Abbandonando un attimo la buffa seriosità dei commenti a fatti e misfatti della politica di seguito riportiamo una simpatica descrizione del ricovero riportata da quell'eccelso uomo di cultura che è il prof. Bifani Franco.
Siamo nel 2009 in una corsia dell'ospedale di Vaio dove Franco ha trovato momentanea ospitalità.
Il mondo è bello perché è… Vaio
Oltre alle amarognole riflessioni sul dolore, la permanenza, per due settimane, in quel di Vaio, mi ha aperto all'esplorazione di un mondo nuovo, che assolutamente non conoscevo e del quale diffidavo anche un tantino.
Ora che ne sono uscito indenne, posso senz'altro affermare che lì, perlomeno nel reparto in cui sono stato ospitato, squartato, ricucito ed accompagnato al ritorno alla magione in condizioni ottimali, non me la sono passata malaccio. Medici e infermiere sono, in genere, efficienti, esperti, cortesi ed anche simpatici.
Sì, è vero, dato che siamo tutti esseri umani, poteva succedere che qualche medico in visita fosse, a volte, un po' "sgruso" ed acido (urico, penso!), si verificava, a volte, qualche disguido, c’erano magari incomprensioni lungo la filiera di certi ordini e prescrizioni, ma erano cose di secondaria importanza, che non inficiavano il clima generale di fiducia ed accoglienza verso chi soffre.
A volte mi è capitato, inchiodato a letto, di chiamare un’infermiera, a notte fonda, solo perchè tremavo di freddo e quella è giunta premurosa a rimboccarmi le coperte con un sorriso.
Ho sempre considerato le infermiere degli esseri speciali, già serve di Dio, beate e poi "sante subito", anche nel corso della loro vita terrena. Queste creature soavi si aggirano da anni tra vapori ammoniacali, ossalati, nitriti e nitrati, cateteri, sacche di orina dalle variegate e multiformi sfumature; eppure sostengono il tutto con fiera baldanza, dalla regina delle Amazzoni Luciana, alla Pentesilea rumena, infaticabile macchina da lavoro, alla bionda e solare Antiope dai riccioli d’oro raccolti sulla schiena, ad Ippolita dalla languida e melliflua loquela, che calmava anche i malati più nervosi ed esagitati.
Tra gli episodi tendenti al comico ricordo, ad esempio, alcuni passaggi di ordini per una mia dieta, dal digiuno, alla dieta libera, a quella ristretta, al digiuno, ancora, fino alla minestrina con pollo lesso e purea di patate. Una notte ero rimasto a corto di pannoloni, a fronte di minzioni a geyser, ad intermittenza; ma l'infermiera, candidamente, mi aveva confessato che ne avevano ancora due in reparto, dopodichè… Ma la mattina dopo, ecco che lo stock di assorbenti for men si era rinnovato d’incanto!
Un altro episodio che ci aveva fatto spaccare dal ridere era stata la diatriba tra un malato modello 190 cm. x 120 kg e l'infermiera della sala operatoria, che era venuta a prelevarlo, pregandolo di indossare il camicione da operando. E costui, lento ed imperturbabile, stava seduto nel letto in pigiama e le rispondeva: "Eeeeh, mo sta chèlma, desso rivo, mo che frèta a ghè?"
Una giornata da Neurodeliri è quella che ho passato accanto ad un cremonese, che doveva fare solo un esame, tipo Day-Hospital; non stava fermo e zitto un minuto, blaterando a raffica non con un solo cellulare, ma con due, sempre per questioni di affari. Ed infine, udite, udite, siore e siori! Last, but not least, il Reparto Urologia di Vaio ha avuto l'onere e l'onore, nel periodo in cui anche il misero sottoscritto, povero topo di campagna, vi era degente, di accogliere, non uno, ma ben tre pramzàni DOC, dei quali uno, forse il meno altezzoso, degnossi di dividere con me la camera.
Sempre loro tre, con passo lento e misurato, passeggiavano, lo sguardo perso nell'infinito insondabile, senza niun guatare, come avessero Vaio a gran dispitto. Pure loro avevano piantato nel ducal pisello un oleodottto comunicante con una sacca raccogli-liquami; ma essa era elegantemente celata in borsine griffate, modello porta-notebook; eh, che diamine, è il caso proprio di dire che la classe non è acqua!
I loro discorsi vertevano quasi esclusivamente sui vari VIP's che erano giunti o che si sarebbero umiliati ad apparire al loro capezzale, tra cui, naturalmente, illustri clinici e primari del circondario. Confesso che non ne ho visto uno, ma potrei anche errare… Quando uno di loro si affacciava, e basta, alla camera in cui il sottoscritto campagnolo giaceva col cittadino parmigiano, non salutava, ma grugniva qualche cosa in dialetto e poi se ne dipartivano assieme, con piscia al traino.
Ahi Parma, vituperio delle genti! Muovasi il Baganza con la Parma, e faccia siepe al Taro, sì che s'anieghi in te ogni sburone! Ho comunque notato che i suoni delle loro scorregge, quando anch'essi del cul facean trombetta, in seguito alla somministrazione della purga pre-intervento, non si discostava poi molto dalle mie rozze modulazioni e non mi parevano brani lirici da Teatro Regio. Sic transit gloria mundi!
Prof. Franco Bifani
Sempre gradevole a leggersi, Prof Bifani. Sic transit gloria culi, sicut erat in pricipio et nunc et semper et in saecula saeculorum. S' è scapa mîa.
RispondiEliminaIn questi giorrni sono dieci anni che esiste l'OSPEDALE DI VAIO. Un peccato che non si sia ancora trovata una titolazione da destinargli ed un peccato che, dopo dieci anni, si insista con OSPEDALE DI VAIO, quando invece non si trova a Vaio, bensì a Cabriolo, è la ferrovia di Salsomaggiore che segna il confine tra le due località, dalla parte dell'ospedale è Cabriolo, oltre è Vaio.
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