conosceva bene il valore dell’opera rimasta
manoscritta; da lui aveva ricevuto ben 175 lettere, dal 1804 al 1821, ora in
Palatina. Così si era espresso per la sua morte:
“Tutti i suoi concittadini sparsero lagrime sulla sua tomba, perché tutti lo amavano per bontà di cuore, per lealtà di maniere, e per singolare affabilità verso ognuno. Amarissima a me pure fu la morte di questo diletto amico” (L. Farinelli).
Fidenza 16 luglio 2018 Mirella
Capretti
Brava e grazie, Mirella!
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