Un film sull'Amore
Ho visto, questo martedì, in un multisala di Parma, un film straordinario, “Chiamami col tuo nome”.
Nel film, agiscono anche, se non soprattutto, oltre agli attori, gli spazi, dalla villa settecentesca ed ogni altro edificio, luogo di paese e campagna, alberi, acque.
Ogni singolo essere, organico ed inorganico, tutta un'estate, quella del 1983, nella distesa della pianura cremasca, divengono coprotagonisti e parte integrante, sullo sfondo di bellezze classiche aristocratiche, da Prassitele ad Eraclito, bellezze che si traducono sempre, per l'adolescente Elio, nel corpo di una persona.
Il film riesce a trattare temi delicati con sensibilità, evitando lo scandalo compiaciuto e fine a se stesso, per suscitare sciocche pruderies, in una messa in scena trattenuta e sussurrata, per creare un’atmosfera, prima che una storia, in un film elegante, misurato e malinconico.
Per Pedro Almodovar, “Chiamami col tuo nome” è il miglior film del 2017.
Almodóvar ha dichiarato:
"Tutto in questo film è meraviglioso, affascinante e desiderabile: i ragazzi, le ragazze, le colazioni, la frutta, le sigarette, i laghi, le biciclette, i balli all'aria aperta, gli anni ottanta, i dubbi e la devozione dei protagonisti, la sincerità di tutti i personaggi, i rapporti con i loro genitori".
Un commosso romanzo di formazione che ribadisce la seduzione e il desiderio, in ogni forma ed aspetto dell'Amore. Quello fra Elio e Oliver non vuole, infatti, supportare la causa dei diritti all'amore gay.
Guadagnino ha evitato di fossilizzarsi ad una sola epoca, ma ha reso un che di atemporale, adattissimo anche e soprattutto ai nostri giorni; pare, agli inizi, una narrazione basata sulla confusione sessuale, caratteristica dell'età adolescenziale.
Infatti, nonostante la sua giovanissima vita sia trascorsa nella convinzione della propria eterosessualità, l'incontro con Oliver destabilizza totalmente la sicurezza di Elio, che cerca di comprendere a fondo la ragione di una pulsione fino ad allora sconosciuta, o repressa, ma irrefrenabile.
Elio cerca di andare a fondo, all'origine di questo sua distonia psicofisica, che gli procura ansia, ma al contempo lo incuriosisce, e non riesce, o non vuole, ignorare i messaggi del proprio corpo. Sono vicende che tanti, se non tutti, abbiamo attraversato, a quell'età, anche se, poi, lo vogliamo negare, quando, come si dice, non si è né carne, né pesce. Il discorso del padre di Elio, al figlio sconsolato, fa riaffiorare i ricordi di un'antica esperienza del genere, allora negata sul nascere, come peccaminosa.
L'incertezza e il dubbio pervadono quest'opera, in una raffinatezza stilistica che rende “Chiamami col tuo nome” un racconto di scoperta di se stessi, non solo in relazione a una latente omosessualità, ma anche al desiderio incontenibile, nella sua genericità, riferibile all'Amore universale. La scoperta dell'omosessualità è comunque quella dell'Amore più puro, al di là di ogni etichetta di tendenza sessuale.
Il padre di Elio, pronuncia una frase, di una verità disarmante:
"Soffochiamo così tanto di noi per stare meglio, che a 30 anni siamo totalmente prosciugati".
Nell'estate del 1983, il cielo, le nubi, i colori della campagna lombarda si venano di malinconia pre-autunnale, come a presagire un’imminente nostalgia.
Si susseguono immagini di città vuote, di strade tra i campi in fuga, particolari indelebili, come il braccio tranciato di una statua, un treno che parte, un telefono, il volto di un ragazzo, che piange, in silenzio, perché si congeda dalla sua adolescenza, in un primo piano finale lungo sette minuti, dinnanzi al camino.
E' la struggente riflessione, non tanto sull'amore in sé, ma su ciò che ne resta dopo, Later, come ripete Oliver; quando di un sentimento, come dice il padre di Elio nel dialogo finale, non restano altro che il dolore e la consapevolezza di aver vissuto un'esperienza unica ed irripetibile.
Franco Bifani
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